Tra il 2007 e il 2017 il nostro Servizio sanitario nazionale ha subito una drastica dieta: in 10 anni sono stati chiusi circa 200 ospedali, tagliati 45 mila posti letto, ridotto di 10 mila unità il personale medico (tra ospedalieri e convenzionati) e di 11 mila quello infermieristico.
Certamente sono gli anni della lunga crisi economica ma purtroppo il trend è lo stesso che già nei dieci anni precedenti registrammo in una
nostra analisi. Insomma una parabola che dagli anni 2000 ha visto ogni anno una lenta ed inesorabile erosione della nostra sanità (soprattutto pubblica come vedremo).
È migliorata l’appropriatezza delle cure e ci sono nuove tecnologie, per cui si ricovera di meno. E sono anche cresciute (poco) le strutture territoriali ma è purtroppo sotto gli occhi di tutti in questo periodo di emergenza che gli investimenti in sanità negli ultimi 10 anni sono stati inadeguati (nonostante il fondo sanitario tra il 2007 e il 2017 sia cresciuto di 15 miliardi).
E oggi, purtroppo in piena emergenza se ne sono accorti 60 milioni di italiani facendo tornare molti nodi al pettine.
Partiamo dagli ospedali: secondo i dati dell’Annuario del Ssn del Ministero della Salute nel
2007 il Ssn poteva contare su 1.197 strutture ospedaliere mentre nel
2017 sono scese a 1.000, quasi 200 ospedali in meno, il 16%.
Nel 2007 c’erano poi 9.820 strutture per l’assistenza specialistica ambulatoriale. Un numero che nel 2017 è sceso a 8.867, ovvero 953 ambulatori in meno (il 10%).
Trend inverso per
l’assistenza territoriale nel 2007 c’erano 5.105 strutture per l’assistenza territoriale residenziale mentre nel 2017 se ne registrano 7.372 (+2.267 pari al 44% in più). In aumento anche le strutture per l’assistenza territoriale semiresidenziale, nel 2007 erano 2.280 mentre nel 2017 sono 3.086. In calo invece le altre strutture di assistenza territoriale (erano 5236 nel 2007 e sono 5.586 nel 2017). In aumento infine le strutture per l’assistenza riabilitativa (erano 912 nel 2007 e sono 1.122 nel 2017).
In generale però si è assistito ad un aumento in percentuale della componente privata. Un esempio per tutti nel 2007 gli ospedali privati erano il 45% mentre nel 2017 sono il 48%.
Meno ospedali ma anche
meno posti letto. In totale il Ssn nel 2007 poteva contare su 259.476 posti letto contro i 213.669 del 2017, circa 45 mila in meno (il 17%). Un calo in tutti i comparti: degenza ordinaria, day hospital e day surgery.
Di contro le
terapie intensive sono aumentate nel 2007 c’erano 4.392 posti letto di terapia intensiva (7,4 per 100.000 ab.) mentre nel 2017 se ne registrano 5.090 (8,42 per 100.000 ab.), ovvero ve ne sono 698 in più (il 16%) anche se, come stiamo vedendo, il numero è in ogni caso insufficiente a gestire un'emergenza come quella causata da Covid-19. Dagli ultimi dati poi risulta che nel 2018 sono saliti fino a 5.284.
Meno ospedali, meno letti e ovviamente anche
meno personale.
Nel 2007 il Ssn poteva contare su 649.248 unità e risultava così ripartito: il 69,7% ruolo sanitario, il 18,3% ruolo tecnico, il 11,7% ruolo amministrativo e lo 0,2% ruolo professionale. Nel 2017 se ne contano quasi 46 mila in meno. Ovvero ammonta a 603.375 unità e risulta ripartito: il 71,5% ruolo sanitario, il 17,6% ruolo tecnico, il 10,7% ruolo amministrativo e lo 0,2% ruolo professionale.
Nello specifico i medici sono scesi dai 106,8 mila del 2007 ai 101,1 mila del 2017 (-5,7 mila) mentre gli infermieri sono passati dalle 264.177 unità del 2007 ai 253.430 del 2017.
In calo anche i medici del territorio. I medici di famiglia nel 2007 erano 46.961, dieci anni dopo 43.731 (-3.230, il 6,8%). I medici titolari di guardia medica erano 13.109 nel 2007 che sono scesi a 11.688 nel 2017 (-1.421, il 10%). Si sono ridotti anche i pediatri (dai 7.657 del 2007 ai 7.590 del 2017).
Non è certamente questo il momento per attribuire colpe e responsabilità di quello che in tutta evidenza è il declino di uno dei nostri capisaldi di protezione sociale. Ma la dura realtà dei numeri impone certamente a tutti che non possiamo continuare a prestare attenzione al nostro Stato solo quando ci sono le emergenze.
Luciano Fassari