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XX Congresso nazionale CARD. Volpe: “Evitiamo una riforma territoriale monca, solo con i Distretti forti si garantisce uniformità dell’assistenza e rispetto dei LEA distrettuali”

Il Distretto “deve e dovrà sempre più configurarsi quale struttura operativa complessa con un’architettura organizzativa almeno pari a quella di Dipartimento” per evitare che tutti nuovi tasselli del mosaico territoriale, le Case della Comunità in primis, crescano in modo isolato e frammentato. Servono “Distretti delle Comunità”. Così presidente della CARD aprendo la tre guirni di lavoro a Trento

13 OTT -

I Distretti sono sicuramente usciti dal cono d’ombra, sono infatti ben rappresentati nel DM 77, le sue funzioni di integrazione, produzione, committenza sono state riconosciute così come sono stati definiti i criteri di riferimento per le sue dimensioni e il numero di abitanti a cui prestare assistenza. 
Ma per avere il pieno riconoscimento del loro ruolo di “registi” nella grande riforma dell’assistenza territoriale, manca ancora un quadro certo che consenta ai Distretti di percorrere l’ultimo miglio, ossia ricevere mandati chiari, forti, inequivoci per agire come garanti di uniformità e qualità sull’intero territorio nazionale.

Va subito dritto al punto Gennaro Volpe, presidente della Confederazione Associazioni Regionali di Distretto (CARD) aprendo la tre giorni di lavori, dal 13 al 15 ottobre a Trento, del XX Congresso nazionale dal titolo “Il Distretto e (è) la salute di comunità nella cura, con appropriatezza e continuità”.
Riconfermato questa mattina nel suo ruolo di timoniere della CARD per il prossimo triennio, sottolinea come nonostante negli ultimi anni tanto sia stato fatto, “non è ancora abbastanza e molto resta da fare”.


I Distretti devono fare in conti non solo con una riforma che rischia di apparire monca, ma anche con la mancanza di risorse umane adeguate (peraltro problema comune a tutti i settori, da sempre, del Ssn) e con un personale sempre più stanco e demotivato, al quale va restituita “la gioia” del proprio lavoro, oltre che con risorse economiche che, alla luce della crisi che sta investendo l’Europa, appaiono sempre più risicate: il Pnrr porta risorse per gli investimenti, ma non per le spese correnti.

Ecco perché c’è ancora tanto da fare. La sfida futura, sottolinea con forza Volpe, è quella di gettare basi solide per un Distretto che “deve e dovrà sempre più configurarsi quale struttura operativa complessa, ben articolata al suo interno in strutture complesse e semplici, con un’architettura organizzativa almeno pari a quella di Dipartimento”. Per questo servono leggi, regolamenti più incisivi e chiari di quelli oggi a disposizione anche nel recente Dm77.

Un Distretto al quale affidare, appunto, la regia della presa in carico dei cittadini sul territorio: “Quando si illustrano le Case della Comunità, hub e spoke, l’insieme dei tanti professionisti, quindi i nuovi tasselli del mosaico territoriale – ha osservato il presidente CARD – è necessario assicurarne anche una forte Governance, per evitare che nascano in modo isolato e sparso, generando solo isole frammentate. Occorre quindi il loro raccordo, il coordinamento, capire chi poi, oltre a farle ben funzionare singolarmente, deve assicurare la connessione ed i collegamenti intelligenti tra le tante parti del sistema”.

E chi può assumersi questa responsabilità se non il Distretto? Di certo, per Volpe, non la Centrale operativa territoriale: “Dovrà occuparsi di creare continuità di cura ed assistenza, pronto accesso e follow up delle persone, che saranno migliaia in ogni distretto. Mai potrà fungere anche da regia di servizi. Questa spetta ad una struttura operativa sovraordinata, che nasce e cresce per integrare forze, energie, risorse, persone, istituzioni. Questa è la core activity dei Distretti. Tuttavia l’Allegato 2 del Dm 77, che rende tutti i contenuti e gli standard obbligatori per tutte le Regioni in quanto LEA, non include un modello LEA di Distretto, che eviterebbe invece le variegate interpretazioni regionali o aziendali”.

