Molte luci ma anche qualche ombre sulle reti Tempo-dipendenti - cardiologica per l’emergenza, ictus, trauma e neonatologica e dei punti nascita - nelle regioni italiane che procedono a differenti velocità.
Nonostante siano tanti i progressi raggiunti, serve ancora un ulteriore impegno da parte di istituzioni e professionisti per garantire su tutto il territorio nazionale lo sviluppo di reti che possano assicurare al cittadino equità, qualità e sicurezza ed appropriatezza nell’accesso alle cure
È questa in estrema sintesi la diagnosi che emerge dalla
Seconda indagine nazionale sullo stato di attuazione delle Reti Tempo-dipendenti condotta da
Agenas nel periodo compreso tra il 15 settembre 2020 e il 18 gennaio 2021.
Il rapporto, attraverso l’utilizzo di questionari di rilevazione e valutazione per singola rete, ha fornito una cornice metodologica ed informativa sull’implementazione delle Reti tempo-dipendenti in Italia, con una duplice funzione, sia di analisi delle Reti già istituite, sia di supporto metodologico per quelle da istituire e/o integrare.
“Nonostante la pandemia, il Rapporto – ha detto il Presidente di Agenas
Enrico Coscioni – attesta i progressi raggiunti e segnala l’importanza di un ulteriore impegno da parte dei diversi soggetti istituzionali e professionali. Le Reti tempo-dipendenti rappresentano un tassello importante del nostro sistema di cura per questo è ancora più importante il lavoro dell’Agenzia affinché vengano garantiti al cittadino equità, qualità e sicurezza nell’accesso alle cure”.
“Siamo molto soddisfatti per l’importante adesione da parte di tutte le Regioni e le Province Autonome su tutte e quattro le Reti tempo-dipendenti – dichiara il Direttore Generale
Domenico Mantoan – ci tengo a ribadire l’importanza di avere dati sempre a disposizione che possono rappresentare uno stimolo per il processo di miglioramento continuo, in considerazione delle dinamiche di progressiva evoluzione organizzativa delle Reti. L’attività di monitoraggio e valutazione dell’Agenzia si muove nell’ottica di estendere le Reti, in maniera omogenea su tutto il territorio, come prevede anche il riordino e l’aggiornamento del Decreto sugli standard ospedalieri, soprattutto per quanto riguarda la sempre maggiore integrazione tra l’attività ospedaliera per acuti e post acuti, quella territoriale e la valorizzazione del modello hub and spoke”.
La metodologia. Grazie ad una griglia costituita da 41 requisiti (item), distribuiti in 3 aree tematiche. sono stati individuati i requisiti generali di riferimento comuni ad ogni Rete Clinica regionale: requisiti di base (programmazione, governance organizzativo-funzionale, risorse strutturali, personale, tecnologiche ed economiche); meccanismi operativi e processi sociali (ossia presa in carico del paziente, Pdta, dimissioni protette e/o assistite, qualità e sicurezza, formazione, ricerca, verifica e monitoraggio) e infine i requisiti di integrazione tra pazienti, professionisti ed operatori;
I risultati. Requisiti di base. La maggior parte delle Regioni e Pa ha formalizzato la Rete Specialistica, definito la gerarchia decisionale ed operativa della governance regionale rispetto alle articolazioni aziendali, individuato il modello organizzativo con una definizione della rete supportata dal quadro epidemiologico e dall’analisi dei fabbisogni e l’aderenza ai requisiti del Dm n. 70/2015.
Per quanto riguarda la Reti Cardiologica e Ictus, sono state formalizzate con atto regionale in 18 Regioni (è in corso di formalizzazione nelle PA di Bolzano e Trento e in Valle d’Aosta). La Rete Trauma in 17 Regioni/PA (tranne che in Friuli V. G. e parzialmente in Valle d’Aosta) e la Rete Neonatologica e dei punti nascita in 17 Regioni/Pa (tranne che in Friuli V.G. e parzialmente nella PA di Bolzano, Sardegna e Valle d’Aosta).
