“…come non è possibile curare gli occhi senza curare la testa, né la testa senza il corpo, così neppure il corpo senza la psiche; ma proprio questa sarebbe la causa per cui presso i Greci ai medici sfugge la maggior parte delle malattie, il fatto che ignorano l’intero, a cui andrebbe rivolta la maggior cura, perché se non si trova in buone condizioni, è impossibile che stia bene la parte [...]” (Platone, Carmide, IV secolo a.C.).
“Come clinici il cui scopo è di fornire cure, siamo molto bravi nel trattare le malattie, ma spesso non altrettanto bravi nel curare la persona. Il focus della nostra attenzione è stato sempre più incentrato sulle condizioni fisiche, piuttosto che sul paziente nella sua interezza. Poca attenzione, infatti, è stata posta alla salute psicologica e a come questa possa contribuire alla salute fisica e alla malattia” (American Heart Association, Circulation, 2021).
Due citazioni che distano 2400 anni ma che affermano la stessa cosa: la salute e la malattia dipendono dalla persona nel suo insieme e non solo dalla materia biologica del nostro organismo. La persona, intesa come insieme di psiche e corpo, è l’unità di misura per prevenire e per curare.
Stiamo parlando di un importante documento di consenso scientifico dell’American Heart Association, basato su una gran mole di dati sperimentali, pubblicato su una delle più prestigiose riviste internazionali di Cardiologia e scritto da 14 esperti di fama mondiale provenienti dalle più importanti università americane.
Il lavoro, basato sui risultati emersi da ben 229 precedenti pubblicazioni scientifiche (molte delle quali, a loro volta, revisioni sistematiche di ulteriori ricerche precedenti), discute come la salute psicologica possa costituire un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari o, al contrario, un fattore protettivo in grado di promuovere la salute del cuore. Risulta evidente l’esistenza di legami causali tra le diverse componenti psicologiche, i comportamenti e i meccanismi biologici che contribuiscono a causare l’insorgenza delle malattie cardiovascolari.
I dati clinici supportano pienamente queste affermazioni mostrandoci che, così come note condizioni patologiche come, per esempio, il diabete e l’ipertensione, possono danneggiare il sistema cardiovascolare, così la presenza di patologie cardiovascolari, come l’infarto o l’ictus, possono compromettere la salute psicologica. Ma se questo è ormai piuttosto ovvio, meno accettato e meno riconosciuto sinora è il fatto che stati di malessere o di benessere psicologico possano influenzare negativamente o positivamente la salute cardiovascolare, i relativi fattori di rischio e persino la prognosi delle patologie cardiache.
Focalizzando, infatti, l’attenzione sul ruolo dei fattori psicologici nell’insorgenza e nello sviluppo delle patologie cardiovascolari, è risultato evidente che stati psicologici negativi, quali lo stress acuto e cronico derivante da specifiche condizioni di vita (problematiche lavorative, mancanza di relazioni sociali, difficoltà economiche, ecc) o da eventi traumatici (perdite, lutti, violenze, traumi infantili, ecc), ma anche la rabbia, l’ansia, la depressione e il pessimismo aumentano il rischio di insorgenza delle patologie cardiovascolari, oltre ad aumentare la probabilità di eventi cardiaci ricorrenti e la mortalità in pazienti già affetti da patologia cardiovascolare.
Questo, indipendentemente da altre variabili quali l’età, il sesso, lo stato socio-economico e i comportamenti di salute, che a loro volta possono rappresentare ulteriori fattori di rischio. Al contrario, fattori psicologici positivi quali l’ottimismo, il sentire di avere uno scopo nella vita, le emozioni positive, la vitalità emotiva, la gratitudine, la resilienza (ovvero la capacità di resistere e di affrontare le difficoltà) e il benessere psicologico in generale, non solo inducono comportamenti di vita più sani (maggior attività fisica, abitudini alimentari più salutari, miglior qualità del sonno, ecc), che a loro volta favoriscono la salute cardiovascolare, ma sono anche correlati ad una più lenta progressione dell’aterosclerosi, a un minor rischio di eventi cardiovascolari, e ad una miglior prognosi e a una ridotta mortalità nel caso sia già presente una patologia cardiaca.
