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Ricoveri facili per il Covid in Piemonte? Anaao: “Cure territoriali falcidiate, ma è più facile prendersela con i medici”

Qualcuno, in Regione, avrebbe sollevato il sospetto che i medici ricoverino con troppa facilità i pazienti covid. Ma la sindacalista rispedisce le accuse al mittente: “Se ricoveriamo e tanto è perché ce ne è bisogno e la gestione domiciliare dei pazienti Covid non funziona. Sia all’atto della diagnosi di malattia che, soprattutto, all’atto delle dimissioni dall’ospedale”. E la questione, per l'Anaao, non riguarda i medici, ma il fatto che “le cure territoriali sono da sempre gravemente carenti e nell’ultimo anno sono state falcidiate”. IL DOCUMENTO ANAAO

09 APR - “Non è il caso di fare grandi indagini: se ricoveriamo i pazienti” Covid, in Piemonte, “è perché i pazienti ne hanno necessità. Cliniche, sempre, a volte intrecciate con quelle sociali”. Ma il fulcro del problema è “la gestione domiciliare dei pazienti Covid. Non funziona. Nonostante proclami e finanziamenti. Sia all’atto della diagnosi di malattia che, soprattutto, all’atto delle dimissioni dall’ospedale”. Così la segretaria regionale dell’Anaao Assomed, Chiara Rivetti, risponde, con una lunga nota, alle accuse rivolte ai medici di ricoverare anche chi non necessita di cure ospedaliere.

“Continuano - riferisce Rivetti - le affermazioni offensive dell’Assessorato, e di tutte le sue ramificazioni, verso la categoria dei medici ospedalieri, che da un anno gestisce l’ondata pandemica: una settimana fa, se non fosse stato per le raccomandazioni del D.I.R.M.E.I., saremmo partiti tutti per la merenda nei campi. Ora invece si sostiene che ricoveriamo in modo inappropriato (in gergo non propriamente sanitario “Regole di ingaggio un po’ lasche”)”.

In Piemonte, secondo i dati Agenas, è ospedalizzato il 13.6% dei positivi al Covid, più del doppio della media italiana, "peggio di noi solo la Provincia Autonoma di Bolzano”.

Ma “l’elevata ospedalizzazione non può essere colpa dei medici perché nel 2019 il Piemonte aveva un tasso di ospedalizzazione/1000 abitanti sotto la media italiana (dati Rapporto Ministeriale SDO 2019). I medici sono sempre quelli, le regola d’ingaggio anche”, fa notare Rivetti, presentando un documento con i dati.

Il maggior numero di ricoveri, ovviamente, è legato al Covid. Ma anche in questo caso, evidenzia Rivetti, non si tratta certo di ricoveri inutili. “Azzardiamo anche ad escludere la presenza di una variante piemontese più aggressiva, perché se consideriamo il rapporto tra i pazienti ospedalizzati e quelli in Rianimazione, il Piemonte ha una percentuale molto bassa di pazienti ricoverati in Intensiva, maggiore solo a Calabria e Basilicata”.

Certamente, osserva il segretario regionale Anaao Piemonte, “pesa l’età media più alta in Piemonte che altrove”.

Ma il fulcro della questione, evidenzia, “è la gestione domiciliare dei pazienti Covid. Non funziona. Nonostante proclami e finanziamenti”.

Rivetti riferisce, quindi, che “la maggior parte dei pazienti a domicilio, anche terminale, ha difficoltà ad avere l’ossigeno, non può fare terapie infusionali palliative, e quindi trova in ospedale le risposte ai suoi bisogni, anche se sono di palliazione”.
 
Ci sono poi i ricoveri cosiddetti “sociali”, “cioè pazienti con problematiche cliniche relativamente modeste ma con impossibilità ad essere gestite a domicilio”, che però “non sono” ricoveri “inappropriati. Sono l’unica risposta ad un bisogno di salute e di assistenza, che non si trova altrove”, mette in chiaro Rivetti.
 
C’è poi la questione delle dimissioni: “Più spesso i pazienti rimangono ricoverati a lungo, perché è complesso dimetterli. Sono pazienti fragili, che richiederebbero cure intermedie, per recuperare autonomia. Alcuni sono ancora positivi, altri si positivizzano all’atto delle dimissioni”.
 
Per Rivetti, dunque, il dito non va puntato contro i medici ma contro il sistema: “Le cure territoriali sono da sempre gravemente carenti ma nell’ultimo anno sono state falcidiate: le Asl del Piemonte hanno chiuso l’anno 2020 con un taglio di quasi 50 milioni di euro sulla spesa storica destinata alle quote sanitarie per la residenzialità dei malati non autosufficienti. In compenso vengono dati 30 milioni di euro come sussidi economici alle RSA, soldi che dovevano essere destinati per le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie dei pazienti”.

“Quindi - conclude Rivetti -: chiediamo analisi puntuali, confronto trasparente con l’organizzazione delle altre regioni, un franco “mea culpa”, che non arriverà mai. Ma è più semplice avviare indagini sulle colpe dei medici, che si divertono a ricoverare in barella sui pianerottoli”.

09 aprile 2021
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