Nonostante la qualità generale dei servizi per la salute mentale sia discreta, troppo forti restano le differenze tra struttura e struttura, come resta un miraggio scarsa l’integrazione dei centri con gli altri servizi sanitari a cui dovrebbero essere collegati. Tra le maggiori criticità ci sono gli aspetti legati alla sicurezza del paziente e all’accesso ai servizi, soprattutto a causa della mancanza di collegamento con l’emergenze-urgenza e dei ridotti orari di apertura dei centri. Questo, in estrema sintesi, il quadro disegnato dal 'Rapporto Audit civico nella salute mentale: i cittadini valutano i servizi' presentato oggi a Roma da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato ed elaborato sull’analisi dei Dipartimenti di salute mentale (DSM), dei Servizi psichiatrici diagnosi e cura (SPDC) e dei Centri di salute mentale (CSM) di 6 Aziende sanitarie italiane (2 della Lombardia, 1 della Liguria, 1 del Veneto, 1 dell’Abruzzo e 1 della Campania).
Si tratta di un progetto pilota realizzato con la collaborazione di AstraZeneca e che ha valutato con il punto di vista dei cittadini attraverso la collaudata metodologia dell'Audit civico. Sono stati 321 gli indicatori presi in esame; raggruppati in 10 fattori: l'accessibilità al servizio; l'integrazione tra i servizi; il comfort delle strutture; la sicurezza dei pazienti; la continuità assistenziale; il miglioramento della qualità e la formazione professionale; l'informazione e la comunicazione; la personalizzazione delle cure, privacy e umanizzazione; i rapporti con le famiglie; i rapporti con la comunità.
Ed ecco le criticità emerse dal confronto di alcuni indicatori tra i 3 servizi
(in allegato, a fondo pagina, il Rapporto in versione integrale).
ACCESSIBILITA’
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DSM |
SPDC |
CSM |
Giudizio |
Buono |
Discreto |
Discreto |
Nonostante il generale voto positivo, emergono alcune criticità. Se ad esempio i DSM sono poco efficienti nei protocolli di intesa con il pronto soccorso che prevedono un triage per le sindrome psichiatriche, i SPDC registrano anche barriere architettoniche e difficoltà nelle procedure per l’accoglimento degli utenti, ma anche un tempo di apeertura ai visitatori ridotto, spesso inferiore alle 4 ore giornaliere. Anche i CSM vengono criticati per i ridotti tempi di apertura, sia in termini orari che giornalieri, nonché per la mancanza di procedure necessarie ad assicurare gli interventi di emergenze nell’arco dell’intera giornata ed anno.
INTEGRAZIONE TRA I SERVIZI
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DSM |
SPDC
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CSM |
Giudizio |
Mediocre |
Discreto |
Mediocre |
Inadeguate nei DSM le procedure scritte di collaborazione con il Servizio di Salute Mentale per adulti e il Servizio di Neuropsichiatria Infantile. Le buone pratiche diminuiscono fino a sparire quando si passa dall’integrazione tra i servizi in ambito sanitario a quella in ambito socio-sanitario. Sono assenti in tutti i DSM osservati procedure scritte di collaborazione con i distretti scolastici, con la medicina scolastica, col servizio materno infantile e con i consultori. Solo in due DSM sono adottate procedure di collaborazione con i servizi di assistenza ai disabili e agli anziani.
Simile situazione nei CSM, dove le pratiche di collaborazione con le forze dell’ordine, la magistratura e le strutture penitenziarie che sono presenti solo nella metà dei CSM osservati, la collaborazione con i servizi sociali, con riunioni periodiche di coordinamento e condivisione degli obiettivi del servizio di salute mentale, che è presente in 4 CSM su 6. la collaborazione con il servizio di neuropsichiatria infantile, presente solo in 2 CSM su 6. Del tutto assenti le procedure scritte di collaborazione con gli ospedali psichiatrici giudiziari competenti per territorio.
Quanto alla valutazione migliore raggiunta dai SPDC, il rapporto spiega che “considerando le caratteristiche specifiche del servizio, il numero di indicatori impiegato è molto ridotto”.
SICUREZZA DEI PAZIENTI
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DSM |
SPDC
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CSM |
Giudizio |
Buono |
Buono |
Scadente |
La comparazione tra i DSM porta ad individuare due gruppi ben distinti: un primo che raggiunge il valore massimo di soddisfazione di tutti gli standard e il secondo gruppo si posiziona su un livello mediocre. La gestione della crisi con procedure scritte, invece, è svolta da quasi tutti i DSM, ma la prevenzione della crisi è affrontata attraverso un percorso formalizzato solo dalla metà, a dimostrazione del fatto che la fase di prevenzione è ancora poco curata, e l’aspetto più critico è la gestione delle comunicazioni dopo il verificarsi di un evento avverso, che solo in 2 casi è sostenuta da procedure formalizzate.
Negli SPDC, invece, nonostante il generale giudizio positivo, si registra che solo due realtà dispongono di procedure per la prevenzione delle crisi; solo tre dispongono delle procedure per la gestione delle crisi; solo tre di quelle per la comunicazione con i pazienti e/o con i familiari; solo tre delle procedure per l’identificazione di pazienti a rischio di suicidio.
La situazione peggiora ulteriormente nel livello dei CSM, dove la prevenzione delle crisi è una procedura inesistente in tutti i servizi che hanno risposto, le procedure per la gestione delle crisi sono presenti in un solo CSM e quelle per la comunicazione, con modalità strutturata, con i pazienti e/o con i familiari solo in un altro centro. Leggermente migliore l’attenzione verso la prevenzione del suicidio documentata in due Centri. Il Piano generale per la gestione dei rischi è presente solo in metà delle realtà. La situazione delle strutture è molto diversificata: una sola azienda raggiunge il massimo, due si attestano sul mediocre, una sullo scadente e ben due CSM non rispettano neanche uno standard.