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Epidemie. Studio UniTrento: lo status sociale ha un ruolo determinante sulla diffusione dei virus

Prima le variabili considerate per lo studio della trasmissione dei virus erano essenzialmente l’età e il luogo, a cui si aggiungono ora le caratteristiche socioeconomiche quali reddito, grado di istruzione, l’etnia e l’occupazione. Tizzoni: “Con questo nuovo modello le stime sull’andamento della malattia sono più precise ed emergono disparità cruciali tra diversi gruppi sociali. Elementi che non possono essere trascurati”. LO STUDIO 

08 NOV - È stato pubblicato lo studio sulla rivista Science, che mostra come le caratteristiche socioeconomiche delle persone possano influenzare le previsioni sui contagi in generale. UniTrento, ha contribuito allo studio con il ricercatore Michele Tizzoni del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale.

Il team di ricercatori ha realizzato un nuovo modello epidemico mettendo accanto ai tradizionali fattori di cui si tiene conto nella propagazione dei contagi come l’età e il luogo di interazione, anche le variabili socioeconomiche quali il reddito, il grado di istruzione, l’etnia, l’occupazione.

La convinzione dei ricercatori – si legge nello studio - è che questi fattori svolgono un ruolo significativo nel modo in cui le persone interagiscono e rispondono alle misure di salute pubblica. Includendo questo nuovo modello, secondo gli autori, si possono creare modelli più realistici che riflettono meglio i risultati delle epidemie nel mondo reale.

Michele Tizzoni, riporta l’esperienza appena passata del periodo Covid. “Durante la pandemia da covid – spiega Tizzoni – abbiamo scoperto che in diversi paesi nel mondo la capacità di aderire alle misure di lockdown è stata diversa a seconda del reddito delle persone. Chi era più benestante ha avuto la possibilità di aderire alle misure restrittive più facilmente, perché poteva permetterselo. C’erano invece altre persone con un livello di reddito più basso che non potevano permettersi di restare a casa e non lavorare. Ci sono state disuguaglianze enormi”.

“I risultati mostrano come l'inclusione degli indicatori socioeconomici forniscano stime più puntuali dell’andamento della malattia e riveli disparità cruciali tra diversi gruppi sociali. I ricercatori hanno dimostrato come il modello potrebbe quantificare le variazioni nell'aderenza agli interventi di protezione non farmaceutici, come il distanziamento sociale e l'uso della mascherina nei diversi gruppi sociali. È stato pure scoperto che trascurare questi fattori nei modelli non solo altera la diffusione delle malattie, ma oscura anche l'efficacia delle misure di sanità pubblica. L’impatto che questo studio potrebbe avere in futuro è chiaro. Potremmo, definire quali sono i gruppi sociali più a rischio e identificare politiche sanitarie di intervento e di prevenzione mirate”. Conclude Tizzoni

Endrius Salvalaggio

08 novembre 2024
© Riproduzione riservata

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