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Cosa è la Mucopolisaccaridosi du tipo IVA


16 APR - La Mucopolisaccaridosi di tipo IVA (conosciuta anche come Malattia di Morquio) è una malattia genetica rar del metabolismo dei mucopolisaccaridi caratterizzata da anomalie scheletriche, instabilità articolare, sviluppo di mielopatia cervicale ed eccessiva escrezione urinaria di cheratan solfato. Viene solitamente diagnosticata intorno ai 2 anni di età. Le deformità scheletriche diventano più evidenti con la crescita del bambino. Il coinvolgimento scheletrico non causa solo il deterioramento della deambulazione e delle attività quotidiane, ma anche l'arresto della crescita attorno agli 8 anni, con una statura finale di 1-1,50 metri, a seconda della gravità della malattia. Le complicanze neurologiche sono secondarie alle deformità scheletriche.

Ecco la descrizione della malattia fornita da Orphanet, il portale delle malattie rare

La mucopolisaccaridosi tipo IV (MPS IV) è una malattia da accumulo lisosomiale, che appartiene al gruppo delle mucopolisaccaridosi, ed è caratterizzata da una displasia spondilo-epifiso-metafisaria. Se ne conoscono due forme, A e B. La prevalenza è circa 1/250.000 per il tipo IVA, anche se l'incidenza varia molto tra i diversi paesi. La MPS IVB è molto rara.

La MPS IVA è una displasia spondilo-epifiso-metafisaria che generalmente viene diagnosticata durante il secondo anno di vita, dopo l'acquisizione della motricità. Le deformità scheletriche (platispondilia, cifosi, scoliosi, petto carenato, ginocchio valgo, deformità delle ossa lunghe) diventano più evidenti con la crescita del bambino. L'iperlassità articolare si accompagna a lussazioni frequenti (anche, ginocchia).

Il coinvolgimento scheletrico non causa solo il deterioramento della deambulazione e delle attività quotidiane, ma anche l'arresto della crescita attorno agli 8 anni, con una statura finale di 1-1,50 metri, a seconda della gravità della malattia. Le complicanze neurologiche sono secondarie alle deformità scheletriche.

Verso i 5-6 anni l'ipoplasia del processo odontoideo e l'iperlassità articolare causano instabilità delle prime due vertebre cervicali, con rischio di compressione sul midollo spinale. I sintomi extra-scheletrici comprendono i problemi respiratori, l'epatomegalia, le valvulopatie, la sordità e le opacità corneali. L'intelligenza è normale. Il quadro clinico è molto simile a quello del tipo IVB e le due forme non possono essere differenziate in quanto la gravità dei sintomi è varaibile in entrambe. Le MPS IV sono dovute al deficit di uno dei due enzimi necessari per la degradazione del cheratan solfato (KS): la N-acetilgalattosammina-6-solfato solfatasi è implicata nella MPS IVA e la beta-D-galattosidasi nella MPS IVB. I geni codificanti per questi due enzimi sono stati localizzati e clonati (GALNS su 16q24 e GLB1 su 3p) e le mutazioni sono state identificate (118 in GALNS). In entrambele forme la trasmissione è autosomica recessiva.

La diagnosi, che si basa sul riscontro di una aumento dell'escrezione urinaria di KS (incostante) e di galattosiloligosaccaridi nella MPS IVB, viene confermata con la dimostrazione del deficit enzimatico nelle colture di leucociti o fibroblasti. Lo studio enzimatico consente di escludere altre osteocondrodisplasie. La differenziazione tra la MPS IVB e la GM1 gangliosidosi tipo III (si veda questo termine) è spesso difficile nei bambini, anche se 9 su 59 mutazioni in GLB1 si associano alla MPS IVB. I soggetti eterozigoti possono essere identificati nelle famiglie con mutazione nota e la diagnosi prenatale è possibile (attraverso l'analisi molecolare o il dosaggio enzimatico nel trofoblasto o negli amniociti).

L'anestesia generale può dare problemi nei pazienti con MPS tipo IV, a causa delle difficoltà nell'intubazione. Dato che il trapianto allogenico di midollo osseo non è efficace sui sintomi scheletrici, il trattamento è sintomatico (protesi, chirurgia, consolidamento del collo attraverso la fusione delle vertebre).

È in fase di sviluppo la terapia con enzima ricombinante diretta verso il tessuto osseo. La prognosi dipende dalla gravità della malattia e dalla qualità della presa in carico, che può permettere ai pazienti di sopravvivere fino ai 50 anni.

Fonte: ORPHANET

16 aprile 2014
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