L’Italia ha attraversato e sta tuttora vivendo un momento difficile per fronteggiare l’epidemia da SARS-CoV-2. Nelle organizzazioni sanitarie tutti i professionisti sono stati chiamati a fare la loro parte, continuando le loro attività nelle nuove condizioni o rimodulando con la necessaria flessibilità i programmi prestabiliti. In questo quadro i referenti regionali e aziendali per la sicurezza delle cure hanno contribuito allo sforzo comune.
In tanti in questi mesi hanno sottolineato l’importanza di apprendere da quello che si sta vivendo e di capitalizzare l’esperienza per rendere ancora più saldo il nostro prezioso Servizio Sanitario Nazionale; il Forum Risk Management 2020, rappresenta di certo l’occasione per proporre riflessioni e confrontarsi sulle prospettive future della sicurezza delle cure.
La consapevolezza del contesto in cui troviamo. Il sociologo tedesco Ulrich Beck diversi anni fa ha coniato una definizione molto efficace, che risulta oggi estremamente attuale: la società del rischio. Ancor prima del nuovo coronavirus, rispetto a fenomeni come il terrorismo o i cambiamenti climatici, e in modo quasi assoluto oggi, “il rischio è al centro della vita di ognuno di noi e al centro del dibattito pubblico, perché oramai lo percepiamo ovunque”. Occorre quindi avere la piena consapevolezza che il rischio è oramai il contesto nel quale viviamo e agiamo sia come singoli che come collettività.
La risposta responsabile. Gestire socialmente il rischio significa anche evitare che questo sfoci nella paura e nel panico. Sembra evidente come nella fase emergenziale dell’epidemia abbia prevalso un generale senso di responsabilità che ha consentito al Paese di restare unito, pur nella naturale dialettica delle differenti posizioni. Sono state fatte delle scelte, alla base delle quali vi era di certo l’intento, nelle condizioni emergenziali, di tutelare la sicurezza dei cittadini e degli operatori.
Articolo 1. Non dobbiamo infatti dimenticare che l’Italia ha voluto affermare chiaramente con una specifica normativa, all’articolo 1 della Legge 24/2017, che la Sicurezza delle cure è parte costitutiva del diritto alla salute ed è perseguita nell'interesse dell'individuo e della collettività; e l’epidemia ha evidenziato ulteriormente come l’attenzione alla sicurezza sia fondamentale in tutti i contesti.
Sviluppo e affermazione della cultura positiva del rischio. Da questa consapevolezza dovrebbe partire lo sforzo per l’ulteriore sviluppo e affermazione di una cultura positiva del rischio nella società e soprattutto nelle organizzazioni sanitarie. Cultura positiva del rischio vuol dire comprendere che la gestione del rischio non è solo la maniera migliore per gestire una crisi, ma la propensione ad anticiparla. Il concetto di rischio è stato sempre legato a quello di anticipazione; considerare nel presente i potenziali accadimenti futuri, per evitare che questi si verifichino o, se l’evento è già accaduto in passato, che questo torni a manifestarsi. E non si tratterebbe di un’anticipazione che viene effettuata solo in modo sporadico e puntiforme, ma di una costante azione collettiva. Si possono anticipare i pericoli solo se la gestione del rischio viene posta in maniera chiara, decisa e coerente al centro dell’attenzione individuale e delle organizzazioni.
Il vero rischio da correre. La preparazione della risposta ai potenziali pericoli in effetti richiede molte risorse da impiegare per qualcosa che potrebbe anche non accadere; per cui ci si potrà comunque trovare a non essere pronti per ciò che effettivamente si sta poi verificando. Ma, come è stato evidente nell’epidemia da SARS-CoV-2, si tratta proprio di un rischio da correre. Si tratta di scegliere un approccio che si fonda sull’incertezza, ma che nello stesso tempo può produrre cambiamento ed evoluzione costante.
L’importanza della memoria. Un altro aspetto fondamentale è quello della memoria, intesa come riferimento e come valore. Un documento che ha rappresentato una pietra miliare per il movimento mondiale per la sicurezza delle cure è “An organization with a memory”. Vi sono evidenze sempre più forti sul fatto che le organizzazioni più sicure sono quelle che hanno memoria degli eventi accaduti in passato. I professionisti e le organizzazioni sanitarie nei prossimi anni avranno il dovere di organizzare la memoria, non disperderla e alimentarla.
