Dal 29 ottobre la Calabria, nota per assicurare la peggiore sanità italiana, ha un nuovo Presidente di Regione:
Roberto Occhiuto, già capogruppo alla Camera di Forza Italia.
L’hanno eletto i calabresi con una maggioranza gratificante: il 54,46%.
Francamente, l’esercizio del suo prossimo ruolo politico-istituzionale non è affatto da invidiare, per impegno da profondere e per i risultati da conseguire. Troppe le battaglie da affrontare e difficile la guerra da vincere per guadagnare la supremazia sugli eterni gap strutturali e strutturati. In quanto tali, riferiti - rispettivamente – ai beni di godimento sociale e ad organizzazione burocratica, impeditivi sino ad oggi della benché minima crescita, generativa di un progressivo arretramento.
Buono e benaugurante il suo grido di combattimento elettorale “Una Calabria che l’Italia non si aspetta”, che impone un gravoso impegno funzionale al suo rinascimento.
Prima (non) inter pares (ma sempre diseguale)
La sanità sarà il problema più duro da affrontare nelle attuali condizioni di “esproprio” dalla competenze regionali. Tant’è che il neo eletto ha rivendicato la riassunzione in capo a sé del ruolo di commissario ad acta - che avrà sino alla naturale scadenza del mandato del 10 novembre 2022, fissata dal vigente D.L. 150/2020 - salvo la “abrogazione”, del secondo salva-Calabria che, unitamente al primo (D.L. Grillo), ha messo in ginocchio la sanità calabrese azzoppata da 30 anni.
Al di là delle scelte politiche che gli competeranno - da assumere si spera nel chiuso del suo pensatoio senza le solite negoziazioni politiche -, dovrà affrontare e risolvere tantissimi guai “irrisolti” e fronteggiarne di nuovi, primo tra tutti dare anima e corpo alle scelte attuative del PNRR. Un castello sino ad oggi di carta che deve tirare fuori le braccia e le gambe, principalmente nel sistema regionale ma anche in quello locale. Dovrà farlo cominciando da quelle della sanità che finanziano l’assistenza territoriale (M6C1: reti di prossimità, strutture e telemedicina finanziato con euro 7 Mld complessivamente per il Paese) e l’innovazione e digitalizzazione del SSN (M6C2 finanziato con euro 8,63 Mld).
La cassetta degli attrezzi che necessita
A tal uopo, occorreranno tecnici capaci, al di là dei 41 esperti messi a disposizione dal Governo, da contrattualizzare dalla Regione per fine anno, sui 1.000 selezionati dal medesimo attraverso una metodologia alquanto discutibile per assicurare le difficili expertise occorrenti a svolgere un compito sino ad oggi impossibile.
La difficoltà non sarà quella di spendere i soldi ma del come e, soprattutto, dal loro utilizzo cosa sarà garantito concretamente ai calabresi, anche perché da esso dipenderà il concreto godimento delle somme della Next Generation eu.
In ambito sanitario sarà una prova difficilissima, con un territorio arido più che mai di assistenza e con una sete di diritto alla salute che non ha eguali in Europa. Nel riparto della misura M6C1, di tre MLD sui 7 complessivi, sono state previste (da chi, sarebbe utile saperlo): 50 case di comunità, con un budget programmato di euro 75,268 mln, e 15 ospedali di comunità/prossimità, per una spesa 37,634 mln.
L’orografia e la distribuzione demografica suggeriscono
L’impervia Calabria, favorevole ai latitanti che godono dei nascondigli aspromontani tali da giustificare un corpo speciale dei carabinieri denominati “cacciatori”, oltre ad avere 740 Km. di bellissime coste, si caratterizza per 3 catene montane, di bellissima fattura: il Pollino, la Sila e l’Aspromonte. Nelle quale è disseminato il 32% della popolazione calabrese, prevalentemente anziana, spesso non automunita, disservita da trasporti pubblici locali e con una rete viaria piena zeppa di crateri.
Con 404 comuni, ove sono distribuiti 1.947 (2019), in emigrazione demografica continua, con una spesa per mobilità passiva consolidata al di sopra dei 300 mln all’anno, saranno tante le domande che si porrà il nuovo Presidente, prescindendo se nominato nuovo commissario ad acta. La prima, e nell’immediato, sarà quella di come fare a distribuire sanità nelle periferie, utilizzando le risorse del PNRR, che dovranno essere certamente integrate per renderla disponibile ovunque. Troppi i comuni isolati e distanti l’uno dall’altro per accentrarla strutturalmente. Significherebbe lasciare le cose come stanno e in alcuni casi peggiorarle a causa di una illusione fallita.
La ratio nazionale non coincide con le esigenze e i difetti della Calabria
Ciò in quanto le leggi nazionali che circoscrivono i valori demografici e le strutture destinati a generare impianti fissi di presidio territoriale, non sono affatto ispirati ad una tale tipologia geo-orografica, bensì massimamente a quelle che rappresentano la media tra la pianura padana e la pianeggiante Puglia. Di queste caratteristiche, nessuna in Calabria, tranne la piana di Gioia Tauro, in cerca di un ruolo da sempre di protagonista attivo con un ospedale utopico, e quella di Sibari, lasciata così com’è nata anch’essa con un presidio ospedaliero ipotetico.
Poi ci saranno i Distretti sanitari da rivedere, dei quali si parla come se fossero una novità nonostante la loro istituzione intervenuta 44 anni fa. Un bel lavoro, nel quale il Presidente coinvolgerà di certo attivamente i sindaci, cui dovrebbe essere rimesso il ruolo di coordinamento e di risultato nella rilevazione del fabbisogno epidemiologico, gli operatori sanitari (tutti) e le associazioni di qualsivoglia natura, cominciando dal sindacato e dal terzo settore.
Per la rete ospedaliera, è tutta da ridisegnare esaltando le eccellenze e correggendo quelle residue inutilità che rischiano più di uccidere che salvare la vita ai calabresi. Certo che la Calabria dovrà correggere tutti i suoi storici errori di costruire primariati per gli amici, burocratizzare gli operatori sanitari imboscandoli in centri di potere amministrativo, incentivare la nullafacenza e la maleducazione nella ricezione e nel trattamento degli ammalati e delle loro famiglie.
Così facendo, il tempo (a breve) darà ragione alla salute dei calabresi!
Ettore Jorio
Università della Calabria