Un tavolo di confronto e condivisione composto da tutti gli stakeholder, tecnici e giuristi dell’intero sistema salute finalizzato a raccogliere proposte, obiettivi e necessità per presentare nelle competenti sedi istituzionali la proposta legislativa, già in fase di elaborazione che rimetta al centro il tema della urgenza di modifiche normative alla legge Gelli finalizzate a tutelare il sistema sanitario a fronte della gestione in fase di emergenza.
È quanto ha proposto
Federsanità nel corso del proprio evento dedicato al tema “
La responsabilità delle professioni sanitarie dopo il Covid-19” organizzato nell’ambito dei lavori del
Forum Risk Management 2020 che si chiude oggi. Una mattinata di incontro in tre round che ha visto la partecipazione di tutti i principali interlocutori istituzionali.
Medici e professionisti sanitari sono stati in prima fila contro l'emergenza Covid, ma in questi mesi il mondo della sanità è vittima di un’ondata di denunce da parte di pazienti e familiari su una presunta responsabilità medica per aver contratto il Covid-19. Rischi di responsabilità e di contenzioso che devono essere gestiti con estrema attenzione, anche perché il sistema sanitario non può permettersi di pagare ulteriori costi umani e sociali. Il problema è che l’ombrello protettivo per gli operatori e per le aziende ancora non si è aperto.
Ad aprile era stato presentato dall’Onorevole
Marcucci del Pd un emendamento al
Cura Italia per limitare la responsabilità professionale penale e civile per gli operatori e le strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche o private. Un tentativo andato poi a vuoto. Nel mese di giugno erano allo studio del Ministero della Salute tre possibili ipotesi di “scudo penale” per evitare che gli operatori sanitari impegnati nella lotta al Covid-19 e, forse, anche la dirigenza delle strutture e degli assessorati regionali, potessero finire nelle aule di tribunale per azioni o omissioni tenute nell’esercizio della loro professione durante il periodo dell’emergenza. Ma anche in questo caso nulla è stato ancora definito.
A lanciare la comunione di intenti per attuare il giro di boa la Presidente di Federsanità
Tiziana Frittelli, nella prima tavola rotonda moderata da
Pasquale Giuseppe Macri segretario generale MelCo e
Ester Maragò giornalista di Quotidiano sanità.
Per Federsanità è infatti il momento di atti ed azioni concrete per la valorizzazione del lavoro, delle competenze, della dedizione dei professionisti della sanità. È giusto dibattere e doveroso analizzare le tematiche anche da punti di vista e interessi potenzialmente confliggenti, ma occorre avere sempre presente l’obiettivo ed il momento di grande opportunità che si rischierebbe di vanificare.
“Dobbiamo sentirci tutti parte di un sistema forte – ha sottolineato la Presidente Frittelli – che chiede al legislatore considerazione, rispetto, mezzi e strutture adeguate per poter validamente profondere, in favore dei cittadini, quelle altissime competenze e quelle capacità che si stanno manifestando oggi nella realtà. È fondamentale l’unità di intenti ma anche di obiettivi. La volontà della Confederazione che mi onoro di rappresentare è quella di favorire la condivisione e la sinergia tra ogni singola rappresentanza del mondo sanitario”.
Tra i punti cardine della proposta, ha spiegato Frittelli, c’è la modifica dell’articolo 7 della legge Gelli “per far sì che, in situazioni pandemiche e emergenziali, la responsabilità grave sia limitata a macroscopiche inosservanze degli organismi di governance”. Riteniamo poi, ha aggiunto, “che i professionisti sanitari vadano tutelati e per questo chiederemo la modifica dell’articolo 9 in materia di rivalsa, che vorremo restasse solo per le ipotesi dolose. Da parte mia garantisco il massimo impegno di condivisione, anche alla Conferenza delle Regioni e a tutte le forze politiche. L’unica ottica che ci deve orientare è la sicurezza del cittadino e la volontà di preservare la sostenibilità del Ssn da attacchi che sarebbero ingiusti”.
Anche per il segretario generale MelCo
Macrì, mentre il diritto cerca di normare quello che sta succedendo occorre arrivare a una visione unitaria e condivisa tra tutti i soggetti chiamati in causa: “In ambito civile a mio avviso con alcune modifiche si può pensare che un sistema ordinario sviluppato per la situazione eccezionale pandemica possa governare il mantenimento dei sistemi patrimoniali dei soggetti coinvolti. Molto più difficile normare la parte penale. Abbiamo un sistema penale inadatto a garantire un rapporto armonico e sereno tra professionisti e cittadini. e lo sviluppo della medicina difensiva ne è la prova. Ecco perché con Federsanità stiamo portando avanti il progetto di un tavolo tecnico più ampio supportato da giuristi e magistrato. L’obiettivo è arrivare ad un ampliamento degli orizzonti della responsabilità civile: dopo la pandemia, non è possibile pensare che le questioni giuridiche riguardino solo professionisti e strutture. Inevitabilmente ci sarà anche il coinvolgimento degli altri enti: Comuni, Regioni, Stato e Governo”.
