È da apprezzare il risultato ottenuto dal neoministro Roberto Speranza di avere lavorato per incrementare di duemila milioni il redivivo Fondo Sanitario Nazionale - inconcepibilmente resistente alla sua abrogazione avvenuta ad opera della legge 42/09 che ha introdotto, in sua vece, il fabbisogno standard nazionale - che passa così per il 2020 da 114 a 116 miliardi. Un risultato, questo, condito da una affermazione non di poco conto, ovverosia che «le risorse che si mettono nella sanità non vanno considerate banalmente come una spesa, ma come un investimento».
Le Regioni deboli sperano
Tutto questo dimostra che la sanità potrà finalmente vivere una nuova era, dopo l'oscurità degli ultimi anni non affatto alleviata dal recente governo giallo-verde, resosi responsabile della distruzione in Calabria di quel po' di minimale organizzazione di salute ivi rintracciabile.
Una regione rasa progressivamente al suolo sul piano della tutela della salute a causa:
a) storicamente, di governi e di rappresentanti regionali in seno alle Conferenze che l'hanno, rispettivamente, trattata e fatta trattare de residuo, ovverosia di concederle e accettare non ciò che le serviva bensì ciò che rimaneva dal grasso riparto del quale le Regioni, con maggiore peso politico, hanno abbondantemente goduto;
b) recentemente, della brutta abitudine del governo giallo-verde di non chiedere scusa di un provvedimento sbagliato negli ideali e nei metodi, il D.L. cosiddetto Grillo, convertito nella legge 60/2019, e di adoperarsi per rimediare. Un doveroso obiettivo al quale, certamente, non si sottrarrà il nuovo ministro che di politica e di sud Italia ne sa qualcosa in più. Lo perseguirà fornendo l'occasione legislativa giusta alle Regioni più deboli, come la Calabria, desertificate di personale, di strutture e, spesso, di idonea governance aziendale, attraverso l'adozione di provvedimenti emergenziali. Non potrà, infatti, non rendersi attore e decisore politico-istituzionale proponente un decreto-legge correttivo di quelle decisioni improvvide contenute nell'anzidetto omologo provvedimento che hanno asfaltato in Calabria persino le impronte digitali del Ssr.
.... anche sui commissariamenti
Un'altra novità, quella preannunciata da Roberto Speranza alla festa della CGIL di Napoli, è stata quella di adoperarsi per il superamento dell'attuale istituto del commissariamento delle Regioni, ex art. 120, comma 2, della Costituzione che ha negato e nega, da oltre un decennio, i Lea alle comunità interessate e che non ha fatto altro che produrre debito, con l'aiuto di una emigrazione sanitaria degna di essere definita un esodo della speranza. Un problema serio da risolvere che non troverà facili soluzioni alternative, atteso che la proposte di legge in giro sono da considerarsi, invero, terapie peggiori del male.
I compiti della politica degna di questo nome
Si preannuncia, quindi, un «Patto per la Salute» che sia veramente tale e non già il solito strumento di facciata, fatto per accontentare (si fa per dire!) tutti. Quello strumento programmatorio che ha compromesso da sempre le esigenze primarie salutari del Sud per la prepotenza esercitata, in sede di Conferenze, dalle Regioni che contano di più, prescindendo dall'appartenenza politica dei loro presidenti che, per l'occasione, hanno fatto solitamente partito a sé. Una aspettativa che diventa prossima ad essere realizzata anche a seguito delle dichiarazioni rese stamane da Luigi Di Maio alla trasmissione di Rai1 Agorà che ha anticipato una riforma della sanità da gennaio a costo zero. Una novità assoluta della quale sarà interessante tuttavia comprendere le modalità giuridico-economiche e i verosimili esiti.
Su tutto: livelli essenziali, costi standard, fabbisogni standard e perequazione
Il problema più importante da superare, per realizzare tutto ciò, sarà però quello di attribuire la giusta contrattualità ai fabbisogni epidemiologici finalmente da rilevare, alle povertà strutturali, alle deprivazioni socio-economiche che le persone subiscono da decenni, alle urgenze da colmare, soprattutto a quelle che distinguono una assistenza normale da una assistenza che non c'è per oltre 30 milioni di cittadini del Mezzogiorno
Il tutto, imprescindibilmente condito da una concreta accelerazione del federalismo fiscale: individuazione livelli essenziali di assistenza sanitaria e sociale, determinazione dei costi standard, metodologie di individuazione dei consequenziali fabbisogni standard da calcolarsi sulla base dei predetti gap sociali e, infine, costituzione «fisica» del fondo perequativo senza il quale non si arriva da alcuna parte.
Un problema serio: le resistenze della burocrazia
Occorrerà altresì una azione «formativa» della burocrazia ministeriale che ha fatto di tutto in questi anni per non applicare le leggi, peraltro vecchie di 10 anni. Ciò in quanto perché ogni automatismo e ogni valorizzazione obiettiva delle risorse occorrenti (costi/fabbisogni standard), specie se fatti bene, le avrebbero sottratto quella leva di comando che ha costituito la sua fortuna «nei secoli» e determinato quel peso contrattuale al quale la politica è costretta a soggiacere ad essa perennemente.
Doveri ineludibili, questi, anche in presenza dell'attuazione del regionalismo differenziato che è oramai inarrestabile. Guai a non porre le basi per far sì che sia un successo per tutti e non la condanna a morire per alcuni, i soliti del Mezzogiorno.
Ettore Jorio
Università della Calabria