Neurochirurgia. Nuova tecnica di trattamento nella lacerazione della dura madre eseguita a Sassari
di Elisabetta Caredda
I risultati dello studio preliminare condotto dal Centro di neurochirurgia e pubblicato dalla World Neurosurgery sono stati ottimi e riscontrati con successo in tutti i pazienti trattati. Boccaletti: “Nella nostra esperienza ci è capitato più volte di dover affrontare casi di lacerazioni durali non facilmente gestibili. La nuova tecnica consiste nell’utilizzare tessuto muscolare autologo vitale per “sigillare” il compartimento spinale e ridurre al minimo il rischio di fistola di liquor”
17 DIC - E’ taggata “made in Sassari” la tecnica ideata dal neurochirurgo Domenico Policicchio che ha consentito nello studio preliminare svolto dall’Unità operativa di neurochirurgia dell’AOU di Sassari presso cui opera, diretta da
Riccardo Boccaletti, di trattare positivamente i pazienti nei quali la lacerazione della dura madre è stata giudicata non accessibile chirurgicamente o non suturabile.
Lo studio “
Pedicled multifidus muscle flap to treat inaccessible dural tear in spine surgery: technical note and preliminary experience” è stato pubblicato su “
World Neurosurgery”.
Sentito da
Quotidiano Sanità, Riccardo Boccaletti spiega: “La tecnica che abbiamo proposto è indicata per una particolare complicanza che può verificarsi in corso di chirurgia vertebrale (per traumi, tumori, patologie neoplastiche o infettive), si tratta della lacerazione della dura madre. Tale evenienza può causare una serie di conseguenze gravi legate alla comparsa di perdita attraverso la ferita chirurgica del liquido cefalo-rachidiano (la cosiddetta Fistola liquorale), la cui gestione può essere molto problematica e può causare infezioni, sindromi dolorose croniche, deficit neurologici, emorragie cerebrali sub-durali e in casi molto rari può causare il decesso del paziente”.
“La lacerazione della dura madre – approfondisce il Direttore - può essere di natura iatrogena o può essere direttamente causata dal processo patologico (in particolare fratture traumatiche con frammenti ossei proiettati nel canale spinale). Si deve tenere conto che non esistono in letteratura linee guida per la gestione di tale evenienza, tuttavia, quando possibile, la maggior parte dei chirurghi è concorde nell’effettuare una sutura diretta della lacerazione e sebbene tale tecnica non garantisca al 100% la risoluzione del problema, è considerata la più accettata”.
A tal proposito il neurochirurgo rileva: “Vi è tuttavia una piccola percentuale di pazienti nei quali la lacerazione della dura non può essere suturata perché inaccessibile chirurgicamente (nei casi in cui è localizzata sul versante anteriore del midollo spinale, come avviene in alcuni casi di frattura vertebrale a “scoppio”) oppure in quanto vi è perdita di sostanza durale (ampie lacerazioni traumatiche, processi infettivo-infiammatori o neoplastici); in questi casi la gestione della situazione è molto complessa. La tecnica da noi proposta è indicata per il trattamento di questi pazienti in cui la lacerazione è giudicata non accessibile o non suturabile”.
“Il nostro – prosegue Boccaletti - è un Centro che si occupa molto di emergenza-urgenza con alti volumi di chirurgia vertebrale complessa, in particolare traumi vertebro-midollari severi e tumori complessi. Nella nostra esperienza ci è pertanto capitato più volte di dover affrontare casi di lacerazioni durali non facilmente gestibili. Per ottimizzare dunque il trattamento di questi casi, abbiamo teorizzato e preparato questa tecnica che consiste nell’utilizzare tessuto muscolare autologo vitale per “sigillare” il compartimento spinale e ridurre al minimo il rischio di fistola di liquor”.
Riguardo all’origine di questo studio, il Direttore accenna: “L’idea è nata dalle tecniche che utilizziamo per il trattamento delle fistole liquorali della base cranica sia in chirurgia transcranica (utilizzo di lembi di pericranio) che in chirurgia endoscopica transnaso-sfenoidale (lembo mucoperiosteo nasale). Si sfruttano pertanto le proprietà di adesività biologica del muscolo vitale e l’effetto biomeccanico determinato dal lembo che poggiato sul sacco durale, determina un lieve incremento della pressione idrostatica (senza comprimere gli elementi neurali) e quindi impedisce la fuoriuscita di liquor (che essendo un liquido si muove lungo gradienti pressori favorevoli)”.
“La nostra tecnica prevede quindi – puntualizza il neurochirurgo - , al termine dell’intervento dopo aver decompresso midollo e radici spinali, di “splittare” longitudinalmente il muscolo multifido (che è il muscolo paravertebrale più mediale del gruppo muscolare definito “erettore della colonna vertebrale”); la sezione longitudinale viene effettuata secondo una linea di taglio che garantisce di non intaccare l’apporto vascolare e nervoso del muscolo stesso garantendo pertanto la sua vitalità e trofismo. Una volta splittato il muscolo si crea un lembo che viene ruotato medialmente e adagiato direttamente sul sacco durale obliterando tutto lo spazio vuoto e impedendo la fuoriuscita del liquor. La tecnica è stata basata su precedenti studi (effettuati da altri Autori), sull’anatomia e fisiologia del gruppo muscolare di cui ho accennato la cui preservazione è molto importante per ridurre le complicanze post-operatorie; essa può essere inoltre utilizzata in tutti i tipi di chirurgia spinale posteriore e in particolare nei casi che necessitano stabilizzazione con barre e viti (casi nei quali il lembo viene fissato in situ dalle barre del sistema incrementandone la stabilità e riducendo il rischio di dislocazioni)”.
Sui risultati ottenuti Boccaletti sottolinea: “Nel lavoro pubblicato abbiamo presentato i risultati della nostra esperienza preliminare su un piccolo gruppo di pazienti. Il numero di casi trattati è piccolo in quanto la tecnica è di recente introduzione ed è riservata a un tipo selezionato di lesioni ma nella nostra serie (una piccola casistica prospettica confrontata con un gruppo storico analizzato in maniera retrospettiva) si è visto che i risultati sono stati ottimi e riscontrati con successo in tutti i pazienti. Lo studio ha messo infatti in evidenza che la tecnica è molto efficace e non si associa a complicanze; in particolare la sezione del muscolo multifido non si associa a problematiche per il paziente (valutati con scale valutative adatte ai pazienti sottoposti a chirurgia spinale come l’Oswestry Disability Index, VAS per il dolore, ASIA e AIS dell’associazione americana per lo studio delle lesioni spinali)”.
“Inoltre – conclude il Direttore - la tecnica non incrementa i costi e permette di ottimizzare la gestione del paziente che può essere mobilizzato immediatamente. A nostro parere può essere ritenuta dunque molto vantaggiosa, è attualmente considerata routinaria nel nostro Centro, non incrementa significativamente i tempi chirurgici e, una volta compresa la tecnica e l’anatomia del muscolo e dei suoi vasi e nervi, risulta facilmente riproducibile”.
Elisabetta Caredda
17 dicembre 2020
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