Liquidazioni Dg Asl. Monchiero (Fiaso): riconosciuti i nostri diritti
Soddisfazione della categoria per la sentenza della Corte Costituzionale con la quale è stato riconosciuto il diritto per i Dg delle Asl a godere del premio di fine rapporto proporzionato al loro reddito di manager. Ecco in esclusiva il commento del presidente della Fiaso Giovanni Monchiero che sottolinea il ruolo della sua associazione nella risoluzione della delicata vertenza.
13 DIC - La Corte Costituzionale, con sentenza n.351/2010 ha riconosciuto che la pensione e l’indennità di fine rapporto dei direttori generali, sanitari ed amministrativi di Asl e Aziende Ospedaliere siano liquidati in misura tale da tener conto dello stipendio in godimento come direttore e non di quello percepito se non fosse stato collocato in aspettativa dall’ente di appartenenza. La vicenda giurisdizionale è particolarmente complessa e merita di essere raccontata anche al fine di chiarire le ragioni dell’intervento di Fiaso in un contenzioso che apparentemente riguardava un singolo collega.
Tutta la vicenda parte da un Direttore Generale che ha citato in giudizio l’INPDAP davanti al giudice ordinario di Macerata per ottenere la riliquidazione dell’indennità di fine servizio in misura che tenesse conto dello stipendio in godimento come direttore generale dell’Azienda sanitaria.
A seguito del pronunciamento del tribunale di Macerata, l’INPDAP, nel contesto del successivo giudizio presso la Corte di appello di Ancona, eccepiva l’incostituzionalità della norma introdotta con il D. Lgs. 229/1999, che imponeva al datore di lavoro e al dipendente il versamento di contributi previdenziali rapportati alla retribuzione effettivamente goduta.
Tale norma è sempre stata interpretata dall’INPDAP in modo diverso a seconda che si trattasse della pensione o dell’indennità di fine servizio: la prima viene rapportata, secondo le normali tabelle di calcolo utilizzate per il personale dipendente, al trattamento economico del direttore generale (o sanitario o amministrativo); la seconda alla retribuzione virtuale che avrebbe percepito se non fosse stato collocato in aspettativa dall’ente di appartenenza. Molti colleghi avevano impugnato tale disparità di trattamento davanti al giudice ordinario chiedendo che, anche per l’indennità di fine servizio, venisse applicato il principio sancito dall’art. 3 co. 2 e 3 del D. Lgs. 229/1999. La maggior parte di queste cause si era conclusa con pronunce favorevoli ai ricorrenti.
La strategia processuale adottata dall’INPDAP, nel caso in questione, è stata quella di eccepire l’illegittimità costituzionale della norma relativa del trattamento pensionistico per evitarne la ricorrente applicazione analogica, da parte dei giudici di primo grado.
Quando il Direttivo della nostra Federazione venne a conoscenza di questo fatto, valutò il pericolo: una eventuale pronuncia sfavorevole della Corte Costituzionale non solo avrebbe impedito ad altri colleghi di ottenere la riliquidazione dell’indennità di fine servizio, ma avrebbe avuto conseguenze catastrofiche sul trattamento pensionistico dei colleghi in attività e, forse, pure di quelli già collocati a riposo che correvano il rischio di un ricalcolo della pensione ex nunc.
Occorre aggiungere che il caso appariva ulteriormente complicato dalla mancata costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri (forse poco sollecitata dal competente dicastero del Lavoro e delle Politiche sociali) che, venendo meno alla prassi, non è intervenuta a difesa della norma in vigore.
Di qui la decisione di affiancare il collegio difensivo del collega X con un legale di provata esperienza in materia amministrativa, con il quale la Fiaso ha, da anni, un consolidato rapporto di consulenza.
Alla competenza giuridica dell’avvocato , la nostra Federazione ha affiancato l’esperienza di alcuni colleghi particolarmente versati in materia di trattamento economico, che formalmente ringrazio per la loro attività. Tengo a tutto ciò perché la vittoria ha cento padri, la sconfitta è orfana. Antica massima che calza a pennello per commentare la strabiliante tempestività con la quale altri, non citando l’iniziativa di Fiaso, si sono assunti un merito che davvero non gli compete.
Fatta questa doverosa precisazione, la Fiaso ritiene opportuno trarre ogni utile conseguenza da un giudizio particolarmente favorevole. Esaminando con il nostro avvocato le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale abbiamo rilevato che non solo fa giustizia di ogni pretesa dell’INPDAP di tornare a trattamenti pensionistici precedenti l’introduzione del D. Lgs. 229/1999, ma ridefinendo i diritti dei direttori delle Aziende sanitarie, rafforza la posizione dei dipendenti pubblici che ritenessero di rivendicare (ovviamente nei termini di prescrizione) la riliquidazione del trattamento di fine servizio e apre nuove prospettive anche per ottenere una diversa quantificazione dei trattamenti pensionistici e previdenziali per i colleghi provenienti dal settore privato.
Per questo, fermo restando che l’onere del giudizio resta in capo al singolo ricorrente, FIASO ritiene di poter coordinare queste azioni mettendo a disposizione i propri Uffici, l’esperienza dei colleghi che fino ad oggi hanno seguito la materia e la comprovata competenza dell’avvocato amministrativista che ha seguito il ricorso.
Giovanni Monchiero
Presidente Fiaso
13 dicembre 2010
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