L’ultima manovra di Tremonti, quella dell’estate 2011, fissava chiaramente le norme che sarebbero entrate in vigore per “risparmiare” nel finanziamento al Ssn e ridurre così il deficit pubblico. Tra le misure previste quella dell’introduzione di maggiori misure di compartecipazione del cittadino alla spesa sanitaria a partire dal 2013, con l’obiettivo di ottenere in questo modo circa 2 miliardi di euro.
Fermo restando che i “saldi” devono rimanere invariati, la manovra tremontiana prevedeva che Governo e Regioni potessero decidere di modulare diversamente i ticket, definendo le nuove modalità attraverso il Patto per la Salute 2012-2015, da stipularsi entro il 30 aprile. Ora il termine per la stipula del Patto sembra slittare al prossimo ottobre, anche se nessun intervento legislativo ha sancito questo slittamento, ma resta aperta la questione ticket.
È per questo che Agenas ha messo al lavoro sul tema del copayment molti esperti, in vista di un seminario che si terrà a Roma il 17 maggio prossimo. Dopo aver reso note nei giorni scorsi
le stime sull’attuale peso economico dei ticket sanitari, si profila ora una proposta innovativa, formulata da Cesare Cislaghi e Francesca Giuliani e relativa ai ticket su diagnostica, visite specialistiche e Pronto soccorso, mentre i ticket farmaceutici restano definiti dalle norme regionali. La proposta ipotizza di passare dall’attuale sistema, che prevede ticket uguali per tutti salvo eventuali esenzioni, a un sistema di franchigia modulata sul reddito.
Ogni cittadino pagherebbe quindi i ticket fino ad una certa cifra, definita sulla base del proprio reddito, superata la quale le prestazione sarebbero tutte a carico del Ssn. “Così impostato questo sistema di copayment – spiega Cesare Cislaghi in
un intervento preparatorio del seminario firmato insieme a Francesca Giuliani – dovrebbe frenare maggiormente i primi accessi al sistema mentre non determinerebbe alcun limite agli accessi più costosi o più frequenti” e questo perché “l’ipotesi da cui si è partiti è che l’inappropriatezza stia più tra i primi che tra i secondi e che comunque un contributo uguale e proporzionalmente minimo può essere versato da tutti, anche dai malati se questi hanno un certo reddito”.
E i ricercatori dell’Agenas formulano anche un’ipotesi di queste franchigie: “Si potrebbe pensare che il contributo massimo (cioè la franchigia) non debba essere superiore al 3 per mille del reddito lordo il che significa 30 euro in un pensionato con 10.000 euro di reddito, di 120 euro in un lavoratore con 40.000 euro di reddito, di 300 euro in per un professionista con 100.000 euro di reddito”.
Senza nascondere le difficoltà attuative, a cominciare dalla necessità di prevedere un sistema che registri le prestazioni pagate da ogni singolo cittadino fino al tetto della franchigia, la proposta sembra convincere Fulvio Moirano. “Ci sembra che la proposta di sostituire il sistema tickets-esenzioni con un sistema di franchigia modulata sul reddito sia da prendere in seria considerazione”
scrive Moirano nel suo intervento, aggiungendo che qualsiasi sarà la scelta contenuta nel Patto tra Governo e Regioni “sarà importante anticipare la manovra sui tickets da un chiarimento che faccia comprendere come l’aumento dei tickets sia uno dei provvedimenti che permetteranno la sopravvivenza di un sistema universalistico che garantisca con equità il diritto all’assistenza per tutti i cittadini”.