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L’emergenza gelo e la solitudine dei medici “primi”

di Saverio Cramarossa

10 GEN - Gentile Direttore,
la solitudine dei medici “primi”, no non è il mio un gioco di parole mal riuscito, ma mi riferisco a quei medici che sono i primi ad assicurare la sanità sul territorio, i primi a stare in trincea, i primi ad accorrere in situazioni di emergenza, i primi a tutelare la salute del cittadino, mi riferisco ai medici di Continuità Assistenziale, del 118, di medicina generale, lasciati soli, terribilmente soli in questi giorni di emergenza maltempo, sepolti sotto una coltre di neve, lasciati scivolare su lastroni di ghiaccio di strade di periferia, abbandonati su mezzi impantanati nella neve mentre pazienti bisognosi di cure li attendevano invano, giunti a domicilio del paziente a bordo di trattori di fortuna.

Medici di Puglia, Molise, Basilicata e di chissà quante altre zone e regioni lasciati isolati a fronteggiare condizioni impervie, in scenari polari.

L'emergenza gelo era attesa da giorni, giorni in cui c'è stato tutto il tempo di organizzare un piano speciale per tutelare tutti gli operatori sanitari coinvolti e la loro incolumità, non solo nel loro interesse, ma anche in quello della salute della comunità.
Non ci vanno gratis a lavorare si dirà, ma 20 e poco più euro all'ora lordi giustificano una mortificazione di un mestiere fino a tal punto? Giustificano il permettere che i cittadini siano sprovvisti dell'assistenza sul territorio per giorni? Giustificano che non si venga posti nelle condizioni di svolgere i propri doveri di lavoratori senza che ne vengano rispettati i diritti?

“Nel caso tu non possa recarti in sede chiama il medico reperibile” mi si potrebbe dire, ma perché i colleghi reperibili non sono forse nella stessa situazione? Non sono forse nella stessa frustrante condizione di non poter fare il proprio lavoro?

Il timore è che, come da abitudine qui nel Belpaese, in una prossima emergenza si riverificheranno le stesse enormi difficoltà, perché nessuno si prenderà le proprie responsabilità, perché se non ci scappa il morto non si muove mai foglia in questo Belpaese, anzi a volte non si muove foglia nemmeno in questo caso.  
Il sospetto è invece che ad essere sepolti sotto la coltre di neve e a scivolare sulle lastre di ghiaccio sia stata la dignità dei medici impegnati in questi giorni di emergenza.

L'augurio (vano?) è che scioltisi quella coltre di neve e quelle lastre di ghiaccio vengano fuori le colpe di chi, pontificando dal calore del caminetto di casa, con enorme superficialità e sufficienza, non ha garantito che tutto andasse come in un paese civile dovrebbe andare.

Saverio Cramarossa
Medico di Continuità Assistenziale pugliese

10 gennaio 2017
© Riproduzione riservata

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