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Sicilia. Ipasvi contro linee di indirizzo regionali dotazioni organiche: “Da noi meno di 1 infermiere ogni 8 pazienti”


I presidenti dei Collegi Ipasvi della Sicilia denunciano la “carenza istituzionalizzata del personale infermieristico”. Chiesta "un’adeguata definizione del fabbisogno di infermieri atto a garantire appropriati livelli assistenziali” e di "personale di supporto" per "la soddisfazione dei bisogni primari e all’igiene personale dei malati”.

27 APR - “Parlano di ottimizzazione delle risorse infermieristiche” e “si ostinano a non riconoscere che i margini di recupero delle risorse sono finiti”. Ad affermarlo, in una nota, sono i Collegi Ipasvi della Sicilia, puntando il dito contro le dotazioni organiche in atto, quelle determinate dal decreto assessoriale del 2010, che – ribadisce l’Ipasvi Silia, “sono insufficienti. Lo dimostra lo sforamento del budget dello straordinario, utilizzato in maniera indiscriminata per eventi non straordinari ma programmati; l’istituto della pronta disponibilità utilizzato come sostitutivo di turno e non integrativo dello stesso; alcune pronte disponibilità partono addirittura dalle ore otto del mattino dei giorni feriali; dal cumulo di ferie residue del personale. Paradossalmente rimane evidente la difficoltà quotidiana degli infermieri, ma anche dei coordinatori e dei dirigenti infermieri, dove presenti, impegnati sui tavoli negoziali in estenuanti contrattazioni per ottenere più infermieri”.

"Parliamo di standard assistenziali nelle aree definite, dall'assessorato regionale, a ‘bassa intensità assistenziale’”. Citando gli standard statunitensi, i presidenti dell’Ipasvi siciliani nella nota spiegano che il “un buon rapporto infermieri/pazienti dovrebbe aggirarsi su 1 a 5 o comunque inferiore a 6, per ridurre il rischio di complicanze e di mortalità dei pazienti”. In Sicilia, invece, il rapporto è in media superiore a  1 infermiere ogni 8 pazienti. “I Collegi Ipasvi della Sicilia riuniti nel Coordinamento Regionale hanno ‘timidamente’ chiesto una clausola di salvataggio per la sicurezza dei pazienti, ovverosia, di non scendere al di sotto di 1 infermiere ogni 8 ammalati”, ma “ci è stato spiegato che il tetto di spesa già fissato nel 2011 deve essere mantenuto tale. Molti di noi, vicini al pensionamento, hanno iniziato a lavorare in strutture che avevano il doppio dei posti letto attuali; la politica dei tagli ha determinato una riduzione drastica dei posti - letto determinando dei tassi di occupazione critici, anche al di sopra del 100%”.  

Nella pratica, spiegano i presidenti dei Collegi Ipasvi siciliani, “ciò significa che gli infermieri assistono pazienti accolti su letti aggiunti oltre a quelli previsti; oppure che tra dimessi e nuovi accolti, durante la giornata sono presenti più pazienti che posti letto. Questa situazione aumenta il rischio dei pazienti, ai quali è difficile garantire uno scrupoloso monitoraggio; la situazione alberghiera è spesso insoddisfacente; ma ne deriva anche (e gli infermieri delle medicine e di quanti lavorano in prima linea lo sanno bene) un importante turn over dei pazienti e continui riassestamenti (pazienti che dal corridoio, appena si libera un posto, vengono messi in stanza; pazienti in attesa di essere dimessi, senza il posto letto che è stato già occupato da altri)”.

Situazioni “critiche” che “aumentano il carico di lavoro, il rischio di errori e di mancata sorveglianza clinica. Tutto questo il più delle volte senza l'aiuto di altro personale”. Per i presidenti dei Collegi Ipasvi siciliani, “prioritario sarebbe, cercare di ottimizzare e impegnare gli infermieri solo su attività infermieristiche. Il personale di supporto è carente e molte volte inesistente; l'esternalizzazione dei servizi ha permesso di assumere operai al posto di personale qualificato, tale mancato rispetto dei profili comporta situazioni ingestibili in quanto contrattualmente  non gli compete toccare l'ammalato e neanche imboccarlo. Tutto ciò oltre ad essere deleterio ha determinato un'eccessiva frammentazione delle cure infermieristiche, in quanto tutte le necessità dell'ammalato ricadono esclusivamente sull'infermiere”.

I presidenti dei Collegi Ipasvi della Sicilia chiedono quindi “un’adeguata definizione del fabbisogno di infermieri atto a garantire adeguati ed appropriati livelli assistenziali”, così come chiedono che “la soddisfazione dei bisogni primari e all’igiene personale degli ammalati siano garantiti dal personale di supporto”.

Per la definizione delle linee guida i presidenti dei Collegi Ipasvi siciliani sottolineano dunque che, “oltre a far quadrare i conti, certo sarebbe meglio tagliare gli sprechi e noi di certo non rientriamo in questa partita, provate a considerarci professionisti quali siamo ed esseri umani. Ci è stato chiesto di studiare perché dovevamo adeguarci all'Europa, perché l'evoluzione scientifica aveva bisogno di un professionista con competenze adeguate allo sviluppo tecnologico. Parliamo di essere umani Perché in questa situazione di spending review è venuto meno il turn over e quindi dobbiamo fare i conti con una professione che invecchia e che non potrà sostenere i turni notturni; con una popolazione con crescenti livelli di disabilità e di cronicità”.

Per i presidenti dei Collegi Ipasvi Sicilia “è paradossale che rispetto al passato i decisori decrementino ancora il tempo dedicato all'assistenza: difatti oggi, è di gran lunga inferiore a quello assicurato negli anni settanta (allora 120 minuti) di assistenza a pazienti che erano meno critici di quelli odierni e ancora studiano come ridurli dietro l'ipocrisia dell'ottimizzazione. Gli standard dotazionali, proposti con le nuove linee guida, che noi rappresentanti della professione infermieristica stiamo analizzando criticamente rilevandone l'inappropriatezza e che invece i decisori stanno ridisegnando peggiorativi rispetto al passato rischiano di demotivare gli infermieri clinici, risorse preziose del sistema, di allontanarli dalla pratica e di annullare gli sforzi formativi degli ultimi anni. Come potrebbero, infatti, infermieri ben preparati magari con competenze avanzate, assistere adeguatamente tanti pazienti? Le politiche professionali giustamente sono state orientate all’avanzamento professionale, le università sono state foraggiate dagli infermieri la stessa educazione continua in medicina vive con le risorse e i sacrifici degli infermieri che di contro non godono del necessario rispetto professionale da parte dei dirigenti regionali. Ma ancora più grave è ciò che scaturisce dalla carente assistenza, chiamata: rischio clinico e sicurezza per la vita degli ammalati”.
 

27 aprile 2015
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