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Il Veneto diventa “bilingue”. Consiglio regionale dice sì alla legge che prevede il bilinguismo e lo status dei veneti come “minoranza nazionale”


Approvata con 27 voti a favore, 16 contrari e 5 astenuti la proposta di legge regionale prevede che i Comuni potranno ora imporre l'uso della "lingua veneta" nel proprio territorio, mentre le scuole dell'obbligo dovranno offrire lezioni di "dialetto". Dure critiche dalle opposizioni: “È una presa in giro. Legge sarà subito impugnata perché incostituzionale”.

07 DIC - Il Consiglio regionale del Veneto ha approvato ieri sera la legge che definisce il popolo veneto una 'minoranza nazionale' e che, rifacendosi al modello sudtirolese, consentirebbe di poter richiedere il rilascio di un 'patentino di bilinguismo', aprendo la strada all'insegnamento dell'attuale dialetto anche a scuola.
 
La Pdl 116, che applica ai veneti la Convenzione Quadro Europea ratificata dall'Italia nel 1997, è stata approvata con 27 voti favorevoli (Lega, Lista Zaia, e tre consiglieri della lista di Flavio Tosi), mentre sono stati 16 i contrari (Pd, Cinque Stelle, Lista Moretti, e un 'tosiano') e 5 gli astenuti (Fi e Fratelli d'Italia).
 
In base alla legge, i Comuni veneti potranno ora imporre l'uso della "lingua veneta" nel proprio territorio, mentre le scuole dell'obbligo dovranno offrire lezioni di "dialetto". I funzionari pubblici, a partire da quelli non nati in Veneto, per ottenere il posto dovranno superare un esame, ottenere una "patente di veneticità" e dimostrare di conoscere la "lingua veneta", definizione però su cui cui nemmeno linguisti e storici concordano.
 
“Sono soddisfatto per l’approvazione del Pdl 116 di iniziativa dei Consigli comunali di Resana, Grantorto, Segusino e Santa Lucia di Piave per l’applicazione della Convenzione Quadro per la protezione delle minoranze nazionali ratificata con legge n 302/1997 a chi vorrà liberamente dichiararsi parte di questa minoranza. Si tratta di un passo importante nella strada per dare maggior forza e pregnanza alla richiesta di autonomia del Veneto”. Questa la prima dichiarazione di Riccardo Barbisan (Lega Nord) relatore di maggioranza del progetto di legge. “Il riconoscimento del Veneto come lingua minoritaria fa discendere – aggiunge Barbisan - tutta una serie di diritti e di competenze per la tutela dei cittadini veneti esattamente come avviene nelle Regioni a Statuto Speciale e nelle Province autonome di Trento e Bolzano. E’ un altro  tentativo importante lungo la strada dell’affermazione dei diritto della nostra gente ad autogovernarsi”.
 
Critiche dalle opposizioni.  “La Maggioranza sa bene che il Pdl 116 nasce già morto – ha affermato Jacopo Berti del M5s- così prende in giro i veneti. La Lega ha voluto approvare il provvedimento pur sapendo perfettamente che la Legge sarà poi impugnata ed annullata appena uscirà dall’aula consiliare”. “Anche il Legislativo del Consiglio regionale - informa il capogruppo del Movimento Cinque Stelle - è del parere che questa Legge non stia in piedi, eppure vogliono ugualmente portarla avanti a tutti i costi. A questo punto mi chiedo se siano coscienti di quello che stanno facendo, oppure se non sappiano nemmeno leggere le carte che gli vengono sottoposte dagli uffici. O sono in malafede, oppure sono incompetenti”.

“Abbiamo fatto di tutto per impedire che questa Legge impresentabile e inapplicabile venisse approvata, dato che è una presa di giro, in quanto sicuramente incostituzionale. Il Veneto, infatti, non fa parte delle minoranze storiche nazionali e il richiamo alla Convenzione quadro è quindi sbagliato, dato che eventuali aggiunte, successive alla ratifica, possono essere fatte soltanto dallo Stato, con una dichiarazione indirizzata al Segretario generale del Consiglio d’Europa”. Con queste motivazioni, affidate ad una nota, il Gruppo consiliare del Partito Democratico “ha votato contro il Pdl 116 sull’applicazione, nei confronti del popolo veneto, della Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali”. “È un pasticcio totale quello della Maggioranza- spiega il Partito Democratico- che maschera delle rivendicazioni politiche camuffandole sotto l’aspetto di rivendicazioni culturali, ma questo è un corto circuito che non porta da nessuna parte. Troviamo imbarazzante, inoltre, che Zaia possa promulgare un provvedimento del genere e che possa essere pubblicato sul BUR ufficiale della Regione. “
 
Nessuno nega l’orgoglio veneto - afferma il Partito Democratico - e siamo disponibili sempre e comunque a discutere oltre i nostri confini, nell'interesse dei cittadini, ma è un fatto gravissimo sentire dai banchi della Maggioranza che c’è l’orgoglio di essere veneti e non italiani, e sorprende davvero che di fronte a dichiarazioni di questo tipo ci sia stato l’imbarazzante silenzio - assenso delle rappresentanze della Destra storica in Consiglio regionale”.  “Alla fine - chiosano i consiglieri Dem - è stato eliminato il patentino per la lingua veneta, ma la bocciatura rimane.  È una presa in giro, quello che è uscito dalla porta è rientrato dalla finestra, perché resta la valutazione, con tanto di costituzione di un Albo presso la Giunta regionale per raccogliere le dichiarazioni spontanee”. “Ma chi è che valuta?- conclude il Gruppo consiliare PD - e in base a quale criterio viene stabilito chi è in grado di verificare la ‘veneticità’ delle persone? Senza poi dimenticare i costi di questa normativa priva di senso. Sarà possibile comunicare e ricevere informazioni in ‘altra lingua’ con le spese conseguenti per traduttori e interpreti, così come accadrà per tutta la documentazione, come passaporti e carte di identità”.

07 dicembre 2016
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