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Circoncisione. Omceo Torino: “Motivi religiosi non possono mai sovrastare la coscienza del medico”

La posizione dell’Omceo di Torino dopo il caso del bimbo di 1 mese morto per infezione dopo una circoncisione rituale effettuata in casa. “E’ un intervento che richiede una attenta valutazione delle condizioni del soggetto e continuità assistenziale”. In ogni caso, la circoncisione rituale non si effettua per tutelare la salute e quindi "non può rientrare tra le prestazioni a carico del Ssn".

08 GIU - Dopo il decesso, a Torino, di un bimbo colpito da una infezione provocata da una circoncisione “casalinga” per motivi religiosi, l’Ordine dei Medici di Torino ha deciso di intervenire per ribadire un suo intervento, già del 2006, sulla “liceità di sottoporre a circoncisione radicale chirurgica pazienti per soli motivi religiosi e di costume senza indicazione clinica”.

“Il 25 settembre del 1998 – spiega l’Omceo di Torino in una nota - il Comitato Nazionale per la bioetica si esprime con un parere in cui viene anche affrontata la questione della circoncisione rituale maschile ritenuta compatibile con il vigente ordinamento giuridico. La pratica quindi ricondotta ad un atto di devozione e di culto trova garanzie costituzionali nell’art. 19 della Costituzione sulla libertà di culto. Il parere del Comitato esclude che la circoncisione leda il diritto alla tutela dei minori o della loro salute. Sul profilo deontologico invece si specifica che un atto che comporta comunque una menomazione seppur lieve della integrità corporea del minore, la cui volontà è totalmente assorbita da quella dei genitori che esercitano su di lui la patria potestà, suscita interrogativi specie sul principio di beneficialità che presiede qualsiasi intervento medico chirurgico”.

Dunque, per l’Omceo di Torino, “la circoncisione rituale può essere ammessa sul piano giuridico ordinamentale e religioso ma l’invasività corporea non è sorretta da alcuna beneficialità in senso proprio. D’altra parte la coscienza medica deve tenere conto di una realtà che cambia, in senso multietnico, religioso e culturale, e non può abdicare ad atti propri confinando le nuove realtà fuori dal suo intervento e dal suo pronunciamento”.

E in ogni caso “la circoncisione, anche quella rituale, non può prescindere da una attenta valutazione delle condizioni del soggetto da circoncidere e non può essere disgiunta dalla necessità di continuità assistenziale da garantire dopo l’intervento. L’esigenza della tutela della salute, diritto primario garantito dall’ordinamento costituzionale, impone che questa pratica sia eseguita da un medico che dovrà valutare le condizioni del soggetto e la corretta esecuzione dell’intervento, nel rispetto dei principi etici, deontologici e di buona pratica clinica. Tra questi principi rientra la libertà di coscienza che non può essere sacrificata alla coscienza religiosa, quando i valori in campo sono di uguale rilievo, e in uno Stato che ha accolto il principio della laicità.”

La circoncisione quindi non è un atto contrario alla deontologia “ma non può mai sovrastare la coscienza soggettiva del medico al quale deve essere garantito il principio generale giuridico e deontologico del diritto di obiezione di coscienza”, ribadisce l’Omceo di Torino precisando, infine, che “l’intervento non assolve alle funzioni di tutela della salute proprie del SSN e non può rientrare tra le prestazioni essenziali, non trovando giustificazioni di carattere etico per essere posto a carico del SSN”.

08 giugno 2016
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