«Il principio di continuità del bilancio è una specificazione del più ampio principio dell’equilibrio tendenziale contenuto nell’art. 81 cost., in quanto “collega gli esercizi sopravvenienti nel tempo in modo ordinato e concatenato” (su tutte, sentenza n. 181 del 2015 ), consentendo di inquadrare in modo strutturale e pluriennale la stabilità dei bilanci preventivi e successivi».
E’ la regola generale affermata, in più occasioni dalla Corte costituzionale sulla inderogabilità assoluta della continuità di bilancio pubblico per il suo riconosciuto effetto protesico di quell’equilibrio economico introdotto nella Costituzione nel 2012.
Dalle cose che si sentono in giro – assumendo ad esempio gli adempimenti prescritti dal decreto Calabria 2 (DL 150/2020) – per perfezionare un bilancio di un esercizio appena trascorso (nel caso di specie 2020, cui sono tenuti gli appena nominati nuovi manager calabresi) occorrerebbe prima chiudere ovvero rielaborare quelli precedenti, se non formalmente condivisi a suo tempo dalla governance commissariale.
Niente di vero.
Neppure nel caso in cui, così come accaduto - per esempio - all’Asp di Cosenza, i bilanci relativi agli anni pregressi sono stati ritenuti dalla magistratura penale verosimilmente falsi. Un provvedimento severo, che ha visto coinvolti dirigenti aziendali e regionali nonché due trascorsi commissari ad acta, a tal punto da imporre provvedimenti interdittivi delle funzioni pubbliche a tutta la dirigenza coinvolta a più livelli.
Neppure com’è, altresì, nell’arcinota Asp di Reggio Calabria, «scoperta» (!) senza bilanci perfezionati secondo norma per anni, con un debito verso fornitori indecifrabile e, quindi, in attesa «di autore», sia dell’evidenziazione dei creditori sine titulo che dei pagamenti indebitamente intervenuti, con i responsabili di malagestio al seguito.
Simili accaduti - ma anche situazioni analoghe ovverosia in quelle ovunque caratterizzate da bilanci trascorsi riconosciuti successivamente quantomeno «impropri» - richiederebbero l’esatto contrario.
Ciò nel senso di lasciare così come sono i bilanci afferenti ai precedenti esercizi, indipendentemente se condivisi dalle autorità regionali/commissariali ex art. 120, comma 2, Cost. tenute ai controlli di merito e, dunque, suscettibili delle sanzioni ai relativi responsabili, salvo appostare in quello contemporaneo le componenti straordinarie (sopravvenienze e insussistenze, sia passive che attive) correttive dei saldi dei mastri non rispettosi all’epoca dei principi di veridicità, certezza e correttezza. Il tutto, con ovvia ricaduta sulla determinazione del risultato del coincidente conto economico.
Quanto alle notizie, oramai in diffusa circolazione, riguardanti la precarietà contabile delle aziende sanitarie calabresi, relazionate alla ineludibile necessità di ricostruire, ora per allora, i bilanci di esercizi passati, è da ritenersi una siffatta pretesa inaccettabile. Ciò in quanto un tale avventato proposito violerebbe le norme generali poste a tutela dell’ordinamento contabile.
Così come, peraltro, più volte ribadito dalla Corte costituzionale in tema di divieto di intervento a correttivo dei bilanci inerenti esercizi scaduti comunque venuti ad esistenza e rappresentativi di saldi non confermativi dei principi di diritto e di buona tecnica contabile, in quanto tali soggetti ad essere riportati a corretta realtà giuridico-contabile attraverso l’appostazione di componenti straordinarie nel bilancio attuale.
Insomma ciascuno risponde del suo, con la conseguenza che tocca (nel caso di specie) alla governance attuale riparare, attraverso la corretta applicazione dell’anzidetta regola «ricostruttiva», alle macroscopiche irregolarità del passato. Riportando così lo stato patrimoniale consolidato della salute a verità assoluta e a legalità, intervenendo in tale senso nella aziende, territoriali e ospedaliere, e nella gestione cosiddetta accentrata.
Conseguentemente, non corrisponde affatto al vero, nel caso calabrese, la irrinunciabile pretesa esigenza giuridica di elaborare, a quasi rettifica dei bilanci comunque intervenuti negli anni precedenti non condivisi dall’autorità commissariale governativa, come condizione indispensabile per approvare quello più attuale e, con esso, pervenire alla valorizzazione del deficit patrimoniale reale. Una modalità che darebbe modo di contabilizzare in quello in corso ogni appostazione di componenti straordinarie funzionali a riportare i saldi dei mastri compromessi di allora a veridicità e certezza attuale.
Tutto questo sulla base degli assunti consolidati della Consulta.
Ettore Jorio
Università della Calabria