Insomma, la riforma dell’assistenza territoriale corre il rischio di arenarsi nelle secche della frammentarietà, senza l’opportunità obbligatoria di costituire un insieme unitario, nella cornice complessiva del Distretto.

Volpe guarda quindi al Distretto come un’orchestra con eccellenti solisti, capaci di far musica insieme, coordinati da un direttore di orchestra, ossia il Direttore di distretto, figura sulla quale la CARD insiste da tempo, capace di essere motore di integrazione, con preparazione scientifica adeguata, in grado di garantire multidisciplinarità, e soprattutto con una preparazione umana-relazionale che deve essere acquisita anche con un’esperienza di lavoro pluriennale sul territorio. “Abbiamo bisogno di ‘bravi’ Direttori di Distretto – ha detto Volpe – e CARD si è già adoperata e aumenterà gli impegni per creare le occasioni di formazione e preparazione”. 

Altro tema che investe direttamente i Distretti è quello della “Comunità” spesso citato dal Dm77.   Un tema particolarmente apprezzato da CARD: “Ma si poteva, posto che davvero si voglia valorizzarla, iniziare a creare i Distretti di Comunità, con lo scopo che le Comunità dei territori distrettuali (comunità sempre al plurale, si badi) possano indentificarsi con il proprio Distretto, sentire di appartenervi e di partecipare al suo sviluppo, di contribuire con le risorse informali a costruire sistemi di salute.  Per questo abbiamo voluto quel titolo del nostro Congresso: Il Distretto è la Comunità. E come prossimo obiettivo punteremo a che si diffonda l’idea e la pratica di distretto di comunità”.

Bisogna fare i conti poi con le risorse: “Il Pnrr ci sembrava una panacea. La crisi ha cambiato anche questa certezza – prosegue Volpe – dobbiamo essere consapevoli che i fondi stanziati per gli investimenti in edilizia e tecnologie non bastano più. I rincari di almeno il 20-30% rendono inconsistenti molti programmi, tutti da rivedere al ribasso. I progetti dovranno essere o ristretti oppure trovate nuove forme di finanziamento per mantenerli, ad oggi di improbabile facile reperimento. Di più, i costi di gestione di queste eventuali nuove strutture (uno per tutti: le spese per l’energia) renderanno impossibile la loro programmata attività e saranno quindi o non aperte oppure aperte e poi subito chiuse”.

Volpe tocca poi il tema caldo del rapporto di lavoro dei Mmg, figura cardine delle cure primarie: “Il mondo della medicina di famiglia, mi piace chiamarla così, anche se so che non è rigorosamente e forse politicamente corretto, non è ancora unanimemente consapevole che il suo futuro sta solamente nell’azione in team, all’interno di organizzazioni complesse, indirizzate ad una continuità di copertura oraria e di capacità di presa in carico che nega la possibilità sia risolta senza un lavoro in aggregazioni, in equipe”.  CARD, aggiunge, continuerà a sostenere che “Mmg e Distretto sono binomio perfetto”, ma occorre creare una vera integrazione lontana da “stili burocratico-gerarchici”, per arrivare ad un’organizzazione di servizio unitario. 

CARD, ha poi aggiunto Volpe, si sente estranea al dilemma rapporto convenzionato o rapporto a dipendenza per i Mmg: “Pensiamo che non sia il tipo di rapporto di lavoro a migliorare o peggiorare il servizio che può, deve fare la medicina generale. Serve invece darle mandati chiari, obiettivi precisi, misurabili, darne reali connotati di servizi di cure primarie, cui spetta il riconoscimento di competenza specialistica. Anche qui dobbiamo guardare all’insieme delle cose, e quindi cogliere i difetti certi, protratti, che la parte pubblica ha portato per anni ai tavoli degli accordi nazionali”.

