Prestazioni non urgenti o programmate: il privato ha tempi minori del pubblico e costi minori rispetto all’intramoenia. Ma non c’è da gridare allo scandalo, perché l’attesa non incide sui rischi per la salute e anzi “nella misura in cui i tempi di attesa dipendano, ad esempio, da un diffuso ricorso alla programmazione dei controlli, potrebbero persino rappresentare un indicatore indiretto della diffusione di pratiche di medicina proattiva e di ricerca di efficienza”.
A dirlo è la seconda edizione Rapporto
‘Osservatorio sui tempi di attesa e sui costi delle prestazioni sanitarie nei Sistemi Sanitari Regionali’, promosso dalla Funzione Pubblica Cgil e dalla Fondazione Luoghi Comuni e elaborato da Crea che evidenzia come “sebbene talvolta emergano, per lo più da indagini giornalistiche, attese improprie anche nel caso di prestazioni urgenti, la reale incidenza di queste situazioni non è nota e riteniamo presumibilmente bassa. La coesistenza, nel nostro sistema sanitario, di attese rilevanti e esiti di salute aggregati fra i migliori nel mondo, sembra rassicurare sul fatto che, effettivamente, non si tratti di un tema da legarsi prioritariamente ai rischi per la salute”.
Il rapporto ha preso in considerazione 11 prestazioni sanitarie (specialistiche e diagnostiche) nelle Regioni Emilia Romagna, Liguria, Marche e Sicilia, e permette di confermare le evidenze emerse nella rilevazione 2017 in Campania, Lazio, Lombardia e Veneto.
La sintesi del Rapporto.
Il primo dato che emerge dallo studio è che i tempi medi di attesa per effettuare una visita medica non urgente attraverso il Sistema Sanitario Nazionale sono nettamente maggiori rispetto a quelli dell’offerta privata: 60 giorni nel pubblico (due mesi) a fronte di 9 nell’intramoenia, 7 nel privato e 39 per il privato convenzionato. Ma certamente questo non è uno scandalo e il report segnala che “per la maggioranza dei casi, è improprio ipotizzare correlazioni fra le liste di attesa rilevate ed eventuali rischi per gli esiti di salute”
Nel dettaglio delle prestazioni, i giorni di attesa della Sanità pubblica sono estremamente lunghi: per esempio, 112 giorni per una Colonscopia (quasi quattro mesi di attesa), contro 11 giorni di attesa in intramoenia, 79 nel privato convenzionato e appena 11 nel privato. Ma ripetiamo si tratta di prestazioni non urgenti.
Costi. Per quanto riguarda i costi delle prestazioni sanitarie, dallo studio emerge come circa la metà delle prestazioni mediche prese in considerazione ha un costo inferiore nel privato piuttosto che in intramoenia. È il caso, per esempio, della ecocardiografia, che in intramoenia costa in media 109 euro, contro i 98 del privato.
Confronto tra regioni. Aspetto importante e significativo, che rappresenta un valore aggiunto rispetto allo studio dello scorso anno, è quello che, partendo dai valori medi dei tempi di attesa per le prestazioni sanitarie pubbliche, indaga il confronto tra le regioni, scattando una fotografia della situazione della sanità pubblica in Italia. Si mostra infatti evidente il divario che intercorre tra alcune regioni del paese. La regione che eccelle, in termini di tempi di attesa per le prestazioni mediche, è l’Emilia Romagna con una media di 30 giorni di attesa, a seguire Liguria e Campania, poi il Veneto, la Sicilia, la Lombardia, il Lazio, per ultima le Marche con una media di 110 giorni di attesa per una visita nella sanità pubblica.
Nello specifico delle visite specialistiche, ad esempio per una visita ortopedica sono 19 i giorni di attesa in Emilia Romagna, contro addirittura i 91 giorni delle Marche.
Secondo la Fp Cgil le “forti disparità regionali, in termini di equità e di carenze organizzative, con il dato di eccellenza di regioni come l’Emilia Romagna, un esempio di ‘best practice’ che dimostra come sia in effetti possibile migliorare, in un tempo relativamente breve, le performance. Non è un caso - aggiunge - che l’Emilia Romagna nell’ultimo biennio abbia investito sul personale (con oltre 5mila assunzioni, di cui 1.450 precari stabilizzati) e sui sistemi di controllo informatizzati, strumento fondamentale per un governo pubblico e trasparente dei flussi di accesso alle prestazioni sanitarie. Quello delle liste di attesa rimane ad oggi un problema che si colloca in cima alla lista delle ragioni di insoddisfazione dei cittadini verso il servizio sanitario. Il caso dell’Emilia Romagna, per altro, emerge anche per il forte investimento nella qualità delle relazioni negoziali con il Sindacato su questi temi e gli esiti di questo processo ne sono il frutto”, conclude la Fp Cgil.