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“Colon al sicuro” ma non per la Corte costituzionale

di Fernanda Fraioli

11 NOV -

Gentile direttore,
per l’esito che il giudizio ha avuto, a rigore, non avrebbe senso parlarne per la mancanza di conseguenze applicative. La Corte costituzionale ha, infatti, pronunciato un’ordinanza di estinzione del giudizio proposto che non avrà seguito alcuno.

Purtuttavia, per l’importante tematica che riguarda la gestione della Sanità nel nostro Paese – ma soprattutto i rapporti tra centro e periferia nella gestione delle risorse ad essa destinate – è quantomai opportuno commentare questa pronuncia.

Il giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge della Regione Puglia 31 luglio 2023, n. 21 avente ad oggetto un Progetto di ricerca per la diagnosi precoce del tumore al colon retto attraverso l’esame del sangue, è stato promosso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri in riferimento agli artt. 81, co. 3, e 117, co. 3, della Costituzione, quest’ultimo per violazione dei principi fondamentali nella materia coordinamento della finanza pubblica.

Più precisamente questa legge, composta da n. 5 articoli, con particolare riferimento alla parte incriminata, per essere norma finanziaria, prevedeva che i “costi per la realizzazione del progetto di ricerca sono stimati in euro 396 mila, da suddividersi in due annualità, ed erogati all’Azienda sanitaria di riferimento del centro competente, previa rimodulazione della tabella L) della deliberazione della Giunta regionale 4 agosto 2021, n. 1346, oppure con deliberazione della Giunta regionale a stralcio e anticipazione sul riparto alle aziende sanitarie delle risorse per l’esercizio 2023, nell’ambito delle attività di progetto delegate, da adottare comunque entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge”.

Tanto ha fatto gridare al contrasto con la Costituzione per violazione del principio di armonizzazione dei bilanci pubblici e di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, co.3, della Costituzione poiché, introducendo un ulteriore livello di assistenza sanitaria rispetto ai LEA e mettendolo a carico del SSR, si poneva in violazione della disciplina relativa ai piani di rientro dal disavanzo finanziario in materia sanitaria, al quale la Regione Puglia è sottoposta, e del conseguente divieto di spese non obbligatorie.

In buona sostanza, della disposizione impugnata si lamentava il contrasto con la normativa statale che definisce i livelli essenziali di assistenza (LEA), recentemente aggiornati dal DPCM che all’Allegato 1 riguardante il livello essenziale di assistenza denominato “Prevenzione Collettiva e Sanità Pubblica”, contempla – nell’ambito dell’area di intervento Programma/Attività F8 “Screening oncologici definiti dall’Accordo Stato Regioni del 23 marzo 2005 e dal Piano nazionale della prevenzione 2014-2018” – esclusivamente lo “Screening del cancro del colon-retto: Raccomandazioni del Ministero della salute predisposte in attuazione dell’art. 2 bis della legge 138/2004 e del Piano nazionale della prevenzione 2014-2018”.

Orbene, individuando dette raccomandazioni ministeriali, come test di screening di primo livello la ricerca di sangue occulto nelle feci (SOF) e la rettosigmoidoscopia, di fatto, il progetto di ricerca per la diagnosi precoce del tumore al colon attraverso l’esame del sangue previsto dalla Legge Regionale in esame avrebbe introdotto un ulteriore livello di assistenza sanitaria rientrante nel quadro normativo del DPCM citato che ridefinisce i LEA e, conseguentemente, non avrebbe potuto essere garantito dal SSN.

Eventuali attività di screening ulteriori ed aggiuntive rispetto a quelle previste dall’ordinamento statale, quali quelle contemplate nel progetto di ricerca, avrebbero dovuto, in astratto, essere poste a carico del SSR.

Ma non così in concreto essendo la Regione Puglia sottoposta alla disciplina dei piani di rientro dal disavanzo, vincolanti ai sensi dell’art. 2, co. 80 e 95, della finanziaria 2010, e al divieto di spese non obbligatorie, ai sensi dell’art. 1, co. 174, della legge finanziaria 2005.

Motivo per il quale non può garantire livelli ulteriori di assistenza né con risorse afferenti alla quota indistinta del Fondo Sanitario Nazionale, né con risorse proprie, potendo realizzare “solo interventi volti al recupero del disavanzo sanitario nel rispetto e nei limiti dell’erogazione dei LEA obbligatori”.