Se i comportamenti rappresentano uno dei meccanismi che mettono in relazione, in maniera indiretta, gli aspetti psicologici e la salute cardiovascolare, è anche vero che svariati meccanismi biologici si manifestano proprio come conseguenza di tale legame. L’ansia, la depressione e la rabbia, così come le condizioni di stress cronico e persistente, infatti, inducono alterazioni nel funzionamento del sistema nervoso autonomo (che regola l’attività degli organi interni, cuore compreso) e/o nella risposta immunitaria che, attraverso una serie di effetti a cascata, possono aumetare il rischio di insorgenza di patologie cardiache.
E’ estremamente interessante anche notare che, come sottolineato dagli autori dell’articolo, sebbene il legame tra fattori psicologi negativi e fattori che aumentano il rischio cardiovascolare sia spesso bidirezionale, studi recenti hanno dimostrato che condizioni quali la depressione e il disturbo post-traumatico da stress precedono e predicono l’insorgenza di un elevato stato infiammatorio che è associato con un aumentato rischio di aterosclerosi e di trombosi.
Se pensiamo a come la pandemia ha aumentato lo stress e il disagio psicologico possiamo capire a come questo si tradurrà in aumento sia dei disturbi psichici che delle malattie cardiovascolari, spesso in modo del tutto indipendente. E si comprende come il non attivare strategie e programmi per migliorare la salute psicologica – che pure esistono e sono utilizzabili e sostenibili su vasta scala – comporta dei costi importanti in termini di disturbi e malattie psichiche e fisiche.
Stiamo parlando dei due più importanti capitoli di spesa per la salute nel mondo. Già prima della pandemia le patologie cardiovascolari rappresentavano la prima causa di morte nel mondo (solo in Europa, ogni anno, muoiono, per problemi cardiaci, oltre quattro milioni di persone, un milione delle quali addirittura prima dei settantacinque anni) e, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, i disturbi psichici sono addirittura destinati a superare, per incidenza, le malattie cardiovascolari in termini di disabilità causata (in Italia, attualmente, ne soffrono 17 milioni di persone e l’attuale pandemia ne sta drammaticamente accelerando l’incremento).
Questo quadro si traduce in precise indicazioni operative:
1. È necessario considerare non solo le patologie psichiche in senso stretto ma anche il benessere ed il disagio psicologico come elemento degno di attenzione nelle politiche per la salute;
2. Occorre guardare non solo agli aspetti biologici della salute del cuore e dei vasi, è necessaria – nella prevenzione, nella promozione della salute CV, nella cura e riabilitazione – una collaborazione diffusa e strutturata degli Psicologi con i Cardiologi e gli Operatori che si occupano della patologie cardiovascolari.
Del resto il Piano Nazionale delle malattie croniche varato in Italia dal Ministero della Salute e dalle Regioni nel 2017 già prevede la collaborazione tra medici, psicologi, infermieri e altri operatori. Ma si tratta di un Piano che è rimasto in gran parte sulla carta, vittima di un sistema incapace di rinnovarsi ed integrarsi, dominato da una visione arretrata e riduzionistica della salute e delle malattie. Una visione che ha visto i suoi chiari limiti in questa pandemia e che va superata, come ora ci chiede questo importante documento scientifico.
Certo, tutto questo richiede uno sforzo in termini organizzativi, con l’istituzione di team multidisciplinari, che veda la presenza sistematica della figura dello psicologo nei contesti sanitari e nelle strutture cardiologiche. Ma se crediamo alle evidenze scientifiche che dimostrano l’esistenza di un’asse mente-cuore-corpo, dobbiamo anche credere che potenziare le risorse psicologiche curando gli aspetti negativi e promuovendo l’emergere di quelli positivi rappresenti realmente una valida strategia non solo per aumentare il benessere dell’individuo e per diminuire, almeno sul medio-lungo termine, il peso economico e sociale delle patologie psichiche e di quelle cardiovascolari.
Solo così, dopo più di 2400 anni, potremo dire di aver compreso l’importanza di “non ignorare l’intero, a cui andrebbe rivolta la maggior cura, perché́ se non si trova in buone condizioni, è impossibile che stia bene la parte”.
David Lazzari
Servizio Psicologia - Azienda Ospedaliera Terni, Presidente CNOP
Alessandra Gorini
Univ. Statale Milano, Servizio di Psico-Cardiologia - Centro Cardiologico Monzino, Milano