Il tema della responsabilità civile è stata introdott0 da
Maurizio Hazan, avvocato dello studio Taurini Hazan, che ha osservato come l’atteggiamento generale dei cittadini sia cambiato tra la prima e la seconda ondata: “Se a marzo ha prevalso un sentimento di unità collettiva, oggi, complice anche la legittima stanchezza e i problemi economici che si stanno affacciando con prepotenza, vediamo conflittualità sociali latenti pronte a deflagrare”, ha affermato il giurista, sottolineando come sia molto complesso imputare una responsabilità precisa in questa situazione del tutto eccezionale. “Quello che oggi è legittimo chiedersi è se, di fronte alla seconda ondata, siano ancora utilizzabili i paradigmi che fanno leva sulla assoluta straordinarietà del fenomeno”. La risposta non è semplice. Con la legge Gelli professionisti e strutture rispondono per colpa, che in questa fase è difficilmente quantificabile. “La tendenza della magistratura è di proteggere chi ci ha protetto, che non significa ricorrere a scudi, ma valutare la situazione nel suo complesso. Per quanto riguarda le strutture, sono perseguibili nel caso di gravi mancanze e qualora non abbiano attuato i protocolli di sicurezza necessari per contenere il contagio. Alla luce di questi elementi, è quanto mai necessario riaprire la discussione per un nuovo progetto normativo”, ha concluso l’avvocato.
Sul tavolo c’è anche il tema contagio da Covid come infortunio sul lavoro.
Agatino Cariola dell’Inail ha rilevato come l’istituto abbia inviato con anticipo rispetto al legislatore una nota alle strutture per rendere il contagio da nuovo coronavirus assimilabile agli infortuni sul lavoro. “Abbiamo assistito a un’enorme preoccupazione da parte dei datori di lavoro e abbiamo ribadito che, di fronte a una situazione del tutto eccezionale, anche i principi che comunemente applichiamo in tema di responsabilità vanno ponderati in base alla situazione che stiamo vivendo – ha chiarito Cariola – Inoltre, non può esserci responsabilità oggettiva per il datore di lavoro che abbia rispettato tutte le indicazioni ricevute”.
Sul fonte delle Aziende è intervenuto
Federico Ripa di Meana, presidente Fiaso: “Non abbiamo chiesto scudi o colpi di spugna – ha sottolineato – Credo sia necessario lavorare per raggiungere una posizione unitaria tra aziende e professionisti che tenga conto del momento storico e del fatto che esercitare l’attività sanitaria è rischioso”. Un esempio su tutti: “All’interno delle aziende ci sono amministrativi che nei mesi scorsi hanno dovuto derogare alla legge sugli appalti. È importate questo diritto alla discrezionalità sia riconosciuto e non sia paragonato alla situazione pre-Covid”.
Anche
Barbara Cittadini, presidente dell’Aiop si è detta pronta a sedersi a un tavolo con la componente pubblica del Servizio sanitario e con le istituzioni, perché “la tutela del paziente passa attraverso quella dei professionisti e delle aziende. Sono preoccupata dall’aumento dell’atteggiamento speculativo cui ho assistito e, visto che come Aiop ci sentiamo a pieno titolo nel Ssn, ritengo sia fondamentale lavorare insieme”.
Lancia l’allarme assicurazioni sulle Rsa
Nevio Boscariol Responsabile economico servizi e gestionale dell’Aris. “È impossibile pensare che ci sia qualcuno di completamente formato per affrontare l’emergenza in corso – ha detto – molte strutture prevedevano già la copertura della colpa grave senza possibilità di rivalsa da parte dell’assicurazione. Oggi sono le Rsa a faticare nel trovare un’adeguata copertura: nel loro caso la valutazione del rischio è molto alta e si trovano ad avere premi che arrivano a quelli delle realtà ospedaliere. Riteniamo anche noi che un approccio unitario sia fondamentale per affrontare insieme le sfide future”.
Ultimo, ma non ultimo
Franco Vallicella del Comitato centrale della Fnopi che ha riportato le difficoltà degli infermieri, che “si sono buttati a capofitto in una condizione molto critica rinunciando a alcune tutele. Neolaureati o professionisti che hanno cambiato reparto non hanno ricevuto l’affiancamento necessario per acquisire esperienza – ha affermato – Da parte nostra abbiamo fornito il nostro contributo e non vorremmo essere messi nella posizione di doverci difendere per qualcosa che abbiamo svolto con senso di responsabilità”.
Non sono mancati i contributi del mondo giurisprudenziale. “Rispetto al tavolo di Federsanità – ha detto
Ilaria Pagni, ordinario di Diritto processuale civile all’Università di Firenze – concordo con la volontà di proporre una proposta più matura rispetto a quella avanzata in primavera e con la necessità di separare la responsabilità civile da quella contabile. Ricordo inoltre che il direttore generale, in quanto manager, non può rispondere secondo i criteri della responsabilità del sanitario, ma in base a quelli dell’amministratore. Infine, invito alla prudenza per quanto riguarda la responsabilità erariale: la legge è stata introdotta per superare la paura della firma da parte di un funzionario che per esempio non voglia firmare una transazione per paura della corte dei conti. A mio avviso questo aspetto non va eliminato del tutto, ma ripreso e riadattato alle peculiarità delle controversie con riferimento alle azioni di rivalsa”.
“La categoria di colpa in sede penale è troppo fluida – ha poi sottolineato
Luigi Isolabella, avvocato penalista del Foro di Milano – il diritto penale impone certezza, ripetibilità, capacità di previsione. Ritengo sia necessario intervenire per limitare la responsabilità degli operatori alla colpa grave. Inoltre, chi agisce in una situazione emergenziale non ha modelli di riferimento o linee guida da seguire. Per questo la norma dovrebbe garantire allo stesso modo chi opera in emergenza e chi lo fa in una situazione di routine”.
Ester Maragò e Michela Perrone