È questa la fotografia scattata dal reparto di Malattie infettive dell’ospedale San Salvatore di L’Aquila.
Nel capoluogo abruzzese e nei comuni limitrofi, sono circa 100 le persone seguite periodicamente, come popolazione sieropositiva per Hiv, e assistite in ambulatorio o in Day Service. Nel 2012 il numero dei nuovi casi è in linea con la media nazionale: 5 su 100mila abitanti. Ma come ha ricordato Alessandro Grimaldi, direttore dell’Unità operativa: “Non bisogna abbassare la guardia, soprattutto bisogna evitare i rapporti non protetti”
È infatti il sesso il maggior veicolo di infezione. La situazione registrata nel comune della regione Abruzzo è in linea con quella nazionale: se da un lato si è evidenziata una drastica diminuzione dei contagi tra tossicodipendenti, dall’altro si segnala un forte incremento della malattia per rapporti sessuali non protetti.
“Dopo la grande paura degli anni d’esordio nel 1987 – ha sottolineato Antonio Cellini, infettivologo del San Salvatore –si è smarrita progressivamente negli anni successivi la consapevolezza dell’attenzione alla condotta di vita nei rapporti intimi: un allentamento dei freni inibitori che rischia però di essere pagato a caro prezzo. Si fanno pochi controlli e non si è sufficientemente consapevoli del rischio di contatti sessuali occasionali e non protetti”.
La mancanza di controlli costanti consente al virus di restare latente per anni, come dimostra la presenza di persone oltre i 70 anni positive al test. “Si erano contagiati 15-20 anni prima – ha spiegato Grimaldi – ma se ne erano accorti facendo il test a 70 anni. Il virus, infatti, può restare silente per anni, senza dare sintomi. È per questo che va dato un messaggio chiaro e forte: oggi il rischio Aids viene preso sottogamba”.
Per i medici è quindi fondamentale che le persone comprendano quanto sia importante tornare a prestare una maggiore attenzione nei contatti sessuali, essere prudenti e adottare tutte le cautele possibili.
“Oggi di Aids si muore sempre meno – ha concluso Grimaldi – perché esistono terapie basate su combinazioni di farmaci, che consentono di ‘gestire’ la malattia per molti anni, fino a trattarla come fosse una patologia cronica. La sfida, però, oltre alla prevenzione , che resta la misura prioritaria nella lotta all’Hiv, è quella di ridurre il numero e il costo dei farmaci utilizzati per la terapia. E su questo si è già iniziato un percorso che darà ulteriori risultati nei prossimi anni”.
14 dicembre 2012
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