È giurisprudenza costituzionale costante quella sul carattere vincolante dei piani di rientro dal disavanzo sanitario (già ribadito nelle sentenze n. 172 del 2018, n. 278 del 2014) e che i vincoli in materia di contenimento della spesa pubblica sanitaria costituiscono espressione di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica (si rimanda alle sentenze n. 190 del 2022 e n. 161 del 2022).

Il progetto in commento, poi, non potrebbe essere neppure considerato quale attività di ricerca in quanto, essendo il finanziamento del SSR parametrato al fabbisogno derivante dall’erogazione dei LEA in condizioni di efficienza e appropriatezza, i costi per la realizzazione del progetto di ricerca richiamati all’art. 5 della Legge Regionale impugnata non potrebbero in alcun modo essere finanziati con il Fondo Sanitario Regionale.

La normativa statale in tema di finanziamento dei progetti di ricerca nel settore sanitario, infatti, prevede una separazione delle risorse destinate ai LEA da quelle destinate alla ricerca, tanto che la quota di fabbisogno sanitario nazionale standard ripartita con delibere CIPESS non include risorse per finanziare attività di ricerca che dovranno trovare la relativa copertura in risorse appositamente assegnate a tal fine.

Senza contare che laddove sussiste un disavanzo di gestione (ed in fattispecie è notevole essendo quantificabile in -171,207 mln di euro - proiezione lineare a finire 2023 uguale a -342,416 mln di euro), l’effettuazione di altre spese, in una condizione di risorse contingentate, pone anche il problema della congruità della copertura della spesa “necessaria” ai sensi dell’art. 81, co. 3, della Costituzione, posto che un impiego di risorse per prestazioni “non essenziali” verrebbe a ridurre corrispondentemente le risorse per quelle essenziali.

In estrema sintesi, allora, l’introduzione di un tale progetto di ricerca con l’assunzione a carico del bilancio regionale di oneri sanitari aggiuntivi rispetto a quelli obbligatori contrasta con non pochi aspetti.

Primi fra tutti, con l’art. 117, co. 3, della Costituzione, nella materia “coordinamento della finanza pubblica”, con riferimento agli impegni di rientro dal disavanzo sanitario assunti dalla Regione per il contenimento della spesa pubblica e al divieto di spese non obbligatorie (ai sensi dell’art. 1, co. 174, della legge n. 311 del 2004) e poi con l’articolo 81, co. 3, della Costituzione sotto il profilo della congruità della copertura della spesa necessaria, posto che un impiego di risorse per prestazioni non essenziali verrebbe a ridurre corrispondentemente le risorse per quelle essenziali.

Fin qui l’impostazione giuridica generale della vicenda.

Nello specifico fattuale è dato registrarsi che, nelle more del giudizio pendente dinnanzi alla Corte costituzionale, la Regione Puglia abbia sostituito l’incriminato art. 5 che gli aveva dato inizio, con l’art. 9 recante proprio tale modifica mediante assestamento e variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2023 e pluriennale 2023-2025, in vigore dal 30 novembre 2023, con la seguente formulazione: “1. Alle spese derivanti dalla presente legge regionale si provvede mediante l’assegnazione, nel bilancio autonomo regionale, nell’ambito della missione 13, programma 7, titolo 1, di una dotazione finanziaria per l’esercizio finanziario 2023, in termini di competenza e cassa, di euro 198 mila e, per l’esercizio finanziario 2024, in termini di competenza, di euro 198 mila”.

Così facendo il progetto della missione “tutela della salute” del bilancio regionale transitava da “missione 13, programma 7, titolo 1,” con individuazione del finanziamento a carico della “missione 12, programma 2, titolo 1” del bilancio medesimo.

Conseguentemente, la ricorrente Presidenza del Consiglio ha rinunciato al ricorso – e la Regione ha conseguentemente accettato – avendo ritenuto che l’intervenuta novella normativa ben consentiva di ritenere superate le censure di illegittimità afferenti alla norma finanziaria oggetto dell’impugnativa anche a fronte dell’attestazione della Regione Puglia che la norma impugnata non aveva avuto medio tempore applicazione alcuna. Da qui l’estinzione del giudizio che, se non ha, come in effetti non le ha, conseguenze pratiche con specifico riferimento al caso in esame, purtuttavia, è di essenziale importanza per consentire che altre Regioni che versano nelle medesime situazioni ne traggano insegnamento per gestire al meglio le sempre più ridotte risorse erariali destinate alla sanità pubblica.

Fernanda Fraioli

Presidente di Sezione della Corte dei Conti
Procuratore regionale per il Piemonte



11 novembre 2024
© Riproduzione riservata

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