Acquisti centralizzati in Emilia Romagna: quindici anni di esperienza per un sistema che può ancora migliorare
Gi acquisti centralizzati in Emilia Romagna esistono da oltre quindici anni e, soprattutto in sanità, rappresentano una modalità di approvvigionamento dei dispositivi medici ormai consolidata e generalmente ben compresa dagli operatori.
23 OTT - Esiste tuttavia ancora una discreta percentuale di professionisti che ha ancora una percezione negativa del sistema. Una presenza che ha destato qualche sorpresa nei partecipanti all’incontro organizzato a Bologna da Quotidiano Sanità nell’ambito del più ampio progetto di inchiesta sostenuto incondizionatamente da Assobiomedica che, dopo il Piemonte e la Lombardia, ha fatto tappa a Bologna, terzo appuntamento di questa inchiesta sul campo che ha lo scopo di discutere e verificare con alcuni protagonisti i risultati dell’indagine condotta da Qs a livello nazionale e declinata per ciascuna regione visitata.
All’incontro di Bologna hanno partecipato
Alessandra Boni (Direttore Generale IntercentER;
Gilberto Poggioli, Ordinario Chirurgia Univ. Bologna in rappresentanza della Società italiana di chirurgia;
Gianluca Bandini, Ingegnere clinico del Policlinico Sant’Orsola Malpighi – componente del Direttivo AIIC;
Alberto Zaccaroni, Dir. UO Chirurgia Endocrina Forlì – componente del Direttivo SIC e
Giuseppe Grandi, Direttore Operativo AVEN Nord.
I dati registrati in Emilia Romagna nella Survey condotta da QS non si discostano di molto rispetto al resto d’Italia e, sebbene l’attività della Centrale di acquisti regionale sia tutt’altro che orientata al mero ribasso, persiste uno zoccolo duro di professionisti convinti che la ricerca della qualità sia un parametro secondario nei criteri di elaborazione di un capitolato e successiva aggiudicazione di una gara. Come detto o scoprire l’esistenza di questo “zoccolo duro” ha in un certo senso sorpreso i protagonisti dell’incontro bolognese ponendo al centro della discussione anche l’esigenza, evidente, di prestare molta attenzione alla comunicazione nell’intero processo di acquisizione dei dispositivi medici.
Anche in Emilia Romagna due sembrerebbero essere le strade maestre per una più estesa armonizzazione e accettazione del processo: da un lato un maggio coinvolgimento delle maggiori società scientifiche in termini di “validazione” di scelte e dall’altro un più esteso ricorso all’Health Technology Assessment per garantire in maniera sempre più precisa l’opportunità di scelta e investimento (o anche disinvestimento) in determinate tecnologie.
E se in alcune regioni uno dei problemi di fondo è la convinzione, soprattutto da parte dei clinici, della diminuzione della loro autonomia professionale nel decidere quali Device utilizzare, l’Emilia Romagna in tal senso è forse più avanti poiché questa problematica non emerge in maniera sostanziale ed è bensì superata dalla necessità di poter, se non accelerare i tempi di gara, quanto meno, mettere in campo uno strumento (informatico, di alert, di dialogo…) attraverso cui poter segnalare in tempo reale esiti negativi nell’utilizzazione di dispositivi acquistati mediante gare centralizzate auspicando in tal caso una maggior velocità di reazione da parte della regione anche nel procedere ad eventuali sostituzioni “in corsa”.
“Dai dati della Survey” ha sottolineato
Alessandra Boni, Direttore di IntercentER, la Centrale acquisti regionale “mi sembra trapeli una mancanza generalizzata di conoscenza su quello che quotidianamente fa l’Agenzia. L’informazione, la consapevolezza, in genere si acquisisce quando sorge qualche problema. In quel caso ci si premura di informarsi dai provveditori sulla provenienza di quel bene o servizio, e se sia derivato da un acquisto singolo o da una gara della Centrale ma quando invece va tutto bene in genere si ignora, o si sottace, che è il risultato di un complesso lavoro portato avanti proprio dalla Centrale. Nel 2016” ha aggiunto “la spesa delle aziende sanitarie è stata formata da acquisti in forma aggregata per l’80%. Di questo ammontare il 44% è frutto della nostra attività. Il 36% rimanente e frutto di gare aggregate in Aree Vaste con cui noi però comunque collaboriamo. Gli operatori devono però sapere che le procedure di rescissione di un contratto esistono e sono ben codificate ma abbiamo constatato che gli stessi operatori a volte trovano difficoltà nel seguire procedure che prevedono, tra l’altro, a la produzione di tutta una serie di documentazione scritta e da sottoscrivere. Probabilmente bisognerà lavorare in tal senso anche dal punto di vista comunicativo ma i contratti si possono risolvere quando la fornitura non è soddisfacente”.
A giudizio di
Alberto Zaccaroni, Componente del direttivo della Società italiana di chirurgia “il ruolo delle società scientifiche è fondamentale in quanto sono e devono essere garanti dei percorsi, delle modalità operative e quindi anche di quelli che sono gli strumenti indispensabili per il chirurgo per fare un buon lavoro. Certamente poi però le società scientifiche devono anche essere ascoltate. In particolare quelle più grandi e autorevoli, nel nostro campo la Sic e l’Acoi, dovrebbero essere le prime da ascoltare perché sono quelle che hanno i numeri più grandi e sono in grado di esprimersi ad altissimo livello scientifico”.
“Un maggior coinvolgimento dei professionisti, che pure in Emilia Romagna è assai alto, possono” secondo
Giancluca Bandini, Direttivo AIIC “migliorare efficienza e risultati delle gare di acquisto. In particolare, grandi margini di miglioramento potrebbero esserci in un più elevato coinvolgimento degli ingegneri clinici nei processi di HTA che dovrebbe essere maggiormente organizza e strutturata. Magari anche prevedendo una presenza stabile di questi professionisti, utili anche per coniugare linguaggi e istanze dei professionisti sul territorio, a livello regionale”.
In Emilia Romagna, ha quindi concluso
Gilberto Poggioli anch’egli in rappresentanza della Società italiana di Chirurgia “la cultura della gara, ancor prima che centralizzata, sia molto diffusa. Dobbiamo semmai essere ancora più veloci nelle decisioni e nella loro trasformazione in operatività. A cominciare dalla necessità, una volta terminate le operazioni di gara, di mettere in campo un sistema di verifica strutturato che non abbia una frequenza di intervento inferiore ai due-tre anni. Questo soprattutto per tener dietro alla velocità clamorosa di innovazione tecnologica”.
23 ottobre 2017
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