Sempre meno personale e sempre più precario. La fotografia scattata dalla
Corte dei conti sul personale del Ssn è impietosa. Tra il 2012 e il 2017 (anno per il quale si dispone di un maggior dettaglio di dati) il personale (sanitario, tecnico, professionale e amministrativo) dipendente a tempo indeterminato in servizio presso le Asl, le Aziende Ospedaliere, quelle universitarie e gli IRCCS pubblici è passato da 653 mila a 626 mila con una flessione di poco meno di 27 mila unità (-4 per cento).
Nello stesso periodo il ricorso a personale flessibile in crescita di 11.476 unità (+37,6%) ha compensato questo calo solo in parte: si tratta in prevalenza di posizioni a tempo determinato, che crescono del 36,5 per cento (passando da 26.200 a 35.800), e di lavoro internale, che registra una variazione di poco meno del 45 per cento (da 4.273 a 9.576 unità). Il tutto senza considerare che delle circa 23mila assunzioni per far fronte all'emergenza Covid circa la metà sono con contratti precari di pochi mesi.
Medici: +35,7% di contratti a tempo determinato
Analizzando nello specifico le professioni emerge come il personale medico a tempo determinato sia passato dalle 6.849 unità del 2012 alle 9.265 del 2017. Una crescita del 35,7%. Entrando nel dettaglio delle Regioni si nota come in termini percentuali il ricorso al lavoro precario in Emilia Romagna sia aumentato del 193%, aumenti rilevanti anche in Sicilia (+108,5%), Toscana (+88,6%), Marche (+82,7%) e Campania (+70%). Solo in 2 Regioni le quote di medici a tempo determinato sono scese: In Sardegna (-10,9%) e Abruzzo (-7,2%).
Infermieri: personale a tempo determinato e interinale cresciuto del 63%
Se il personale medico precario è cresciuto lo stesso si può dire anche di quello infermieristico. Tra tempo determinato e interinali il loro numero è passato dalle 9.769 unità del 2012 alle 15.991 del 2017, una salita del 63%.
Nello specifico i contratti a tempo determinato sono aumentati del 58% (+4.959 unità) e quelli interinali del 96% (+1.262 unità).
La Regione che ha assunto più precari è la Puglia con un incremento del 244%. Aumenti elevati anche in Liguria (+181%), Toscana (+121%), Emilia Romagna (+81%). Le uniche due Regioni ad aver diminuito il ricorso a infermieri precari sono la Basilicata (-16%) e la Valle d’Aosta (-139%).
Luciano Fassari