toggle menu
QS Edizioni - domenica 24 novembre 2024

Studi e Analisi

Un solo vaccino, il migliore, per tutti. Ecco come e perché

di Cesare Fassari e Nello Martini
immagine 10 maggio - Dopo il balletto seguito alla proposta di Biden di liberalizzare i brevetti e la sostanziale presa di distanza della Ue, riteniamo che non sia ancora tutto perduto e che l’opzione di “un solo vaccino, il migliore, per tutti” sotto l'egida delle Nazioni Unite sia ancora praticabile. Riuscirci o meno dipenderà unicamente dalla volontà politica delle grandi potenze ma accettare, al contrario, che tutto debba dipendere da contratti e accordi bilaterali privati o dalla bontà d’animo di qualche grande multinazionale, ci sembra, onestamente, inaccettabile
Il dibattito sulla questione dei brevetti per i vaccini anti Covid ha subito una brusca accelerazione e una altrettanto brusca frenata dopo la dichiarazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden di mercoledì scorso a favore della loro liberalizzazione.
 
All’indomani della presa di posizione di Biden è parso per un momento che il mondo occidentale, fin lì fermo nella sua ferrea difesa ad oltranza della proprietà intellettuale farmaceutica anche in uno scenario pandemico, potesse scuotersi e seguire gli Usa nella svolta inaspettata.
 
E invece no. Prima tra tutti la cancelliera tedesca Merkel e poi piano piano tutti gli altri leader europei (che, lo ricordiamo, hanno sempre votato no alla proposta di India e Sudafrica per le licenze obbligatorie avanzata al WTO) si sono sfilati dalla proposta Usa sottolineando, in soldoni, che il problema non sono i brevetti ma il protezionismo applicato alle esportazioni, attuato prima di tutto proprio dagli Usa e anche dal Regno Unito.
 
Apparentemente, almeno a quanto si apprende dalle poche dichiarazioni ufficiali sul tema emerse dal recente vertice europeo di Porto, solo il nostro premier Draghi avrebbe difeso la proposta Biden anche se, alla fine, anche lui si è di fatto allineato sulla posizione “il problema non sono i brevetti”.
 
A dare credito a questa posizione “benaltrista”, del resto, vi sono molte prese di posizione da parte di “esperti” del settore che a più riprese in questi mesi hanno sempre sottolineato come, anche liberalizzando le licenze (che in ogni caso, dicono, non è una cosa che si può fare in tempi brevi vista l’ostilità delle aziende), non si risolverebbero i problemi di reperimento dei bulk, di messa in opera delle tecnologie complesse necessarie a produrre i vaccini anti Covid (soprattutto quelli a mRna), a garantire poi la qualità dei siti produttivi, eccetera, eccetera.
 
Insomma, secondo questi “esperti”, forse potremmo anche riuscire ad obbligare le aziende a mollare i brevetti dopo un lungo contenzioso ma poi non otterremmo nulla in termini di aumento della produzione, almeno non a breve e non oggi che i vaccini servono come il pane…
 
Il punto è che potremmo alla fine anche convenire su queste difficoltà (anche se superabili... basterebbe iniziare ad affrontarle una per una) e sul fatto che, come hanno detto i leader europei (salvo la Merkel che almeno ha avuto la schiettezza di difendere i brevetti senza troppi giri di parole), “liberalizzare i brevetti non darebbe subito al mondo tutti vaccini necessari”, ma non è questa la questione.
 
La questione è che:
- se è vero, ed è vero, che siamo di fronte alla più grande epidemia dei tempi moderni,
- se è vero, ed è vero, che il mondo intero si è paralizzato e concentrato in tutti questi mesi quasi unicamente nella lotta al virus,
- se è vero, ed è vero, che le ripercussioni sono state pesantissime in termini di salute, di equilibri sociali, di danni economici a breve e medio-lungo termine,
- se è vero, ed è vero, che al momento il vaccino è l’unica arma per uscire dalla pandemia,
- se è vero, ed è vero, che i Paesi ricchi sono sulla buona strada nella campagna di vaccinazione pagando a caro prezzo i vaccini per i loro abitanti, il resto del Pianeta non ha di fatto ancora iniziato una campagna degna di questo nome non avendo accesso ai vaccini, tranne che in minima misura,
- se è vero, ed è vero, che è universalmente riconosciuto che senza una immunizzazione planetaria il rischio di recrudescenza del virus e di moltiplicazione delle varianti è altissimo e che quindi dovremmo procedere il prima possibile a una campagna mondiale di vaccinazione…
 
…se tutto questo è vero è evidente che i balletti attorno alla liberalizzazione dei brevetti, alle difficoltà di produzione, ai blocchi dell’export e quant’altro fanno veramente cadere le braccia.
 
Se tutto quanto abbiamo appena detto è vero, la ricerca e la produzione del vaccino non dovevano essere esclusivamente appannaggio delle singole aziende private come si trattasse di un farmaco qualsiasi, con i risultati che vediamo ora in termini di differenze di prezzo, reperibilità, efficacia…
 
La sconfitta della pandemia attraverso il vaccino doveva portare fin dall’inizio a una presa in carico globale del problema, con il coinvolgimento diretto delle Nazioni Unite e con un patto mondiale per la ricerca e la produzione di un “solo vaccino per tutti”, il migliore possibile, frutto della condivisione delle conoscenze dei laboratori di ricerca di tutto il mondo, pubblici e privati, con un impegno mondiale in termini di know how e risorse economiche e finanziare.
 
Parlare in questo scenario dei principi della proprietà intellettuale o avviare discussioni su retroscena di strategia geo-politica dietro l’uscita di questo o quell’altro leader mondiale, sarà pure affascinante ma onestamente poco utile alla soluzione del problema e dimostra ancora una volta che non si è capita la dimensione del fenomeno in termini spazio-temporale: si tratta di un fenomeno mondiale che interesserà gli anni e le generazioni future.
 
E quindi?
Quindi riteniamo che non sia ancora tutto perduto e che l’opzione di “un solo vaccino, il migliore, per tutti” sia ancora praticabile (anche considerando che contro il Covid dovremmo continuare a vaccinarci per molti anni).
 
Riuscirci o meno dipenderà unicamente dalla volontà politica delle grandi potenze (Usa, Cina, Russia e Ue) ma accettare, al contrario, che tutto debba dipendere da contratti e accordi bilaterali privati o dalla bontà d’animo di qualche grande multinazionale, ci sembra, onestamente, inaccettabile.
 
Cesare Fassari e Nello Martini
10 maggio 2021
© QS Edizioni - Riproduzione riservata