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QS Edizioni - sabato 23 novembre 2024

Studi e Analisi

Istat, gli occupati in sanità. Cresce il precariato e chi ha un lavoro stabile invecchia. In 10 anni persi 44 mila dipendenti e oggi 4 medici su 10 hanno più di 60 anni

immagine 6 maggio - Fotografia dell’Istituto di statistica sul personale del Ssn in cui si evidenzia anche il progressivo invecchiamento degli operatori: “Le politiche di innalzamento dell'età pensionabile insieme all’applicazione di normative volte al contenimento delle assunzioni hanno portato a un innalzamento dell'età media dei dipendenti del Ssn, pari a 50,7 anni. L’età media degli uomini è più alta di quella delle donne, 52,3 anni contro 49,9. Il 57,6% del totale dei dipendenti nella sanità è ultracinquantenne”. IL REPORT
“Al 31 dicembre 2018, sono occupati nella sanità pubblica circa 650 mila dipendenti a tempo indeterminato, un quinto del personale stabilmente assunto nella pubblica amministrazione. A partire dal 2009 gli occupati a tempo indeterminato si sono progressivamente ridotti. Nel 2018, se ne contano circa 44 mila in meno (da 694 mila a 650 mila)”. È quanto rivela l’Istat in un report ad hoc sul personale del Ssn.
 
L’occupazione nella sanità pubblica colpita dai piani di rientro della spesa
L’Istat ha dunque rilevato che “dal 2009 si è registrata una progressiva riduzione degli occupati a tempo indeterminato per effetto delle politiche di contenimento della spesa per il personale nel settore pubblico e, soprattutto, dell’applicazione in alcune regioni dei piani di rientro della spesa sanitaria. Tra il 2009 e il 2018, la diminuzione complessiva è stata di circa 44mila unità (-6,4%). Tale riduzione è stata solo parzialmente compensata dall’innalzamento dei requisiti per l’accesso alla pensione - che, trattenendo i lavoratori più anziani, ha velocizzato il processo di invecchiamento del personale - e dalla crescita del ricorso al lavoro flessibile (a tempo determinato e in somministrazione). Nel 2018, gli occupati con forme di lavoro flessibile sono circa 42mila, contro i 38 mila del 2009 e i 31 mila del 2013”.
 
Ma la diminuzione più marcata di personale stabile (-13,5%) ha riguardato i dirigenti non medici (con ruoli tecnici, amministrativi o professionali, inclusi i sanitari non medici). “Il maggior ricorso – sottolinea l’Istat - a forme di lavoro flessibile (+64%), infatti, è riuscito a compensare solo un quarto delle cessazioni. Tra i medici (inclusi odontoiatri e veterinari) la contrazione del personale stabile è stata del 5,4%; anche in questo caso solo un quarto delle cessazioni è stato controbilanciato dall’incremento del lavoro flessibile (+26%”).
 
Per quanto riguarda il “personale non dirigente (che include amministrativi, sanitari, professionali e tecnici) si è registrata una diminuzione, pari a 34.600 unità (-6,3%) che ha portato il numero di dipendenti a tempo indeterminato a circa 518 mila dai 553 mila del 2009. Il ricorso a personale flessibile (+5,3%), per il 20% rappresentato da prestazioni in somministrazione, ha solo minimamente compensato la riduzione di personale stabile”.
 
Età media dei dipendenti sopra i 50 anni
L’Istat rimarca poi come “le politiche di innalzamento dell'età pensionabile insieme all’applicazione di normative volte al contenimento delle assunzioni hanno portato a un innalzamento dell'età media dei dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, pari a 50,7 anni. L’età media degli uomini è più alta di quella delle donne, 52,3 anni contro 49,9. Il 57,6% del totale dei dipendenti nella sanità è ultracinquantenne (63,9% degli uomini e 54,5% delle donne). La fascia di età con più dipendenti è quella 55-59 anni per gli uomini e 50-54 per le donne”.
 
“I dirigenti - medici e non - sono quelli più anziani (anche per effetto di una carriera lavorativa necessariamente più lunga), soprattutto se uomini – precisa Istat - . Tra i dirigenti medici ha più di 55 anni il 60,4% degli uomini mentre quasi quattro su dieci superano i 60. La situazione anagrafica è diversa per le donne: solo il 36% ha più di 55 anni e circa la metà ha un’età compresa tra 40 e 55 anni. Tra i dirigenti non medici, gli ultracinquantacinquenni sono il 62,4% e gli ultrasessantenni il 36,7%; le donne, che in meno di un terzo dei casi superano i 60 anni, nel 15% sono under 40 (contro meno del 10% tra gli uomini). Più giovane, in media, il personale non dirigente: in quasi un quarto dei casi ha meno di 45 anni (23,9% gli uomini; 25,5% le donne) mentre supera i 60 anni di età solo una su dieci tra le donne e uno su cinque tra gli uomini”.
 
Forti differenze delle retribuzioni dei dirigenti rispetto agli altri comparti
Nel comparto della sanità la retribuzione lorda pro capite ammonta a quasi 83 mila euro l’anno per i medici, a 73 mila euro per i dirigenti non medici e a 31 mila euro per il personale non dirigente. Le retribuzioni medie dei dirigenti del comparto sanità risultano in linea con quelle osservate per i dirigenti dei Corpi di Polizia e delle Forze Armate, per i dirigenti scolastici e i dirigenti delle professionalità sanitarie dei ministeri; sono invece sensibilmente più basse di quelle dei dirigenti degli Enti pubblici non economici (158 mila euro), della Presidenza del Consiglio dei Ministri (150 mila), delle Agenzie fiscali (137 mila), del personale di Magistratura (137 mila euro) e degli Enti di ricerca (116 mila).
 
Per i non dirigenti busta paga in linea con il resto della PA
La retribuzione del personale non dirigente presenta una variabilità più contenuta rispetto agli altri comparti. Il personale strettamente sanitario percepisce, in media, oltre 33 mila euro, circa 10 mila euro in più di quello amministrativo, tecnico, ausiliario della scuola (23 mila euro) e circa 23 mila euro in meno del personale non dirigente della Presidenza del Consiglio dei Ministri (56 mila euro).
6 maggio 2020
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