L’epidemia come evento sentinella. Di certo occorre guardare al prossimo futuro e fare tesoro di questa, per molti aspetti drammatica, esperienza; e per farlo è importante utilizzare anche la visione del rischio sanitario: ragionare quindi sugli errori che possono essere stati commessi, con la prospettiva dell’analisi del sistema e dei suoi possibili fallimenti. Quando si uscirà definitivamente dall’epidemia, lontano da clamori ed emotività mediatica, occorrerà trovare la necessaria lucidità per esaminare quanto è successo come quando si analizza un evento avverso, con la prospettiva del miglioramento.
La sicurezza è una questione di Sistema. Molti passi avanti sono stati fatti nel nostro Paese sulla sicurezza delle cure, ma resta ancora da costruire e consolidare un Sistema Sicurezza sia sul livello nazionale, nell’ambito del quale un ruolo importante può essere giocato dall’Osservatorio Buone Pratiche sulla sicurezza nella sanità, che su quello regionale, dove occorre dare in ogni realtà locale effettiva funzionalità ai Centri regionali per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente. A livello aziendale è fondamentale poi che venga garantito il ruolo, trasversale e di armonizzatore dei vari ambiti di interesse per la sicurezza, del coordinatore delle attività di gestione del rischio sanitario previsto dalla Legge 24/2017. A tal proposito è utile sottolineare il fatto che durante questa epidemia in molti contesti organizzativi, come ad esempio le RSA, è stato necessario individuare estemporaneamente dei referenti per la valutazione e gestione del rischio correlato a COVID-19. In tal senso si ricorda che la Legge di Stabilità 2016 (Legge 28 dicembre 2015, n. 208) ha sancito che tutte le strutture pubbliche e private che erogano prestazioni sanitarie hanno l’obbligo di attivare un’adeguata funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario. Per il futuro, occorrerà quindi garantire a tutti i livelli la piena e concreta applicazione delle normative vigenti.
La sicurezza ha bisogno di integrazione. Nello sforzo per la costruzione di un sistema sicurezza non può poi sfuggire la necessità di realizzare sinergie stabili e codificate tra tutti gli ambiti attinenti alla qualità e sicurezza delle cure al fine di favorire una coerenza di programmi e azioni. In tal senso risulta fondamentale, ove non siano coincidenti, stabilire sinergie tra la funzione di risk management e quella relativa alla prevenzione e gestione del rischio infettivo. Come è necessaria l’integrazione con l’accreditamento istituzionale, anche ai fini della verifica dell’effettiva applicazione dei requisiti di qualità previsti dalle normative nazionali e regionali.
Dalla Sicurezza alle Sicurezze. E’ inoltre coerente con la logica di sistema e dell’integrazione la scelta di un campo di azione inclusivo delle sicurezze. La sicurezza degli operatori sanitari è da considerarsi infatti come una priorità anche nella prospettiva della sicurezza dei pazienti. Non a caso l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha proposto la tematica per la Giornata mondiale della sicurezza dei pazienti 2020 e lo slogan scelto per la “Giornata nazionale per la sicurezza delle cure e della persona assistita” è stato "Operatori sanitari sicuri, pazienti sicuri", per sottolineare la necessità di un ambiente di lavoro sicuro per gli operatori sanitari come prerequisito per garantire la sicurezza dei pazienti.
Un cambio di paradigma:
organizzazioni pronte a gestire efficacemente il futuro. L’epidemia da nuovo Coronavirus ha dato maggiore consapevolezza rispetto all’importanza della sicurezza e nello stesso tempo reso chiara la necessità di un cambio di paradigma nell’approccio alla gestione del rischio nelle organizzazioni sanitarie. Occorre garantire un sistema di misurazione e monitoraggio costante dei rischi, che consenta un costante risk assessment, a cui deve corrispondere una rapida risposta organizzativa. Nello stesso tempo, è necessario promuovere una cultura positiva del rischio sanitario, intesa come propensione alla “preparedness” e all’anticipazione della crisi; costruire quindi organizzazioni che, attraverso un approccio sistematicamente proattivo, sappiano immaginare e realizzare sistemi efficaci per gestire l’inaspettato, in modo da essere pronte per il futuro, senza sapere come esso sarà.
Ottavio Nicastro
L’autore è Coordinatore della Sub Area Rischio Clinico della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni e Province Autonome