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A Bari la 4a edizione del Forum Mediterraneo Sanità. Intervista a Giovanni Gorgoni, Dg Aress Puglia: “Ecco le sfide che ci aspettano”

di Lucia Conti

Appuntamento dal 7 al 9 ottobre alla Fiera del Levante per fare un bilancio della sanità alla luce della pandemia, ma con lo sguardo rivolto al futuro, in particolare al territorio e alle opportunità offerte dalle tecnologie e dai Big Data. “Anzitutto dobbiamo investire sul capitale Umano, sia in termini quantitativi che di competenze", evidenzia il Dg dell’Agenzia regionale strategica per la salute e il sociale. “Il covid ha mostrato che anche la Lombardia ha punti deboli. Fare classifiche non ha senso. La vera opportunità del confronto tra Regioni è diffondere le migliori pratiche e ammettere che in ogni Regione c’è qualcosa che funziona e qualcosa da imparare”.

01 OTT - “Covid e post Covid-19. La rinascita del sistema sanitario vista dal Sud”. Questo il titolo scelto per la quarta edizione del Forum Mediterraneo in sanità, che si terrà dal 7 al 9 ottobre in Fiera del Levante a Bari. Promosso dall’Agenzia regionale strategica per la salute e il sociale (AReSS) della Regione Puglia e dalla Fondazione per l’innovazione e la sicurezza in sanità, l'evento rappresenta una delle prime occasioni di confronto tra le diverse realtà regionali e di confronto istituzionale sulle sfide emerse dall'emergenza epidemiologica e sulle proposte del Mezzogiorno.

L’epidemia, infatti, ha rappresentato una sfida per il Paese. Ha visto in prima fila gli operatori sanitari e i dirigenti delle Aziende sanitarie. Ha chiesto di mettere in campo nuovi paradigmi, nuove tecnologie, nuove competenze. I servizi sanitari e sociali sono dunque stati offerti con modalità innovativa e mentre rispondevano ai bisogni immediati di assistenza, evidenziavano anche opportunità inaspettate. Modalità che saranno presentate e discusse in occasione del Forum Mediterraneo in sanità.

In questa intervista Giovanni Gorgoni, presidente Aress, ci racconta come è andata l’emergenza coronavirus in Puglia e anticipa le principali tematiche che caratterizzeranno questa quarta edizione della kermesse.

Dott. Gorgoni, il covid sarà il tema centrale del Forum. La pandemia ha rappresentato un banco di prova durissimo per la sanità del nostro Paese. Ma si è anche evidenziato come in molti casi siano emerse potenzialità inimmaginabili. Come è andata in Puglia, e come sta andando, considerato che il virus non è scomparso?
Il covid, per quanto spaventoso, è stata un'esperienza istruttiva sotto molti aspetti. La Regione Puglia, vuoi per l’efficacia del nostro contact tracing, vuoi per la professionalità dei centri COVID, vuoi per autonoma capacità di intervento della Protezione Civile regionale e anche forse per un pizzico di fortuna, è riuscita a gestire senza difficoltà i pazienti positivi, che nell’80-85% dei casi sono stati assistiti a domicilio sia durante la prima ondata che in questa seconda fase di gestione dell’emergenza.

Abbiamo registrato una importante capacità degli ospedali di reagire. Questo grazie anche alle azioni di efficientemento compiute negli ultimi 5 anni. La riorganizzazione della rete ospedaliera, infatti, ha permesso di concentrare sulle strutture più importanti le tecnologie e le competenze che poi sono servite per gestire l’emergenza. Non voglio immaginare cosa sarebbe accaduto se ci fossimo trovati con la rete ospedaliera non ristrutturata e con il capitale umano e con i macchinari, stiracchiati in piccoli numeri su tanti plessi ospedalieri non attrezzati a gestire l’emergenza.

