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Quando un Piano sanitario punta più al consenso che alle soluzioni. Il caso Marche

09 DIC - Gentile Direttore,
è in corso di  approvazione  (siamo, come si dice, in dirittura finale) il nuovo Piano Sociosanitario della Regione Marche 2019-2021 (che forse diventerà 2020-2022). I contenuti ed il percorso di questo Piano meritano alcuni commenti perché le vicende in cui si inquadrano possono essere di interesse generale.
 
La attuale Giunta (ormai in scadenza, punto questo degno di attenzione) ha deciso a fine 2018 di mettere mano al Piano forse per dare compiutezza alla azione di governo della sanità intrapresa a metà 2015 quando questa Giunta si è insediata.
 
In questi 5 anni la performance della sanità marchigiana in base ai sistemi di monitoraggio più accreditati è peggiorata nel confronto con le altre Regioni. Con la griglia LEA si è passati dalla  settima posizione del 2015 alla  ottava del 2017 ed alla nona del 2018 (dati ancora provvisori, ma circolati). Questi dati, assieme a quelli 2018 del Sant’Anna e a quelli dell’ultimo Rapporto Meridiana Sanità, documentano  importanti carenze soprattutto nell’area della assistenza territoriale e della prevenzione, quest’ultima fortemente sottofinanziata al pari di quella della salute mentale. Delle difficoltà della assistenza territoriale risentono poi i servizi di pronto soccorso con tempi di attesa davvero tragici in base alla valutazione del Sant’Anna.
 
Dal nuovo Piano ci si sarebbe aspettati dunque quell’insieme di dati, analisi e decisioni capaci di operare un significativo trasferimento di risorse dalla rete ospedaliera troppo dispersa alla rete dei servizi territoriali carente. Oltretutto i criteri di riferimento offerti dal DM 70/15 in termini di classificazione degli ospedali e di dimensionamento dei bacini di utenza delle diverse discipline consentivano già di stimare in almeno tre le unità operative attualmente in eccesso nelle Marche per le discipline di cardiologia con UTIC, Pronto Soccorso con Medicina d’urgenza e Terapia Intensiva. Il che equivale a tre ospedali di primo livello da ridimensionare a ospedali di base.
 
Il Piano invece non fa alcuna analisi dei dati (quelli allegati arrivano al 2017 e non sono finalizzati alla identificazione delle criticità e delle possibili soluzioni) e non prende decisioni che portino al potenziamento della rete dei servizi territoriali (distrettuali e di prevenzione), precondizione per una loro maggiore e migliore operatività visto che il sottofinanziamento è certificato in quest’area da valutazioni ministeriali. In compenso decine di pagine e decine di schede intervento illustrano le attività che questi servizi dovrebbero fare evidentemente in una situazione (nella migliore delle ipotesi) iso-risorse.
 
E sulla rete ospedaliera? Quella che attraverso la sua razionalizzazione dovrebbe consentire il potenziamento del territorio?  Beh su quella il Piano decide che se ne occuperà dopo la sua approvazione. In sostanza decide di …decidere.
 
In realtà il Piano, specie nelle convulse fasi finali, qualche decisione sugli ospedali sembra che l’abbia presa. Ha deciso di ritrasformare in ospedali di area disagiata alcune Case della salute. E per i nuovi ospedali unici che dovevano  vedere la confluenza di 6 stabilimenti in tre nuove strutture la Regione si sta orientando ad avere accanto ad ogni nuovo ospedale (di primo livello)  uno più piccolo (un ospedale  di base in pratica).
 
Se poi aggiungiamo che con atti fuori del piano in questi mesi sono state previste due nuove Case di Cura (peraltro al di sotto del numero di posti letto previsti dal DM 70/15) abbiamo un quadro più chiaro sul rischio di ulteriore depotenziamento nelle Marche del territorio. Infatti, se il Piano non fa il riordino degli ospedali e le uniche decisioni che prende sulla rete ospedaliera pubblica e privata sono di un suo potenziamento di fatto ha deciso di non far crescere i servizi domiciliari, quelli nell’area della salute mentale (compresi quelli nell’area della neuropsichiatria infantile) e quelli di prevenzione che erano a priori quelli in maggiore sofferenza.
 
Questa vicenda del nuovo Piano Sociosanitario delle Marche che ho sinteticamente ricostruito pone interrogativi importanti su quali siano le caratteristiche che dovrebbe avere oggi un Piano Sociosanitario e se sia accettabile che la sua predisposizione  possa fare a meno di un sistema informativo sanitario di supporto ai processi decisionali . Sì perché il Piano delle Marche il sistema informativo sanitario non ce l’ha tra le sue premesse, ma tra i suoi obiettivi.
 
Tanto che nella scheda intervento 46 scrive di avere bisogno di una “evoluzione del Sistema Informativo Sanitario Regionale che deve fungere da strumento in grado di integrare la grande mole di informazioni disponibili e supportare, grazie alla analisi avanzata dei dati, le scelte di politica sanitaria e l’evoluzione sostenibile del SSR”. Nel frattempo le scelte non sono state fatte sui dati, ma sulla ricerca di consenso. E una cultura politica vecchia il consenso lo cerca con gli ospedali.
 
Claudio Maffei
Coordinatore scientifico di Chronic-on

09 dicembre 2019
© Riproduzione riservata

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