Dall’analisi dei dati, sottolinea Agenas, emergono margini di miglioramento sul fronte del sistema informativo regionale finalizzato agli aspetti programmatori e di monitoraggio (soprattutto per la Rete Trauma e Neonatologica e dei punti nascita), alla formalizzazione ed attuazione dei protocolli di integrazione operativa e delle modalità di integrazione delle informazioni/comunicazioni di livello regionale e locale tra attività ospedaliere e attività territoriali sanitarie e socio-sanitarie. Si segnala, inoltre la necessità di definire il Piano di Rete che risulta approvato nella metà delle Regioni e Pa: per le Reti Cardiologica, Ictus e Neonatologica e dei punti nascita in 12 Regioni e Pa; per la Rete Trauma in 9 Regioni/Pa.
E ancora, sono da migliorare: la definizione della dotazione organica del personale in coerenza con i parametri e gli standard organizzativi stabiliti a livello nazionale e regionale; l’implementazione dei requisiti di autorizzazione e accreditamento istituzionale previsti dalla normativa nazionale/regionale e la definizione della dotazione tecnologica della Rete.
La maggior parte delle realtà non prevede un finanziamento ad hoc per il funzionamento della Rete.
Requisiti operativi. Per quanto riguarda i meccanismi operativi relativi ai processi assistenziali, nella maggior parte delle Regioni vengono definiti e applicati i criteri per la presa in carico dei pazienti e sono state condivise e attivate le procedure di consultazione multidisciplinare per le principali patologie. Sono pero ancora da migliorare le cure domiciliari e l’individuazione delle condizioni clinico-organizzative che richiedono la presenza di un case manager con funzioni di coordinamento e di facilitazione nel passaggio ai vari setting assistenziali.
I Pdta sono da potenziare per tutte le reti. Nel dettaglio, infatti, l’individuazione dei principali Pdta nei Piani di Rete avviene in 14 Regioni/PA per le Reti Cardiologica e Ictus, in 10 per la Rete Trauma e in 9 per la Rete Neonatologica e dei punti nascita. Emergono margini di miglioramento in merito alla presenza di un Programma di audit interno annuale per la valutazione del grado di applicazione del Pdta. Inoltre la maggior parte delle Regioni non ha previsto la definizione di rapporti inter-regionali e inter-istituzionali per la gestione della mobilità sanitaria.
Nella maggior parte delle Regioni, seppur con margini di miglioramento soprattutto per la Rete Trauma, sono stati definiti i programmi di dimissione protetta e/o assistita, i protocolli condivisi per il trasferimento delle informazioni rilevanti durante i trasferimenti interni alla rete o alle dimissioni in ambiente ospedaliero e territoriale e i Piani di Assistenza Individuali.
Il monitoraggio e la valutazione della qualità e della sicurezza delle prestazioni e dei servizi erogati, e dei meccanismi di integrazione/continuità assistenziale è previsto soprattutto nelle reti cardiologiche, mentre è da potenziare per le altre tre reti.
La maggior parte delle realtà ha poi sviluppato programmi di formazione per gli operatori della rete mentre al contrario è da rafforzare la partecipazione a sistemi di monitoraggio nazionali delle reti, soprattutto per la Rete Trauma, e il coinvolgimento dei professionisti nella valutazione formalizzata e periodica dell’integrazione dei servizi e dei Pdta.
Le Reti Neonatologica e dei punti nascita e Ictus hanno sviluppato un’attività di monitoraggio e di misurazione dei risultati delle attività svolte. Mentre Il monitoraggio della mobilità interregionale è da implementare soprattutto nell’ambito della Rete Ictus.
Integrazione tra pazienti, professionisti ed operatori. Ombre invece sul fronte delle informazioni ai pazienti/utenti/cittadini: solo in poche Regioni viene rispettata questa modalità: in Sardegna per la Rete Cardiologica, nel Lazio, Sardegna, Sicilia, Veneto per la Rete Trauma, nel Lazio, Liguria, Sardegna, Sicilia per la Rete Ictus, e in 6 Regioni (Emilia-Romagna, Lombardia, PA Trento, Sardegna, Toscana e Veneto) per la Rete Neonatologica e dei punti nascita.
Dall’indagine emerge, infine, che circa l’80% delle Regioni/PA ha definito i Piani per la gestione dei pazienti nell’ambito delle reti tempo-dipendenti durante la fase pandemica, e quasi tutte hanno individuato i centri Hub e Spoke specifici (tranne la Valle d’Aosta per le Reti Cardiologica, Ictus e Trauma; il Friuli-Venezia Giulia per la Rete Trauma)