Prosegue il monitoraggio dei livelli di stress della popolazione italiana iniziato nell’ottobre 2019 e proseguito sino ad oggi dal Centro Studi del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi in collaborazione con l’Istituto Piepoli.
Nella rilevazione del 27 aprile è emerso:
- che
il 39% della popolazione ha un livello di stress tra 80 e 10 su 100 (elevato), con un
indice generale di 62;
- che i livelli sono
omogenei nelle diverse regioni;
- che le fonti di stress si modificano: diminuisce l’emergenza coronavirus (dal 58% di febbraio-marzo al 40%); aumenta la condizione economica e la situazione lavorativa (oggi al 31% contro un 25% degli ultimi mesi); a
umenta il peso di fattori psicorelazionali (rapporti familiari, con i figli, con i colleghi di lavoro, benessere soggettivo) oggi al 21% contro un 15%.
Nell’ultima rilevazione è stata fatta una classificazione anche per genere ed età, cercando di individuare le fasce di popolazione più stressate secondo le principali variabili socio-demografiche. È emerso che le donne sono evidentemente più stressate degli uomini, come se stessero catalizzando addosso a se tutte le conseguenze più difficili della pandemia (la gestione della famiglia, dei figli) pagando conseguenze psicologiche molto importanti. A mostrare particolari livelli di stress sono soprattutto i giovani, che anche in questo caso sembrano pagare le conseguenze psicologiche più dure delle restrizioni e della difficoltà di mantenere una vita sociale attiva, tipica di quella fascia di età.
“Cominciano ad emergere le conseguenze della pandemia sui diversi piani della vita, gli aspetti psicorelazionali non sono più solo una conseguenza ma sono diventati una causa di stress, posizionandosi al terzo posto dopo il Covid e le condizioni economiche-lavorative”, ha sottolineato
David Lazzari (Cnop), che ha concluso come questo sia “un monito per i decisori politico-istituzionali a dare risposte concrete e non più rinviabili”.
Lorenzo Proia