Due farmaci immunoterapici sono meglio di uno, anche per le forme di linfoma più difficili da trattare. Uno studio multicentrico tutto italiano, condotto dalla Fondazione Italiana Linfomi, coordinato dall’Irccs di Candiolo e dall’Ematologia ospedaliera delle Molinette di Torino, ha evidenziato che la combinazione di rituximab, un anticorpo monoclonale ampiamente usato contro le malattie ematologiche, con lenalidomide, un immunomodulante che agisce sia sulle cellule malate che sul microambiente tumorale, rappresenta una valida opzione terapeutica per i pazienti con linfoma follicolare recidivante/refrattario. In particolare, questa coppia di farmaci è in grado di ridurre il rischio di ricomparsa della malattia, dopo una prima o seconda linea di trattamento, più di quanto faccia l’attuale trattamento standard basato sulla sola somministrazione di rituximab.
“Il linfoma follicolare è la seconda forma più comune di linfoma non-Hodgkin – spiega Umberto Vitolo, Responsabile Studi Clinici Ematologici presso l’Istituto di Candiolo Fondazione del Piemonte per l’Oncologia Irccs – questo tumore ematologico, che origina dai linfociti B presenti nei linfonodi, nella milza, nel midollo osseo e in altri organi, progredisce molto lentamente vista la sua natura indolente. I sintomi appaiono in maniera graduale ritardando spesso la diagnosi che arriva, per la maggior parte dei pazienti, quando la malattia è già in uno stadio avanzato”.
Attualmente i pazienti con linfoma follicolare recidivante/refrattario, sottoposti a precedenti linee di trattamento, hanno opzioni terapeutiche limitate. “Per questo è importante la ricerca di nuove opzioni terapeutiche in grado di bloccare e contrastare più efficacemente la progressione della malattia, un obiettivo che al Candiolo riteniamo prioritario”, sottolinea Vitolo.
Nello studio sono stati coinvolti 129 pazienti con un’età media di 71 anni, affetti da linfoma follicolare recidivante/refrattario, pretrattati con una o due linee di trattamento. I soggetti, dopo una ulteriore breve chemioimmunoterapia, sono stati divisi in due gruppi: 65 hanno ricevuto come terapia di mantenimento il solo rituximab, gli altri 64 invece hanno ricevuto la combinazione rituximab e lenalidomide. “Abbiamo seguito i pazienti per circa 5 anni, dopo i quali abbiamo osservato un beneficio clinico nei pazienti trattati con la combinazione dei due farmaci – aggiunge Vitolo – in particolare, in questo gruppo di pazienti abbiamo osservato una riduzione della ricomparsa della malattia del 10% rispetto al gruppo di pazienti trattati solo con rituximab”.
Tuttavia, nei pazienti dello studio sopra i 70 anni d’età i ricercatori hanno registrato effetti collaterali non trascurabili, come un maggior rischio di infezioni e disturbi gastrointestinali. “Per questo riteniamo che la somministrazione della combinazione rituximab e lenalidomide vada ben ponderata – conclude Vitolo – stiamo valutando anche l’opportunità di rimodulare il trattamento, prevedendo dosaggi differenti. Inoltre, stiamo considerando e studiando l’utilizzo di nuove e diverse combinazioni di immunoterapici, che comprendono anche i cosiddetti anticorpi bispecifici. Questi ultimi sono anticorpi monoclonali sintetici capaci di indirizzare e supportare le cellule del sistema immunitario contro il tumore e sembrano essere molto promettenti”.