Piede diabetico. Trentin (FRSD): “Importante la gestione precoce anche delle complicanze del diabete”
di Elisabetta Caredda
In questi ultimi anni i ricercatori sono giunti a definire un protocollo multimodale per il salvataggio dell’arto e la rivascolarizzazione degli arti nel paziente diabetico, utilizzato anche in Sardegna. Per il presidente della Federazione Rete Sarda Diabete “centrale è il lavoro delle diverse branche specialistiche, come quella della chirurgia plastica ed ortopedica. L’obiettivo è la speranza di prevenire importanti amputazioni”.
11 APR - L’importanza di arrivare quanto prima alla gestione e cura del piede diabetico, una delle complicanze più temibili le persone con diabete. A sensibilizzare sul tema su
Quotidiano Sanità è il presidente della Federazione rete sarda diabete,
Riccardo Trentin.“L’impatto della malattia del piede diabetico sulla vita delle persone è devastante – spiega Trentin -. Tanto che negli ultimi anni i ricercatori si sono concentrati sulla qualità della vita nelle persone con problemi di piede diabetico. Tra i professionisti sanitari coinvolti nella cura del piede diabetico nel team multidisciplinare dovrebbe essere sempre presente il podologo che svolge un ruolo fondamentale nella prevenzione. Ricordo che il diabete è una grave malattia cronica che è causata dalla combinazione di fattori genetici ed ambientali e l’innalzamento dell’età media, l’obesità, la vita sedentaria e il cambiamento degli stili alimentari stanno portando anno dopo anno ad un aumento di incidenza del diabete e delle sue complicanze”.
“In questi ultimi anni – prosegue il presidente della Federazione - i ricercatori sono giunti a definire un protocollo multimodale per il salvataggio dell’arto e la rivascolarizzazione degli arti nel paziente diabetico, utilizzato anche in Sardegna. Rimane alta l’attenzione sull’importanza della prevenzione considerate le alte percentuali di persone affette dalla patologia. Centrale è il lavoro delle diverse branche mediche specialistiche che si prendono carico del paziente con piede diabetico per gestire questa grave complicanza, parlo delle branche della chirurgia plastica e di quella ortopedica. L’obiettivo è la speranza di prevenire importanti amputazioni”.
“Diventa fondamentale lo screening del diabete. Prevenire – spiega Trentin - è uno dei nostri motivi più importanti. E’ con questo spirito che abbiamo cominciato ad avviare momenti di sensibilizzazione alla prevenzione in tutto il territorio regionale perché questo favorisce maggiore consapevolezza, sia nelle persone con diabete, sia nelle famiglie che hanno propri figli o parenti con il diabete. Perché tutto passa attraverso un percorso di prevenzione e di educazione”.
“Come è stato – racconta Trentin - per
Matteo Porru, che è qui con me, un giovane attivissimo che non si ferma mai, viaggia molto in Italia ed Europa. Matteo alla sola età di 12 anni scopre di essere affetto di diabete di tipo 1, che va purtroppo a peggiorare la situazione del suo quadro clinico in quanto già provato da precedenti importanti malattie. E’ il nostro guerriero, una voce per tanti giovani che si trovano ad affrontare con difficoltà di accettazione il diabete”.
“Ho conosciuto diversi ragazzi della mia età - interviene il giovane -, anche più piccoli di me, diabetici, paralizzati dalla malattia. Ragazzi che praticavano sport a livello agonistico che si sono fermati, persone con interessi anche vivi, anche importanti, coltivati con metodo e costanza, ma che davanti alla malattia si sono bloccati. Io col diabete ci vivo, ci volo letteralmente in tutti i sensi. Quindi è complicato pensare per me il diabete come ad un limite. Il diabete è un limite fino a quando tu lo classifichi come tale, lo idealizzi come tale, perché poi alla fine, se noi rimaniamo fermi sulla convinzione che i limiti siano ostacoli, non ne usciamo”.
“Il limite – prosegue Matteo Porru - è un tratto di matita che si può cancellare, e quindi che si può allungare, oppure semplicemente accettare, ma non bisogna dimenticare, questo è importante, che c’è. Mai dimenticare, mai dimenticarsi che bisogna avere rispetto per la malattia, mai sottovalutarla, mai prenderla sotto gamba, ma accettarla per quello che è. Senza costrizioni, senza difficoltà eccessive. Diabete vuol dire convivere con i numeri, vuol dire lottare con i numeri, vuol dire anche giocare come gioire per un 90, mandare a quel paese mezzo mondo quando vai a 300, ma vuol dire anche accettare gli errori. Perché poi alla fine il diabete è fatto di errori, perché quanto tu sbagli calcoli di carboidrati dici, ma chi me lo ha fatto fare! Il diabete è fatto di esperienza”.
“E’ dall’errore che poi capisci che il rapporto insulina-carboidrati lo devi abbassare, o che magari devi concentrarti di più sulla distribuzione dell’insulina od altro ancora. Ci sono tanti modi in cui poi ci si può perfezionare. Però mai fermarsi davanti alla paralisi: la paralisi non aiuta nessuno, non aiuta te, non aiuta soprattutto il diabete” – conclude Porru.
Elisabetta Caredda
11 aprile 2024
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