Nei prossimi anni si dovrà affrontare di petto l’adeguamento della rete ospedaliera, sia dal punto di vista strutturale, sia da quello organizzativo. Alla 15° edizione del Forum Risk Management, che quest’anno si è svolta in modalità virtuale, è stata dedicata una sessione proprio allo stato dell’arte e all’ospedale del futuro.
Rita Romitelli del Ministero della Salute Evoluzione ha chiarito che il problema non sono solo le risorse: “A livello di edilizia abbiamo un fabbisogno di oltre 32 miliardi, cui se ne aggiungono 1,5-2 per l’ammodernamento tecnologico – ha stimato – Chiaramente stiamo guardando a un periodo di 5-10 anni. Paradossalmente, esistono molte linee di finanziamento, ma il vero nodo è a mio avviso come sveltire le procedure e far sì che le Regioni possano accedere in modo più celere alle risorse e poi realizzare altrettanto velocemente i lavori”. L’esperta ha notato come la sottoscrizione degli accordi di programma sia una procedura da snellire. Per contro, “Interventi non ancora realizzati su accordi sottoscritti 10 anni fa dà la misura di quanto il problema non sia solo economico – ha osservato – Dobbiamo trovare la chiave per superare insieme questa impasse”.
Il Dm70 applicato a macchia di leopardo
Francesco Enrichens di Agenas ha ricordato come il Dm70, che nel 2015 ha definito gli standard qualitativi, strutturali e tecnologici degli ospedali, sia applicato a macchia di leopardo sul territorio nazionale elencando le attuali criticità: “L’attuale modello assistenziale è caratterizzato da una rigidità delle strutture e degli impianti che non permette un tempestivo riadattamento degli spazi e la differenziazione dei percorsi; l’obsolescenza dei reparti, che non sono coerenti con l’evoluzione multidisciplinare e multiprofessionale della qualità delle cure. Infine, il divario che esiste su scala regionale nelle rete territoriale e nella sua integrazione con il sistema ospedaliero”.
Le Regioni presenti all’incontro hanno poi presentato le loro esperienze:
Fabio Rombini dell’Emilia Romagna ha fornito la propria ricetta: “Noi abbiamo inserito degli indicatori di efficacia nella nostra proposta accordo di programma proprio per quantificare l’effettiva realizzazione in base alla proposta avanzata. In questo modo il Ministero ci potrà chiedere conto in futuro. Siamo infatti convinti che sia fondamentale ragionare in termini di efficacia della realizzazione per rispondere ai bisogni sanitari”.
Giancarlo Ruscitti, Dg dell’Aps Trento, ha descritto le luci e le ombre di una provincia autonoma, concludendo interrogandosi su come costruire l’ospedale del futuro. “Vorremmo individuare uno o due ospedali d’eccellenza da 80-100 posti letti che siano attrattivi anche per il personale sanitario – ha spiegato – L’idea è quella di replicare la struttura a padiglioni sull’intera provincia, creando una rete di piccoli ospedali. Questo significa rinunciare a priori a attività come i trapianti,poiché non avremo i numeri sufficienti, ma andiamo a valorizzare le piccole realtà”.
Paolo Fattori dal Veneto ha sottolineato come l’applicazione del Dm70 abbia permesso alle strutture della sua regione di pianificare gli interventi necessari, in un’ottica di ospedale flessibile e modificabile cui tutti vorrebbero tendere. “Fondamentale anche la presenza di figure tecniche, che possono affiancare l’attività sanitaria supportando la logistica”.
I bisogni egli ospedali di oggi
Nella seconda parte dell’incontro,
Caterina Petrigni, Agenas discussant, ha presentato un progetto dell’Agenzia sanitaria per i servizi sanitari regionali che ha approfondito il tema della manutenzione dell’esistente. “Abbiamo visto che la manutenzione nel periodo 2015-2018 ha impattato per l’1,74% sulla spesa sanitaria – ha illustrato l’esperta – Abbiamo definito con le Regioni la scheda di raccolta dati sugli immobili e poi usato un set composto da 36 indicatori per le analisi di andamento e la creazione dei cluster. Chi ha partecipato ha poi potuto accedere alla reportistica che riteniamo sia molto utile poiché per migliorare occorre misurare”.
Giovanni Ucci, Dg del Policlinico San Martino di Genova, ha illustrato il progetto di ammodernamento del presidio, inaugurato nel 1924. “È formato da padiglioni e nasce da esigenze molto diverse dalle attuali”, è stata la premessa. L’intervento comprende anche un riassetto urbano dell’area circostante e la riunione in poli delle varie attività (universitarie, mediche, di urgenza, di ricerca…). “Dall’inizio della progettazione al completamento della gara sono passati poco meno di 2,5 anni. Veramente un tempo breve ha commentato il direttore generale – Questo obiettivo sarebbe stato impossibile da raggiungere senza una visione e senza la collaborazione tra tutte le istituzioni che insistono sul territorio”.
E i bisogni cambiano non solo rispetto a 100 anni fa:
Lorenzo Sommella Ds del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma ha notato che “anche se la nostra struttura ha appena 13 anni di vita, stiamo iniziando a soffrire i 350 posti letto”. Tuttavia, la struttura si è dimostrata molto efficiente durante la pandemia: “Abbiamo sperimentato una grande flessibilità organizzativa che ci ha permesso di adattarci a repentini cambiamenti. Inoltre, su 93 posti letto Covid, un terzo erano di terapia sub-intensiva, un risultato che ci rende orgogliosi”.
Le conclusioni della giornata sono state affidate a Romitelli, che ha notato come, negli ultimi 5 anni, molto sia cambiato in ambito sanitario. “Velocizzare gli interventi significa anche non avere progetti vecchi alla partenza dei lavori”, ha concluso.
M.P.