Ipasvi Torino scrive a Saitta, Botti e Baccon: “LA Regione onori gli impegni presi”
Il riferimento è, tra le altre cose, al rafforzamento delle attività delle commissioni di vigilanza e all’attivazione dell’Osservatorio delle professioni sanitarie. Nella lettera si elencano anche le segnalazioni di irregolarità ricevute dai Collegi del Piemonte: 9 contrattuali, 6 di esercizio abusivo della professione e 8 su criticità organizzative. LA LETTERA
23 NOV - “Chiediamo che la Regione Piemonte onori l’impegno preso a
gennaio di quest’anno, rafforzando il prima possibile l’attività delle commissioni di vigilanza e attivando quanto prima l’Osservatorio delle professioni sanitarie”. È la richiesta della presidente del Collegio Ipasvi di Torino,
Maria Adele Schirru, contenuta in una lettera inviata all'assessore alla sanità
Antonio Saitta, a
Renato Botti e
Claudio Baccon della direzione regionale Sanità. Schirru, come coordinamento dei Collegi Ipasvi del Piemonte ha anche incontrato su questi argomenti la Regione
a fine luglio, occasione in cui i rappresentanti istituzionali della sanità piemontese hanno ribadito la promessa “a oggi ancora disattesa”, sottolinea.
Commissione di vigilanza e Osservatorio sono stati chiesti dall’Ipasvi dopo le criticità emerse in una
struttura residenziale del torinese in cui gli inferimeri venivano “inquadrati come ‘operai’, impiegati di giorno come infermieri e di notte come addetti alle pulizie con una controparte economica ‘irrispettosa del valore della professione infermieristica e della valenza che la stessa ha nei confronti delle persone che vengono assistite quotidianamente’”, si legge nella lettera.
Ma i problemi non sono solo quelli e Schirru ha sottolineato nella lettera le segnalazioni di irregolarità ricevute dai Collegi del Piemonte: 9 contrattuali, 6 di esercizio abusivo della professione e 8 su criticità organizzative.
“Le irregolarità contrattuali – spiega l’Ipasvi Torino - vanno da infermieri assunti con contratti in ‘apprendistato’ a infermieri con collaborazioni libero professionali ‘a disposizione e dietro le direttive del Direttore Sanitario’, cui vengono assegnati e attribuiti i turni mensili e con la facoltà di effettuare ‘prestazioni indirette’, seguendo quanto stabilito dal piano di lavoro che di fatto è un mansionario, da infermieri con inquadramenti contrattuali non conformi alla qualifica professionale e compensi lesivi della loro dignità a infermieri con collaborazioni professionali ‘a chiamata’ con inquadramento nel settore commercio che non indica alcun limite di impegno orario né il compenso da corrispondere.”
L’esercizio abusivo della professione riguarda persone che senza possedere i requisiti di legge (titolo abilitante e iscrizione all’albo) esercitavano la professione infermieristica “mettendo in serio pericolo le persone che, ignare di tutto, usufruivano della loro attività”, evidenzia l’Ipasvi.
Le criticità organizzative invece, come sottolinea la lettera, sono quelle che “rischiano di compromettere in modo serio la sicurezza delle persone assistite e degli stessi professionisti per l’impossibilità di mantenere adeguati livelli di qualità assistenziale. La colpa è soprattutto del ridotto numero di operatori presenti nelle strutture (RSA in cui, a fronte di 120 ospiti suddivisi su 6 nuclei, di notte sono presenti 4 operatori sociosanitari e 1 infermiere su cui gravano anche compiti di natura logistico-organizzativa non rientranti nel profilo professionale dello stesso)”.
“Il quadro che emerge – sottolinea Schirru - è preoccupante: da un lato abbiamo professionisti infermieri che vedono lesa la propria identità e integrità professionale e non riescono a esprimere le proprie competenze e il proprio potenziale per inquadramenti contrattuali inappropriati e direttive organizzative riconducibili a veri e propri mansionari che li riducono a un ruolo esecutivo e di ‘distributori di pastiglie’; dall'altro abbiamo il diritto alla salute e alla sicurezza delle cure da garantire alle persone e che viene disatteso, compromettendo la loro qualità di vita per la difficoltà a garantire un’assistenza in grado di evitare situazioni gravi e incidenti come le cadute (in una struttura piemontese sono state segnalate 10 cadute in un arco temporale di soli 37 giorni) o l’uso inappropriato della contenzione”.
“La necessità della nostra richiesta – conclude Schirru nella lettera - è sostenuta da questi numeri allarmanti e sottostimati per una difficoltà oggettiva determinata dal timore di ripercussioni che impediscono spesso le segnalazioni”.
23 novembre 2017
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