Essere curati al proprio domicilio. Un maggiore coinvolgimento di pazienti ed esperti nella determinazione dei bisogni e anche una maggiore integrazione tra le prestazioni e le terapie tecnologiche. E ancora, la definizione di standard omogenei sul territorio nazionale e più formazione e specializzazione rispetto alle singole patologie.
Sono queste alcune priorità imprescindibili, con riferimento alle cure domiciliari e al lavoro svolto dagli Home care provider,
indicate da Aism, Uildm, Aisla, Famiglie Sma, Associazione Italiana Bpco Onlus, Respiriamo insieme, Associazione Anna e Un Filo Per la Vita, in un Consensus paper presentato nel corso dell’incontro “Le cure domiciliari e il ruolo degli Homecare provider - Integrazione dei servizi, valore per il paziente” organizzato da Federchimica - Assogastecnici.
In particolare, le Associazioni sollecitano la necessità e l’urgenza di adottare misure innovative che possano garantire standard ottimali di presa in carico e cura dei soggetti fragili. Per le Associazioni di pazienti, l’assistenza Territoriale, risulta ad oggi poco strutturata e sottofinanziata
“è necessario dunque – sottolineano in una nota – intraprendere un percorso che arrivi alla definizione di nuove proposte di policy tese alla creazione di modelli integrati di cure domiciliari sulla base dei bisogni insoddisfatti dei pazienti. Nel complesso, si tratta della richiesta di migliorare le modalità di erogazione di beni e servizi, di modo che siano in grado di supportare il paziente con personale di assistenza qualificato e tecnologie innovative secondo la giusta determinazione dei bisogni.
Una richiesta in linea con quanto segnalato dagli Homecare Provider, i fornitori di servizi e assistenza domiciliari, che si affiancano ai caregivers e alle figure sociosanitarie nell’assistenza a persone che per le malattie o l’invecchiamento hanno bisogno di supporto in alcune funzioni vitali.
Un settore che gestisce 384mila pazienti all’anno eimpegna oltre un migliaio di addetti (il totale del comparto, incluso il settore industriale, arriva a circa 5mila addetti tra cui infermieri, dipendenti, fisioterapisti, personale sanitario e Oss), operando nell’ambito del Ssn in coordinamento con Asl, ospedali, medici di medicina generale e specialisti. E che rimarca la necessità di affrontare criticità, tra le quali la complessità e la frammentazione del sistema delle cure domiciliari nel nostro Paese
Di seguito le richieste dei pazienti contenute nel Consensus Paper
1. Riconoscere un diritto: essere curati al proprio domicilio. Le cure domiciliari rappresentano un bene fondamentale per i pazienti, soprattutto cronici e anziani, che necessitano di prestazioni di media-alta complessità assistenziale e che spesso presentano anche fragilità sociali. Il Ssn deve pertanto saper interpretare tali bisogni alla luce delle radicali trasformazioni sociali e delle sfide che i rapidi mutamenti epidemiologici stanno evidenziando, favorendo l’implementazione di nuovi modelli assistenziali in grado di dare risposte efficaci a pazienti che troppo spesso, una volta dimessi dalle strutture, vengono lasciati a se stessi.
2. Maggiore coinvolgimento di pazienti ed esperti nella determinazione dei bisogni. Le Associazioni dei pazienti e rappresentanti della comunità scientifica devono essere coinvolti nei processi decisionali che definiscono le modalità di approvvigionamento dei servizi homecare, per la determinazione delle esigenze del singolo paziente e del contesto di riferimento, alfine di ridurre le spese evitabili e di bisogni insoddisfatti.
3. Maggiore integrazione tra le prestazioni (sanitarie) e le terapie (tecnologiche). Il Ssn deve garantire ai pazienti con elevate complessità assistenziali una presa in carico integrata tra tutte le prestazioni fornite al domicilio del singolo paziente in capo ad un unico soggetto erogatore. In questo modo si supererebbe la frammentazione delle cure e si assicurerebbe un costante monitoraggio clinico, il miglioramento dell’aderenza terapeutica, la riduzione dei ricoveri ospedalieri improprie le riacutizzazioni evitabili. Sotteso a questo modello di presa in carico c’è il principio della libera scelta del paziente, che può validare in autonomia i servizi ricevuti, assicurando così la stabilità degli indicatori di qualità (il c.d. “patient report ed outcome”).
4. Definizione di standard omogenei sul territorio nazionale. Per superare le profonde variabilità regionali, che troppo spesso limitano l’accesso alle cure dei cittadini in base al luogo di residenza, è necessario prevedere a livello nazionale standard prestazionali minimi sulle migliori modalità erogative delle terapie per un adeguato livello di servizio domiciliare. Tutti i pazienti hanno il diritto di ricevere lo stesso servizio, a pari qualità e professionalità, attraverso criteri prestabiliti in tutto il territorio nazionale.
5. Maggiore formazione e specializzazione rispetto alle singole patologie. Per fronteggiare i livelli di complessità delle patologie è imprescindibile promuovere percorsi formativi specifici finalizzati ad assicurare un’adeguata preparazione del personale dedicato in capo ai provider di servizi domiciliari.