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Dabrafenib + trametinib: una terapia mirata efficace e ben tollerata per i pazienti con melanoma al terzo stadio

di C.d.F.

12 GIU - La terapia mirata con dabrafenib + trametinib di Novartis offre benefici mai riscontrati prima ai pazienti affetti da melanoma al terzo stadio in seguito all’operazione chirurgica. Come agiscono questi farmaci? Ne abbiamo parlato con Michele Del Vecchio, Responsabile S.S. Oncologia Medica Melanomi Dipartimento di Oncologia Medica ed Ematologia, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano.

Quali sono i target molecolari dei farmaci dabrafenib e trametinib?
Il primo farmaco fa parte della classe dei BRAF inibitori, il secondo dei MEK inibitori. BRAF è un gene che codifica per una proteina che regola la crescita delle cellule tumorali. Quando il gene è mutato e la proteina è alterata, quest’ultima funziona in maniera continuativa, quindi rappresenta uno stimolo cronico alla crescita e alla proliferazione delle cellule tumorali. L’inibitore di BRAF (dabrafenib) lega la proteina e la blocca. Il trametinib  (MEK inibitore) ha la funzione di bloccare un enzima immediatamente a valle di BRAF nella via di segnalazione che porta alla proliferazione cellulare. Il blocco della via viene quindi rafforzato.

Quali sono i vantaggi nell’uso della combinazione dei due farmaci?
La combinazione dei farmaci nella malattia avanzata o metastatica comporta tre vantaggi fondamentali rispetto all’uso dell’inibitore di BRAF da solo. Prima di tutto una migliore risposta al farmaco. Con l’inibitore di BRAF da solo osservavamo un 50% di risposte cliniche, con la combinazione arriviamo al 70%. Aumenta poi la durata mediana della risposta: con l’inibitore di BRAF da solo, in sei/sette mesi, insorgono dei meccanismi di resistenza, per cui la malattia progredisce. Usando la combinazione si interferisce con alcuni dei meccanismi di resistenza, quindi la durata della risposta è superiore. Il terzo motivo sostanziale è un miglioramento del profilo di tollerabilità: la combinazione riduce significativamente l’incidenza e la comparsa, in corso di terapia, dei carcinomi spinocellulari della cute che possono comparire (nel 20-25% dei casi) durante la terapia con inibitori di BRAF. Con la combinazione la percentuale diminuisce drasticamente al di sotto del 2%.

Quali sono gli effetti collaterali principali osservati nei pazienti trattati?
L’effetto collaterale principale è l’iperpiressia, la febbre, che si osserva in una percentuale molto elevata di pazienti, ma solo il 5% circa presenta effetti di grado 3-4. Dopo lo studio COMBI-AD, è stata però condotta una ricerca che ha mostrato che con un aumento dell’esperienza nel maneggiare questi farmaci e del numero di pazienti la percentuale di iperpiressia si riduce significativamente rispetto al dato che avevamo nello studio COMBI-AD.

Come è possibile che l’effetto della terapia, somministrata solo per un anno, duri nel tempo?
Si tratta di una terapia molecolare e in effetti fino a poco tempo fa si pensava che questo genere di farmaci, contrariamente all’immunoterapia, funzionasse rapidamente ed in un elevata percentuale di casi, ma che la risposta fosse meno duratura. Si sono poi scoperti una serie di effetti sul sistema immunitario degli inibitori di BRAF, della terapia molecolare, che aumentano la capacità delle cellule tumorali di essere riconosciute dal sistema immunitario, modulano il microambiente tumorale in maniera favorevole alla risposta immunitaria. È quindi probabile che gli effetti a lungo termine della terapia mirata siano anche mediati da azioni immunomodulanti.
C.d.F.

12 giugno 2020
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