E quindi lancia il suo assist: “Vorremmo dare il nostro contributo facendoci rappresentanti delle istanze che arrivano dal territorio e approdare così ad un nuovo accordo condiviso con i MMG, pienamente ed attivamente convergente, che sia davvero rispettoso delle esigenze dei pazienti, non solo teso a salvaguardare prerogative professionali”.

Non manca nella lunga relazione del presidente un passaggio sul dibattito sanità pubblica o privata: “Siamo orgogliosi di poter affermare che il Distretto è l’unica struttura che è nata e cresce per rimanere di natura esclusivamente pubblica. O almeno per ora non intravvediamo possibilità che nasca un distretto privato. Noi rispondiamo sempre in base a principi e sviluppi di sanità pubblica. Lo abbiamo detto nel nostro intervento su Quotidiano Sanità, in cui rivendicavamo che è bene si espanda l’Adi, ma solo se resta in mano al pubblico. 

Al privato – prosegue – vanno affidate, se del caso, solamente gli interventi prestazionali. Non tanto nella gestione, ma nel governo. Valga sempre, se ‘la casa è il primo luogo di cura’, da cui l’equazione casa=Adi=Distretto, che la home care diventi la prima espressione dell’assistenza territoriale, sinonimo di ‘capacità di prendersi cura, prendere in carico nella prossimità’.  Realizzare un’ADI che è integrante non solo “Integrata”, perché crea integrazione verticale, orizzontale, il raccordo ospedale-territorio, continuità nella proattività”.

Nella sua relazione Volpe dedica poi spazio alle risorse umane: “Se è vero che in Italia mancano 65mila infermieri e 10mila medici è giusto conoscere quanti devono andare in capo all’ospedale e quanti al territorio. E ricordare che la nuova organizzazione del territorio esige risorse umane adeguate, ben retribuite. Il sistema distrettuale deve essere attrattivo dei migliori, non “deposito” degli inefficienti dell’ospedale. Deve essere chiaro che organizzare servizi e strutture territoriali attive 24 h die 365 gg /anno non può accettare personale di quantità insufficiente e qualità marginale”. 

 E per rispondere ai segnali di preoccupanti tendenze alla demotivazione, alla stanchezza del personale, Volpe lancia un invito agli oltre 350 partecipanti al Congresso: “Aiutateci a far divenir CARD lo strumento per mantenere o riprendere slancio, e per fortuna quest’anno il successo di questa Convegno nella sua partecipazione e nei contributi pervenuti da tutti voi lasciano ben sperare. Dobbiamo condividere di più le buone pratiche, approfondire lo spirito critico, diffondere luci e attenuare le ombre”. 

Il presidente chiude, riaffermando con forza che “solamente il Distretto Vero, Forte, non ‘fluido’ o virtuale potrà essere il primo attore e protagonista della attesa riforma dell’assistenza territoriale. Come si dice ‘there is no alternative’. Un Distretto che pone al primo posto l’attenzione alle persone assistite e a chi le assiste. Solo questa duplice, costante attenzione ci permetterà di avere una sanità ‘person and community centred’”.

Quale sarà quindi Il lavoro di CARD nei prossimi anni? Tutelare di più i cittadini attraverso la tutela della dignità del lavoro dei suoi operatori: “Sono convinto – ha chiosato – che senza il Distretto nel nostro Paese la Sanità e la Salute Pubblica non potranno superare questa fase postepidemica ed essere pronti ad entrare in una nuova era di sanità pubblica che non lascia indietro nessuno, resta vicino a tutti, in cui ciascuno di noi potrà sentirsi protetto e proiettato in un futuro meno temibile”.

Ester Maragò

 



13 ottobre 2022
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