Dipartimento Salute e Dipartimenti di Prevenzione, con le attività di care intelligence di AReSS Puglia, hanno svolto, inoltre, un importante lavoro di informazione e formazione sul corretto tracciamento dei casi. Il monitoraggio del covid è stato preciso e puntuale e questo ha ovviamente contribuito in modo importante a contenere il contagio, perché ha permesso di individuare tempestivamente i focolai e di isolarli. Un lavoro che ancora oggi continua, perché, come osservava, il virus non se ne è andato.

Il covid ha dato una forte spinta alla telemedicina anche in Puglia?
Certo, ma in realtà si è trattato, in molti casi, di soluzioni tecnologiche che erano già in cantiere, quindi non completamente nuove, ma che in origine erano destinate ad altre situazioni e a tempi di attivazione più lunghi. L’emergenza covid ha inevitabilmente, e opportunamente, impresso un’accelerazione a tutto, facendo emergere anche la necessità di interventi anche sugli ambiti più trascurati, come le Rsa e le case di riposo. Il progetto di telemonitoraggio Taslisman, ad esempio, finalizzato alla gestione delle fragilità in ambito domestico, è stato ampliato in corsa proprio per raggiungere anche le Rsa.

Dall’emergenza covid è invece nato il progetto “Accasa” per il monitoraggio a domicilio dei pazienti in quarantena e per il monitoraggio dello stato di salute dei pazienti oncologici e rari. Ovviamente questo ha richiesto una formazione del personale ma anche del paziente, che è diventato parte attiva del processo assistenziale dovendo utilizzare strumentazioni o riferire i dati necessari all’anamnesi. Grazie a questo sistema almeno il contatto con gli specialisti non si è interrotto. In poche parole, anche se sembra un paradosso, la tecnologia ci ha permesso di fare sanità di prossimità a distanza.
Una strada che intendiamo continuare a percorrere, anche attraverso la Centrale operativa regionale di telemedicina istituita proprio sulla scia delle conferme sperimentali e delle esigenze assistenziali dei mesi di lockdown.

Si può dire che il covid lascia in eredità una sanità completamente rinnovata.
Sì, anche se da un punto di vista tecnologico non si è trattato di inventare nulla, ma ha sicuramente imposto un’accelerata al modello organizzativo e creato in tutti noi una nuova cultura della sanità e del fare. Nella maggior parte dei casi, infatti, a frenare le innovazioni è il gap culturale ma si attribuisce la colpa all’impreparazione dei settori tecnologici. L’emergenza ha però dimostrato che lo scoglio delle tecnologie era solo un’ipotesi di scuola visto che alcuni degli aggeggi che stiamo maneggiando in Puglia è già alle soglie dell’obsolescenza.

Ora bisognerà spingere, anche a livello nazionale, sulle problematiche giuridico normative dei nuovi paradigmi assistenziali, compresi quelli della telemedicina, che ancora mostrano importanti vuoti giuridici-normativi, e che sono il vero scoglio.

Nel suo intervento al Forum, lo scorso anno, evidenziò come la disuguaglianza più allarmante tra Nord e Sud non fosse tanto in termini di risorse, quanto in termini di capitale umano, sia per quantità che per competenze. E’ ancora così?
Sì. Rimane sicuramente l’esigenza di lavorare sul personale al punto di vista quantitativo, perché le Regioni del Sud continuano ad avere una dotazione di personale inferiore del Centro Nord, specie per alcune specialità, come gli anestesisti rianimatori. Per questo se il virus avesse colpito le rianimazioni del Sud con la stessa violenza con cui si è abbattuto sulla Lombardia, le conseguenze sarebbero state ancora più devastanti.
Dal punto di vista qualitativo, invece, servono più  rianimatori, infettivologi, pneumologi, epidemiologi ed igienisti.

E poi bisogna poi investire di più anche sulle competenze digitali. Servono professionisti aggiornati, che abbiano confidenza con i big data, che sappiano analizzare e anticipare, prevenire e intervenire tempestivamente.
Infine occorre accelerare sull’alfabetizzazione digitale degli operatori e anche dei pazienti, che nella telemedicina diventano attori attivi del processo di cura.

