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QS Edizioni - domenica 24 novembre 2024

Studi e Analisi

Con il Governo Conte bis il riscatto del Sud?

di Ettore Jorio
immagine 9 settembre - I punti centrali sono il 16, il 17 e il 19 del programma di governo. Praticamente, una formula indivisibile per ridare alla Nazione ciò che le spetta e per restituire al Sud Italia quanto impeditogli in termini di livelli essenziali di prestazioni afferenti a tutti i diritti sociali. Leggendo la intervista sul Corsera del neo ministro Speranza cresce la fiducia. "Non è da poco, infatti, la sua affermazione che «le risorse messe a disposizione nella sanità sono un investimento sulla vita delle persone"
Tre i punti focali, tra quelli declinati nel programma di governo, funzionali ad incidere sulla sanità. Tre numeri fondamentali per migliorare la qualità del prodotto salute. Tre i propositi scanditi al riguardo, che si renderanno idonei allo scopo se: interagenti, ineludibilmente complementari e integrativi l’uno dell’altro. Ciò in quanto complessivamente influenti sulla esigibilità paritaria dei diritti e sull’eguaglianza sostanziale, da rendere ovunque e da chiunque esigibili.

Insomma, un progetto politico-programmatico del governo Conte bis, strumentale a generare l'unità giuridica ed economica della Repubblica da concretizzare attraverso la sostenibilità, nel medio termine, del bilancio dello Stato, il ripianamento del debito pubblico e una uguale erogazione dei diritti sociali alle persone, prescindendo se residenti nel nord o nel sud del Paese. Spero proprio che ci si riesca, con un Mezzogiorno lasciato al palo tanto da rendere drammatica la situazione in alcune regioni, la Calabria su tutte.
 
Il terno vincente sulla ruota del Mezzogiorno
I punti sono il 16, il 17 e il 19. Praticamente, una formula indivisibile per ridare alla Nazione ciò che le spetta e per restituire al Sud Italia quanto impeditogli in termini di livelli essenziali di prestazioni afferenti a tutti i diritti sociali. Tutto questo rappresenta la sintesi di quanto potenzialmente reso possibile dalla messa insieme degli anzidetti tre processi attuativi, che sarebbe un bel guaio mantenere invece destinati ad una applicazione indistinta e separata.
 
Il passato insegna ove dirigere gli sforzi
Una buona sanità costituisce uno degli obiettivi prioritari del Paese, resa impossibile sino ad oggi dalla storia, dagli errori delle istituzioni regionali dell'Italia meridionale (ma anche di una parte di quella centrale) spesso caratterizzate dal pessimo prodotto decisionale. Ciò è avvenuto soprattutto in quelle Regioni - scopertesi (si fa per dire, perché hanno vissuto sempre ricorrendo alla formazione di un debito enorme poi sanato acriticamente dalla manna statale con conseguente ingigantimento di quello pubblico) campionesse di indebitamento plurimiliardario causato dagli investimenti improduttivi, dalle ruberie e da una spesa corrette troppo à la carte - che raccolgono una popolazione di abitanti di poco inferiore alla metà di quella nazionale. Una "scoperta" che ha determinato, al 2011, la rendicontazione di un debito pregresso enorme da ripianare, alla cui formazione ebbi modo di contribuire prima ad evidenziarlo (quanto al Lazio e alla Campania) e poi a contabilizzarlo (quanto alla Calabria).

Sono così venuti fuori saldi negativi multimiliardari da sottoporre a ripianamento, con ricorso diretto alle tasche dei cittadini residenti, di circa dodici miliardi di euro del Lazio, di otto della Campania, di due della Calabria e così via con buchi di miliardi di euro in Sicilia, Abruzzo e Molise, oltre a quelli all'epoca nascosti per evitare alla politica una ulteriore «brutta figura». Un problema, quello della generazione del debito, che si è reiterato anche a cura dei commissariamenti ad acta che sono intervenuti, da circa dieci anni, nonostante i disavanzi annui coperti con nuova fiscalità.
Basti pensare che in Calabria, nonostante venga pagato un rateo annuo di un mutuo trentennale, a tasso usuraio, di € 30.740.425, si registrano disavanzi economici di oltre 160 milioni con pesante carico fiscale sulle tasche dei cittadini, a fronte del peggiore prodotto sanitario in assoluto.
 
L'aspettativa collettiva e gli strumenti
La speranza che offre la lettura combinata degli anzidetti tre punti è ampiamente giustificata, e non solo per il rispetto che si deve al cognome del nuovo ministro. Dalla loro sintesi enunciativa - a condizione che la stessa venga riempita di contenuti e ripiena di provvedimenti attuativi che assicurino poi la salute reale - emerge un buon progetto:
- la tutela del bene comune sanità (francamente avrei preferito la definizione di salute in quanto essa è il bene comune!) messa in primo piano (punto 19);
- l'elaborazione di un piano straordinario di investimenti al Sud, funzionale a curare il divario esistente nel Paese (punto 16), tale da assicurare una perequazione infrastrutturale senza la quale non sarà possibile alcuna ripresa;
- un'autonomia differenziata condizionata e differita al momento nel quale sarà completato il processo di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni socio-sanitarie (fermo da 18 anni), di valorizzazione di costi standard e dei fabbisogni standard regionali relativi e, infine, la costituzione fisica e dinamica del fondo di perequazione, fermi tutti da oltre otto anni (punto 17).
Da quanto detto, emerge la ferma decisione del Governo di volere (ri)fare l'Italia, prioritariamente quella dei diritti fondamentali, e poi tutto il resto.
 
Il buongiorno si vede (ancora) dal mattino? Occorre, subito, un altro decreto legge pro Calabria!
Leggendo la intervista sul Corsera del neo ministro Speranza - al quale spetterà il compito di ricostruire in Calabria (il solito esempio del peggio) ciò che anche la sua predecessora ha sensibilmente contribuito a distruggere, magari ricorrendo ad un suo decreto legge per risolvere le sopravvenute emergenze non procrastinabili perché mettono a rischio della vita i calabresi - cresce la fiducia. Non è da poco, infatti, la sua affermazione che «le risorse messe a disposizione nella sanità sono un investimento - per loro conto - sulla vita delle persone, non possono essere banalmente considerate spesa pubblica». 
 
Prof. Avv. Ettore Jorio
Università della Calabria 
9 settembre 2019
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