Ludopatia. Lusenti (Emilia Romagna): “Servono finanziamenti”
Il fenomeno, ha osservato l’assessore alla Politiche per la Salute, è in crescita. Attualmente in Regione sono 500 le persone seguite dai servizi per le dipendenze patologiche. "Ma i servizi senza organizzazione, potenziamento e finanziamento non potranno dare risposte adeguate”.
03 OTT - Il gioco d’azzardo è un comportamento ampiamente diffuso tra la popolazione: le possibilità di farvi ricorso oggi sono numerosissime, in qualsiasi momento della giornata e in ogni luogo, anche online. La spesa che gli italiani riservano a questa attività è in continuo aumento, nonostante la generale contrazione dei consumi delle famiglie. La pratica del gioco d’azzardo si accompagna ad un alto rischio di perdita di controllo e di dipendenza, con impatti anche drammatici sulla vita del giocatore e della sua famiglia. Per analizzare il fenomeno dal punto di vista sanitario e sociale, culturale e normativo, la Regione Emilia-Romagna ha organizzato una giornata di approfondimento, ieri nella sede di Bologna.
Il ministro Balduzzi ha recentemente disposto che, nell’ambito dell’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (Lea) che dovrà concludersi entro dicembre 2012, dovranno essere inserite anche le prestazioni riferite a soggetti affetti da gioco d’azzardo patologico (gambling addiction). Viene dunque sancito il diritto alla cura, con la diagnosi e la valutazione di tutti i casi e la presa in carico delle persone più gravi, anche se non sono state previste dal Governo risorse aggiuntive per la gestione di questi servizi.
Un concetto ribadito a margine dell’incontro anche dall’assessore regionale alle Politiche per la salute,
Carlo Lusenti: “Nella nostra Regione esiste una rete molto diffusa ed efficiente di servizi contro le dipendenze patologiche, che da diversi anni si sta facendo carico di pazienti con dipendenze da sostanze immateriali, come è appunto il gioco d’azzardo che dunque costa ai cittadini, rende allo Stato e ai gestori ma le cui conseguenze sanitarie ricadono sulle Regioni, perché questi servizi non sono finanziati da nessuno. A oggi, in Emilia Romagna – ha precisato - circa 500 cittadini sono seguiti dai servizi per le dipendenze patologiche delle aziende sanitarie, sia con programmi di disassuefazione e riabilitazione gestiti ambulatorialmente, sia con alcuni progetti sperimentali residenziali, che prevedono il permanere per circa una settimana all’interno di comunità gestite da cooperative sociali, dove viene affrontato un percorso di accrescimento della consapevolezza rispetto a determinati comportamenti e di riabilitazione”. “Si tratta di un fenomeno in crescita rapidissima – ha evidenziato Lusenti - quindi i servizi senza organizzazione, potenziamento e finanziamento non potranno dare risposte adeguate”.
Un fenomeno che cresce proporzionalmente alla crisi, come ha sottolineato l’assessore alle Politiche sociali,
Teresa Marzocchi. “I dati affermano che vengono coinvolte in misura sempre maggiore i più deboli, i giovani ma soprattutto le categorie di persone in difficoltà. Notiamo l’aumento di fatturato del gioco in contemporanea con gli anni della crisi: nell’ultimo anno è cresciuto tre volte tanto. Quindi diminuiscono i consumi primari ma aumentano quelli legati al gioco d’azzardo”.” Come Regione faremo la nostra parte, tutti insieme con sanità, sociale, terzo settore, coinvolgendo gli esercenti e lavorando per frenare questa endemia, un problema gravissimo al pari delle dipendenze patologiche come l’alcolismo – ha concluso Marzocchi - in Regione è stata presentata anche una proposta di legge: vorremmo sensibilizzare il Governo perché ci dia strumenti adeguati”.
La situazione in Emilia Romagna.
In Emilia Romagna nel 2011 si sono rivolti ai Sert per dipendenza da gioco 640 persone (512 nel 2010), ma si stima che siano almeno 10 mila le persone esposte a un rischio alto per questa patologia. Gli utenti che arrivano ai servizi sono in prevalenza uomini (79,5%) e abbastanza giovani, anche se il picco del problema si verifica intorno ai 40 anni. In almeno un quarto dei casi questi soggetti hanno altre patologie associate, come dipendenza da sostanze o patologie psichiatriche. Si gioca soprattutto al bar (86% delle donne che hanno giocato nell’ultimo anno, 77% gli uomini), a casa propria o di amici (18% uomini, 14% donne), nelle sale scommesse (11% uomini, 1% donne) o su internet (13% uomini, 2% donne). I giochi preferiti sono il lotto e il superenalotto (67% delle donne che hanno giocato nell’ultimo anno, 64% gli uomini), seguono gratta e vinci e lotto istantaneo (58% donne e 55% uomini) e le scommesse sportive (19% uomini e 6% donne).
Al Sert ci si arriva in massima parte in modo autonomo (51,41%), oppure su indicazione dei familiari (12,34%), dei servizi sociali (8,59%), dei medici di base (7,03%) o di altri servizi Ausl (5,16%).
Nella regione tutte le Ausl hanno un punto di accesso per questa patologia. Risulta fondamentale l’apporto dei gruppi di auto mutuo aiuto già attivi sul territorio per i pazienti e le loro famiglie. Si punta anche sulla prevenzione, con i modelli a rete già sperimentati per la dipendenza da alcol e per la promozione di stili di vita salutari, promuovendo percorsi di conoscenza del fenomeno nelle scuole e formando gli insegnanti. Per il gioco d’azzardo si sta lavorando soprattutto con i docenti di matematica, per dare ai ragazzi gli strumenti cognitivi che diano loro la reale percezione della possibilità di vincita nel gioco.
03 ottobre 2012
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