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Liguria. Microchip nei camici: insorgono i dipendenti. La Regione difende la scelta ma avvia approfondimenti


L’iniziativa riguarda la fornitura a noleggio di biancheria (lenzuola, camici, divise) e punta ad “evitare sprechi e ‘dimenticanze’ dei camici al di fuori degli ospedali”, assicurando “una corretta contabilizzazione dei materiali forniti”, ma i dipendenti si sentono “spiati”. Considerata “la delicatezza della materia”, Viale annuncia “ulteriori approfondimenti, a garanzia di tutto il sistema”.

31 LUG - Un microchip cucito all’interno dei camici utilizzati sul posto di lavoro. Lo avrebbe scoperto, secondo quanto riportato da Repubblica, un dipendente dell'ospedale Galliera di Genova, ma il fatto riguarderebbe tutta la biancheria utilizzata negli ospedali della Regione e dai loro dipendenti che, secondo le notizie di stampa, avrebbero contestato l'iniziativa e denunciato di sentirti “spiati”.

La Regione ha quindi deciso di intervenire per chiarire le finalità dell’iniziativa, ma anche per annunciare che saranno fatti ulteriori approfondimenti “a garanzia di tutto il sistema”.

“Il capitolato della gara per la fornitura a noleggio di biancheria (lenzuola, camici, divise) – spiega la vicepresidente della Regione Liguria e assessore regionale alla Sanità Sonia Viale in una nota - è chiarissimo: l’obiettivo del microchip è garantire un efficientamento del sistema per evitare sprechi e ‘dimenticanze’ dei camici al di fuori degli ospedali, assicurando una corretta contabilizzazione dei materiali forniti, una maggiore sicurezza rispetto alle norme igieniche e antincendio, una maggiore qualità dei tessuti anche a garanzia del decoro delle divise e della biancheria utilizzate. Dalle informazioni acquisite, poi, questo sistema risulta già diffuso in molte regioni d’Italia, proprio per evitare sprechi e ammanchi”.

Viale comunica comunque che, “data la delicatezza della materia, al di là della precisione delle finalità descritte chiaramente nel capitolato, ho comunque già disposto ulteriori approfondimenti, a garanzia di tutto il sistema”.

La nota regionale lascia poi la parola a Walter Locatelli, commissario straordinario di Alisa, che spiega come il codice a barre si sia rivelato “insufficiente e non idoneo a garantire la correttezza dei dati, generando quindi sprechi. Al contrario, il microchip consente di sapere sia quando il camice viene ritirato dalla ditta che effettua il servizio di lavanderia e poi riconsegnato al dipendente sia, di conseguenza, quanti cicli di lavaggio l’indumento subisce, visto che dopo un certo numero deve essere sostituito. Questi tessuti, infatti – prosegue - sono garantiti per un numero massimo di lavaggi eseguiti in un determinato modo e con specifici prodotti: un numero superiore di lavaggi, oppure lavaggi ‘casalinghi’ che non rispettino le procedure, potrebbero far perdere le caratteristiche di ‘barriera’ alle infezioni, a garanzia sia dell’operatore che del paziente”.

“Il nuovo sistema garantisce anche – conclude Locatelli - il rispetto delle norme di sicurezza e antincendio in base alle quali il materiale ospedaliero, in particolare delle sale operatorie o di alcuni reparti, debba essere lavato esclusivamente con determinati prodotti”.

31 luglio 2017
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