Il Covid ha dimostrato che anche la sanità delle Regioni del Nord ha dei punti deboli. Vi sentite ancora le “Cenerentole” d’Italia?
Non ho mai amato questi termini di confronto perché non è in atto alcuna competizione e non possiamo essere felici dei punti deboli delle altre Regioni. Ritengo, peraltro, che il divario tra regioni sia sempre stato valutato secondo vecchi e inadeguati schemi. Sicuramente abbiamo minore personale, un più basso finanziamento pro-capite in rapporto ai bisogni, ma abbiamo anche constatato le difficoltà della ricca Lombardia in termini di politiche del territorio. La Lombardia ha ospedali eccellenti, questo non lo mette in dubbio nessuno, ma con il covid l’ospedale può avere fatto la differenza solo nel momento in cui un paziente era già grave. La buona gestione della pandemia stava nel non fare arrivare i pazienti in ospedale, che è quello su cui abbiamo puntato noi e altre Regioni.

Torna d’attualità una citazione ascoltata anni fa da un igienista britannico: dobbiamo pensare ai ricoveri ospedalieri come a un fallimento del sistema delle tutele sanitarie a monte che non è riuscito a far fronte ai bisogni assistenziali. E il binomio ospedale-territorio è stantio e irreale: non sono in concorrenza ma un continuum ma anche lessicalmente continuiamo a citare prima la parola “ospedale”.

Quindi mai più polemiche tra le Regioni?
Il covid ha anche dimostrato che nessuno si salva da solo. Il paragone tra Regioni deve esserci, ma non deve servire a fare classifiche, deve servire a condividere e scambiare buone pratiche.
In questo senso il Forum sarà una delle prime occasioni per fare un bilancio dei modelli assistenziali regionali che hanno maggiormente funzionato. E dovrebbe rappresentare per tutte le Regioni un’opportunità per valutare quali progetti replicare sul proprio territorio. Le buone pratiche vanno fatte circolare, e perché nessuno fa bene  su tutto e tutti fanno bene su qualcosa.
Questa nuova visione dei rapporti regionali va incrementata tanto più se vogliamo evitare di tornare al Centralismo della Sanità, e io mi auguro che non avvenga.

Quali altre tematiche saranno centrali nella nuova edizione del Forum?
Riprenderemo in parte le tematiche già affrontate nelle edizioni precedenti per fare un bilancio dei cambiamenti avvenuti degli ultimi 12 mesi. Si parlerà molto di territorio e meno di ospedale. Si farà il punto sulle nuove terapie, su quelle che si dimostrate più efficaci e su quelle che si sono rivelate dei pozzi vuoti. Si parlerà di prevenzione, dei presidi territoriali.

Sarà l’occasione per fare un bilancio sulla gestione dell’emergenza covid ma, dal momento che il virus non è scomparso, si parlerà anche delle strategie da mettere in campo nei possibili scenari futuri. Si parlerà di contact tracing. Si parlerà di cure ospedaliere, solo in una sessione. Per il resto ci si concentrerà sul territorio, unanimemente riconosciuto come l’ambito assistenziale che può rappresentare la chiave di volta per i servizi sanitari regionali e per la salute dei cittadini.

Sarà anche l’occasione per raccogliere proposte per l’utilizzo delle risorse che speriamo vengano iniettate con il Recovery Fund e il Mes. Quando in gioco ci sono tanti soldi, inatti, c’è anche il rischio di correre a spenderli senza valutare con attenzione come spenderli meglio. Sicuramente servono investimenti su strutture e strumentazioni, ma dobbiamo puntare soprattutto sul Capitale Umano, sia in termini quantitativi che per consolidare i saperi che si sono già sviluppati e acquisire saperi nuovi.
 
Lucia Conti

01 ottobre 2020
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