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Governo clinico. Le Regioni chiedono norme cedevoli


I presidenti delle Regioni chiederanno un incontro con tutti i gruppi parlamentari, chiedendo il rispetto delle norme regionali e ricordando il parere negativo della Commissione parlamentare per le Questioni Regionali sul ddl e le molte riserve della Commissione Affari Costituzionali.
 

19 APR - Il provvedimento sul governo clinico non piace proprio alle Regioni. “Nel luglio scorso sembrava che le nostre osservazioni fossero state accolte – commenta Luca Coletto, coordinatore della Commissione Salute delle Regioni e assessore alla sanità del Veneto – ma poi si è tornati indietro. Ci sono già anche troppe strutture e sovrastrutture e questo provvedimento le aumenta, anziché dare spazio alla clinical governance”.

Ma nel frattempo il disegno di legge sta concludendo il suo iter parlamentare e, superato l’esame della Commissione Affari Sociali, è pronto per essere discusso nell’Aula di Montecitorio. Per questo, nel documento rielaborato oggi sulla base di quello messo a punto ieri dalla Commissione Salute, i presidenti annunciano che chiederanno un incontro con tutti i gruppi parlamentari, ricordando come il ddl abbia già avuto il parere negativo della Commissione parlamentare per le Questioni Regionali e un parere con forti riserve da parte della Commissione Affari Costituzionali.

Nella sostanza i presidenti ritengono che il ddl invada autonomia e competenze regionali, entrando nell’organizzazione “di dettaglio” su materie riguardo alle quali le Regioni in molti casi sono già intervenute con propri provvedimenti. Proprio per questo chiedono che sia introdotta una clausola di cedevolezza, che faccia prevalere le norme regionali già in atto.

Cinque i temi che i presidenti regionali considerano particolarmente critici.
1. L’inserimento tra gli organi dell’Azienda del Collegio di Direzione, che aveva finora ruolo di collaborazione e non di condizionamento rispetto alla Direzione aziendale.
2. Il meccanismo di nomina dei “primari”, che nel nuovo testo dovrebbero essere scelti dal DG all’interno di una terna indicata dal Collegio di direzione, meccanismo che romperebbe, secondo le Regioni, il rapporto fiduciario tra DG e primario.
3. L’eliminazione del criterio di esclusività per poter essere nominati primari.
4. La mancata connessione tra responsabilità e autonomia del medico e le scelte di programmazione aziendale.
5. L’indicazione a 67 anni per il pensionamento dei medici.
 

19 aprile 2012
© Riproduzione riservata

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