In quest’ultimo anno di pandemia molto si è detto sul disinvestimento nella nostra sanità nell’ultimo decennio. E ora con la pubblicazione del nuovo annuario statistico del Ssn del Ministero della Salute relativo al 2019 (l’anno che ha preceduto la pandemia) è possibile valutare com’è cambiato in un decennio il volto del Servizio sanitario nazionale e in che condizioni è arrivato di fronte al Covid. E così andando a confrontare il medesimo rapporto relativo al 2010 emerge con la limpidezza dei numeri la dieta forzata cui i vari Governi che si sono succediti nello scorso decennio hanno sottoposto il Ssn che in 10 anni si è ritrovato con 173 ospedali in meno, meno personale (oltre 46 mila tra dipendenti e medici convenzionati) e un’assistenza territoriale al palo con solo pochi e insufficienti progressi nell’Assistenza domiciliare integrata.
Iniziamo dagli ospedali. In 10 anni ne sono stati chiusi 173, ben il 15%. Nel 2010 tra pubblici e privati erano 1.165 mentre nel 2019 sono scesi a 992, con un taglio più marcato per quelli pubblici.
In calo anche le strutture per l’assistenza specialistica ambulatoriale: erano 9.635 nel 2010 e sono scese a 8.798 dieci anni dopo. Ancora più marcato il taglio dell’assistenza Territoriale Residenziale che a fronte delle 9.635 strutture presenti nel 2010 ne conta 7.683 nel 2019. In controtendenza invece l’assistenza territoriale semi residenziale che invece vede crescere le strutture: erano 2.644 nel 2010 e sono 3.207 nel 2019. Stesso dicasi per la Riabilitativa che da 971 strutture è passata 1.141. Stabili invece i numeri per l’altra assistenza territoriale.
Ma ciò che più fa effetto è che i tagli hanno riguardato il settore pubblico che nel 2019 annovera il 41,3% delle strutture totali contro il 46,4% di 10 anni prima.
Meno ospedali quindi ma anche meno posti letto: in 10 anni tra pubblico e privato sono stati tagliati 43.471 letti tra degenze ordinarie, day hospital e day surgery. In discesa anche il numero dei Consultori: ne sono stati chiusi 1 su 10 (erano 2.550 nel 2010 contro i 2.277 del 2019). Sono cresciuti invece i Centri di Salute mentale (erano 1.464 dieci anni e fa sono diventati 1.671 nel 2019).
Ma l’emorragia del Ssn pubblico non è solo strutturale. Altra nota dolente è il personale sanitario: in 10 anni si registrano 42.380 unità in meno (-6,5%). Nello specifico 5.132 medici in meno (erano 107.448 nel 2010 e nel 2019 sono scesi a 102.316) e 7.374 infermieri in meno (erano 263.803 nel 2010 e nel 2019 sono scesi a 256.429).
Meno dipendenti pubblici ma anche meno medici convenzionati. I medici di famiglia dai 45.878 che erano nel 2010 sono diventati 42.428 nel 2019 (-3.450). In calo anche i pediatri (-310 in 10 anni per un totale nel 2019 di 7.408 unità). In frenata anche i medici di continuità assistenziale (ex guardia medica) che dai 12.104 che erano nel 2010 sono diventati 11.512 nel 2019 (-592).
Come abbiamo visto gli anni ’10 del nuovo secolo hanno cambiato il volto del nostro Servizio sanitario che è sempre meno pubblico, ha meno strutture ospedaliere e personale a cui non è seguito un potenziamento adeguato del territorio sia in termini di uomini e donne che di servizi. Unico dato parzialmente in controtendenza è l’Assistenza domiciliare integrata (Adi): nel 2019 sono stati assistiti 1.047.223 pazienti contro i 597.151 anche se le ore erogate per paziente sono passate dalle 22 del 2010 alle appena 18 del 2019. E in ogni caso il numero di assistiti è ancora molto inferiore a quello registrato nei principali Paesi dell’Ue, motivo per il quale anche nell’ultimo Pnrr è stato predisposto un finanziamento ad hoc per il potenziamento dell’Adi.
Luciano Fassari