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Cerm, strada in salita per le regioni del Sud


Alle prove generali di federalismo fiscale, secondo le proiezioni del Cerm, il gap tra le Regioni virtuose e quelle del meridione è ampio. Si deve quindi aprire al più presto un dibattito costruttivo sulla determinazione dei costi standard

02 SET - Da qualsiasi ottica lo si guardi lo scenario non cambia: nell’era del federalismo fiscale, che apre la corsa al finanziamento dei Lea, le regioni del Sud ne usciranno con le ossa rotte. Campania e Puglia sono in posizione critica sia in termini di deficit che sul fronte della qualità, ma anche Lazio e Sicilia dovranno dare fondo a tutte le loro risorse per offrire prestazioni con alti livelli qualitativi. Le più “risparmiose” sono le Marche il Molise e la Liguria che però deve migliorare in qualità.
È questo il panorama disegnato dal Cerm che ha confrontato cinque regioni virtuose (Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Toscana, Umbria) con le altre, sviluppando due scenari possibili. Secondo il Cerm - alla luce dei risultato ottenuti, e dal momento che è entrato nel vivo il dibattito su come applicare la legge 42 del maggio ’09 il federalismo fiscale, secondo la quale il finanziamento dei Lea deve avvenire con riferimento a benchmark di costo e fabbisogno - diventa urgente aprire il dibattito sulla definizione dei costi standard che scandiranno i ritmi per raggiungere il traguardo della qualità e del contenimento delle spese. Anche perché esistono forti dubbi che la strada da percorrere possa essere guidata da standard microfondati sui costi di singole prestazioni o di raggruppamenti dettagliati di prestazioni o di capitoli di bilancio.
Sono due le “scuole di pensiero” che si stanno affermano: quella che punta alla determinazione di standardil più possibile a livello di capitolo disaggregato di spesa o di singola prestazione; e quella che vede necessario distinguere gli standardda adottare nei rapporti Stato‐Regione da quelli cui ogni Regione può affidarsi nei rapporti con le Asl e le Aziende Ospedaliere.
Regioni a confronto. È netto il distacco tra le cinque regioni più virtuose Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Toscana, Umbria (queste ultime le migliori in termini di qualità delle prestazioni), tallonate dalle Marche, e le regioni del Sud. È quanto emerge dalle proiezioni del Cerm che ha stimato la correzione di spesa aggregata corrente che la Regione dovrebbe compiere per uniformarsi alla spesa pro-capiteper fascia di età rilevabile nella media delle Regioni virtuose (in assoluto le migliori sono Umbria e Toscana) sotto il profilo della programmazione finanziaria e della qualità dell’offerta.
Cosa è emerso? È allarme rosso per la Campania, in deficit di qualità e con un surplus di spesa considerevole al benchmark con le Regioni principe. Per raggiungere i loro standard dovrebbe risparmiare ben 1.594 milioni di euro e colmare un gap di qualità pari a 418 per mille (confronta grafico allegato).
Ma non va meglio per la regione Puglia che dovrà rimboccarsi le maniche per uniformarsi ai parametri delle “magnifiche cinque”: ha, infatti,  735 milioni di euro di sovraspesa  e un deficit di qualità pari a 438 per mille; la Sicilia si presenta con 535 milioni di euro di sovra spesa e un gap di qualità di 418 per mille; la Calabria, con 302 milioni di euro e 518 per mille; la Sardegna, con 261 milioni di euro e 378 per mille. Basilicata e Abruzzo, pur dovendo compiere aggiustamenti di spesa più contenuti (53,7 milioni di Euro la prima e 8,2 il secondo), mostrano significativi gap di qualità (378 per mille la prima e 328 il secondo). Il Molise, anche se efficiente dal punto di vista di spesa/costi, dovrebbe invece colmare un importante gap di qualità (338 per mille) e segna significativi sforzi in termini di impiego di risorse.
In linea con le cinque regioni è invece la regione Marche che non solo presenta una qualità elevata, ma ha anche messo da parte un “tesoretto” di 95 milioni di euro da spendere per migliorare ancora di più le proprie performance. Singolare invece il caso della Liguria: deve incrementare la qualità delle prestazioni (il gap è del 168 per mille) ma, nel contempo, avrebbe motivo di dedicare alla sua sanità risorse correnti superiori di oltre 303 milioni di euro/anno. Tradotto: i soldi non le mancano.
Le altre Regioni? Trentino Alto Adige, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta mostrano livelli qualitativi sufficientemente prossimi al benchmark, e dovrebbero riuscire a ottenerli con sfrozi minimi in termini di spesa. Unica eccezione Trentino Alto Adige che dovrebbe produrre un risparmio di spesa di 570 milioni di euro/anno.
Lo scenario non cambia di molto se si adottano altri parametri per confrontare i comportamenti virtuosi delle cinque regioni dal resto d’Italia. Il Cerm, nella seconda proiezione, ha valutato la correzione di spesa che la Regione dovrebbe compiere per offrire, in modo efficiente, prestazioni con il livello attuale di qualità.
Anche in questo caso per raggiungere la qualità delle regioni virtuose, Campania, Sicilia, Lazio e Puglia dovrebbero compiere aggiustamenti, rispettivamente, per3.091 milioni di euro, 2.061, 1.897 e 1.615. La Calabria, che ha un livello di qualità più che dimezzato rispetto allo standard, dovrebbe correggere il tiro impiegando circa 369 milioni di euro.
Abruzzo, Sardegna, Basilicata e Molise, le altre Regioni con elevato gap di qualità, dovrebbero compiere aggiustamenti per, rispettivamente, 304, 17492 e 81 miliardi di euro.
Gli standard da adottare. In base ai dati ottenuti, il Cerm suggerisce di avviare con urgenza una convergenza verso modelli migliori. Anche perché alla luce di grandi criticità presenti (vedi allegato) esistono forti dubbi che la strada da percorrere  possa essere guidata da standard microfondati sui costi di singole prestazioni o di raggruppamenti dettagliati di prestazioni o di capitoli di bilancio. Per questo il Cerm proposto di differenziare le regole che presiederanno ai rapporti finanziari tra Stato e Regioni, da quelle che poi ogni Regione seguirà nei rapporti con le sue Asl e con le sue Ao (confronta allegato).
 
(E.M.)
 
 
 

02 settembre 2010
© Riproduzione riservata

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