In un
precedente articolo avevo espresso considerazioni sul fatto che era stato più facile in questo ultimo quarto di secolo trasformare l’infermiere da professione ausiliaria a professione intellettuale nell’accezione liberale, laureata e per qualche centinaia di loro dirigenti se non direttori di dipartimento con centinaia e talora migliaia di dipendenti, che far evolvere le loro competenze implementandole o specializzandole in rapporto al mutato quadro epidemiologico e demografico del Paese nonché in relazione alla continua e dinamica evoluzione scientifica, tecnologica, formativa ed ordinamentale del nostro SSN.
La mitica “massaia di Voghera” avrebbe candidamente affermato che il primo fattore sarebbe stato difficile se non impossibile da realizzare mentre il secondo non sarebbe potuto che essere ovvio e scontato; ovvio e scontato non lo è stato se per un quarto di secolo l’implementazione delle competenze degli infermieri, delle ostetriche e delle altre professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, è stata contrastata in ogni maniera.
Come ho ricordato più volte solo il vigente contratto collettivo nazionale del personale del comparto sanità ha invertito la tendenza dando vita a norme che permettono il riconoscimento delle competenze avanzate e specialistiche, tant’è che la stessa bozza del Patto per la salute vede in queste norme contrattuali lo strumento per la valorizzazione di queste professioni.
Anche per questo il nuovo
Accordo Stato-Regioni di riordino del sistema dell’emergenza ha potuto legittimare e codificare il see and treat e il fast track che da sperimentazioni regionali diventano una norma e un modello nazionali.
La contrattazione integrativa aziendale in corso sta attuando questa norma e, come il nuovo giorno nasce da un sole che sorge a oriente, così dal Nord est dell’Italia e precisamente dalla Regione del Veneto, arriva, la nascita della prima delibera regionale, per quel che so, per avviare le procedure per dare attuazione alle norme contrattuali relative agli incarichi professionali di “professionista esperto” e “professionista specialista”.
Certo sarebbe stato quanto mai più opportuno un orientamento unitario ed unificante delle Regioni per un’omogenea e sollecita attuazione di queste norme contrattuali, attese da un lustro di anni e sarebbe quanto mai auspicabile che in tal senso la Conferenza delle Regioni recuperi un’iniziativa di indirizzo in tal senso.
La delibera in questione descrive con precisione e con riferimenti della letteratura scientifica internazionale di settore, il fenomeno dell’implementazione delle competenze, individuando per gran parte delle professioni comprese nella legge 251/00 sia sanitarie che sociosanitarie, cioè compresa quella di assistente sociale, quegli incarichi di professionista esperto che intanto possano essere individuati e ricompresi nella programmazione regionale, le modalità di riconoscimento di corsi e master analoghi nei contenuti già effettuati nonché le modalità per individuare chi possa partecipare a tali corsi e per iniziare individua la tipologia e le procedure attuative per i primi corsi di professionista esperto che possono essere attivati.
È augurabile che altrettanto impegno programmatorio ed attuativo sia espresso dalle altre Regioni e Province Autonome, considerato che le direttive emanate dal Comitato di Settore Regioni Sanità all’ARAN per il rinnovo del contratto del personale del comparto sanità in merito, partivano dalla considerazione che in alcune Regioni, con propri atti, erano state implementate le competenze di parte mirata del personale infermieristico attraverso corsi e protocolli operativi dalle stesse Regioni programmati ed attuati e pertanto sarebbe quanto mai opportuno che sia le Regioni che in questo campo sono state antesignane come le altre che ancora non hanno avviate queste procedure, diano piena attuazione a tali norme contrattuali ad iniziare dal giusto e dovuto riconoscimento a chi l’implementazione delle competenze professionali la esercita da tempo.
Saverio Proia