Patto per la Salute. Le Regioni dettano le regole d’ingaggio: “Risorse certe e non condizionate dall’andamento dell’economia, no a modifiche unilaterali, stop a sistema dei piani di rientro e commissariamento e creazione di un Comitato paritetico per monitorare l’accordo”
di Luciano Fassari
Gli Enti locali pongono al Governo alcune condizioni irrinunciabili per far partire la trattativa sul nuovo Patto. “Revisione dei meccanismi di controllo in virtù di uno basato su pochi indicatori e niente nomine nuovi commissari prima del Patto”. E ancora: "Favorire accesso professionisti al Ssn e revisione dei rapporti tra Governo, Regioni, Aifa, Agenas, Iss e Asl". Ecco il documento all’esame dei presidenti. IL TESTO
12 FEB - No a cambi unilaterali del Patto, risorse certe e non condizionabili dall’andamento dell’economia, revisione dei meccanismi di controllo analitico dei processi e dei costi di singoli fattori produttivi e il passaggio alla individuazione di pochi, sintetici e significativi, indicatori di risultato. E ancora, rivedere piani di rientro e commissariamenti (e niente nomine di nuovi commissari prima del Patto) in virtù di un sistema di interdizione/riduzione dell’autonomia per chi non rispetta gli indicatori.
Ma non solo, riforma governance del Ssn, revisione dei fabbisogni organizzativi e formativi, semplificazione dell’accesso dei professionisti al Ssn, definizione contributi regioni a statuto speciale e creazione Comitato paritetico per verifica e monitoraggio del Patto. Sono queste le regole d’ingaggio che le Regioni proporranno al Governo per la stesura del nuovo Patto per la Salute 2019-2021 che dovrà essere stipulato entro il 31 marzo.
Il documento, elaborato dalla Commissione Salute,
contraria solo la Pa di Bolzano, sarà sottoposto ai presidenti domani in Conferenza delle Regioni e poi sarà oggetto di confronto con il Governo.
“La Sanità - scrivono le Regioni - pur con tutti i suoi spazi di miglioramento è il comparto del settore pubblico maggiormente sottoposto a valutazioni di efficacia, efficienza ed equità, sia a livello nazionale che internazionale, e ha dato risposte più che adeguate; a fronte di ciò, ha visto costantemente scendere il suo livello di finanziamento in proporzione al PIL, scontando anche la volontà dei vari Governi di trasferire in capo alle Regioni le difficoltà di sostenere le politiche pubbliche in periodi di crisi finanziaria. Studi internazionali segnalano, al contrario, come, in fasi critiche del ciclo economico, l’investimento nel settore salute sia stato in grado di produrre effetti a breve termine e contribuire significativamente alla ripresa economica”.
Le Regioni per questo “ritengono che questo trend non sia più sostenibile e ponga a rischio la sopravvivenza del SSN stesso e chiedono al Governo di modificare questo approccio, sotto il profilo sostanziale e di metodo:
a)il SSN è sottofinanziato e richiede immediatamente, e senza alcuna condizione, un incremento significativo delle risorse a disposizione per il triennio 2019-2021, oltre a quanto già stanziato in legge di Bilancio;
b)in un corretto ed equilibrato rapporto di collaborazione istituzionale, non si può prevedere che gli incrementi – già insufficienti – del livello di finanziamento del SSN siano accessibili alle Regioni solo a condizione di sottoscrivere il nuovo Patto”.
“Un Patto è tale – concludo le Regioni - se definisce obbligazioni e diritti delle Parti in un rapporto di reciprocità e di equilibrio, nel rispetto delle prerogative e dei compiti attribuiti dalla Costituzione”.
Le regole d’ingaggio delle Regioni
- il Patto deve prevedere responsabilità, impegni e modalità attuative in condizioni di reciprocità: se una delle parti richiede variazioni degli impegni su punti essenziali del Patto (vedi livello di finanziamento e livelli di servizio), accertate le motivazioni e verificate le azioni alternative, o si modificano in accordo gli effetti del Patto stesso o il Patto decade per inattuabilità;
- Il Patto, nella logica di valorizzare i rispettivi ruoli e responsabilità e rispettare le autonomie regionali – le richieste di autonomia differenziata di numerose Regioni rappresentano la riposta a mancate soluzioni su tematiche di grande rilievo ed urgenza per il SSN -, deve prevedere una revisione dei meccanismi di controllo analitico dei processi e dei costi di singoli fattori produttivi e il passaggio alla individuazione di pochi, sintetici e significativi, indicatori di risultato (obiettivi di salute-LEA, equilibrio economico, tempi di pagamento…) sullo stato di salute del singolo SSR;
- il rispetto degli indicatori di risultato consente alla Regione di operare secondo le modalità programmatorie e organizzative definite a livello regionale;
- il mancato rispetto degli indicatori comporta, di contro, la piena responsabilità della regione e dei suoi organi di governo, con vari livelli di interdizione/riduzione dell’autonomia: si ritiene che gli attuali strumenti e procedure dei piani di rientro (oggi programmi operativi) e dei commissariamenti – certamente utili in una determinata fase storica – vadano rivisti e sostituiti con logiche di affiancamento e supporto alle Regioni in difficoltà, allo scopo di migliorare il livello quali-quantitativo delle attività assistenziali e le capacità di governo delle organizzazioni regionali;
- alla luce delle soluzioni ai punti sopra riportati, il Patto deve affrontare il tema della governance del SSN, dei ruoli e dei rapporti tra gli attori istituzionali coinvolti: il Governo centrale, le Regioni, le agenzie nazionali Aifa e Agenas, l’Istituto Superiore di Sanità; l’attualizzazione delle aziende sanitarie ex D. Lgs. 502/92 e la presenza di aziende intermedie tra la Regione e le Aziende Sanitarie per l’esercizio di funzioni sovra aziendali;
-sino alla definizione del nuovo Patto per la Salute, non sono modificabili gli attuali assetti istituzionali in applicazione delle nuove previsioni normative in materia di Commissariamenti ad acta delle Sanità regionali;
- il Patto deve prevedere un quadro di risorse finanziarie certe e disponibili, non modificabili unilateralmente e non condizionabili dagli andamenti finanziari complessivi, per il prossimo triennio/quinquennio: la certezza delle risorse sia in conto esercizio, da ripartire tra le Regioni senza alcun vincolo di destinazione, sia in conto capitale, rappresenta un elemento indispensabile per programmare correttamente gli interventi sui territori regionali;
- il Patto deve rimettere al centro dell’azione la formazione, qualificazione e valorizzazione del capitale umano prevedendo: a) metodologie di definizione dei fabbisogni organizzativi e formativi coerenti agli obiettivi della programmazione sanitaria nazionale e regionale; b) la semplificazione dell’accesso dei professionisti e degli operatori alla formazione ed al SSN, per una efficace e tempestiva copertura dei fabbisogni medesimi; c) strumenti contrattuali e convenzionali coerenti alla piena responsabilità regionale in materia di programmazione ed organizzazione dei servizi;
- è necessario definire quale debba essere il contributo e la partecipazione al SSN delle Regioni a Statuto Speciale;
- è indispensabile la definizione – con immediata individuazione dei componenti – di un Comitato ristretto paritetico (3 rappresentanti del Governo e 3 rappresentanti delle Regioni) per verificare e monitorare l’attuazione del Patto.
Luciano Fassari
12 febbraio 2019
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