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QS Edizioni - venerdì 22 novembre 2024

Studi e Analisi

Perché serve un secondo pilastro del Ssn? Lo spiega Marco Vecchietti (Rbm) in un libro

immagine 8 maggio - “A questo si si dovrà affiancare un ‘reddito di salute’ per sviluppare un sistema di ‘assicurazione sociale’ per chi non è in grado di accedere autonomamente al secondo pilastro sanitario e lo sviluppo di Fondi sanitari territoriali per un regionalismo differenziato non diseguale”. Presentato oggi a Roma alla Camera, il nuovo libro dell’Ad di Rbm Assicurazione Salute “La salute è un diritto di tutti. Riflessioni e pensieri sul futuro del Ssn”. LE SLIDE DELLA PRESENTAZIONE
È stato presentato oggi oggi a Roma, presso la sala della Regina alla Camera, il libro “La salute è un diritto di tutti. Riflessioni e pensieri sul futuro del Ssn” di Marco Vecchietti, Amministratore delegato e Direttore Generale di Rbm Assicurazione Salute. Obiettivo del volume quello di “fornire un valido strumento di supporto a Istituzioni, parti sociali e soprattutto a tutti gli stakeholder coinvolti nel percorso di superamento dell’attuale sistema sanitario in una prospettiva di maggiore inclusione, equità e sostenibilità”.
 
Per Vecchietti “La salute degli italiani è un investimento per il nostro Paese e non può essere considerata un costo”.  “Esiste – ha detto – una forte incompatibilità tra un sistema sanitario universalistico e la necessità strutturale che i soggetti più fragili debbano integrare individualmente le spese per le proprie cure sono 8,1 milioni gli italiani (13,5%) che non hanno più la possibilità di essere assistiti dallo Stato nei loro percorsi di cura ed il trend non sembra rallentare”.
 
E allora cosa fare? Per Vecchietti occorre “Introdurre in modo organico un ‘Secondo pilastro sanitario integrativo’ che ‘raddoppierebbe’ il diritto alla salute degli italiani non costringendoli più a subire le lunghe attese del Ssn, offrendo un’altra via possibile oltre a quella del pagamento di tasca propria e per intero delle cure sanitarie o addirittura, ancora peggio, della rinuncia alle cure”.  
 
“La tenuta del Sistema sanitario – ha spiegato Vecchietti – dipende dalla sua capacità di affrontare con efficacia le importanti sfide in campo demografico, economico e sociale che attendono il nostro Paese nei prossimi anni. In questa prospettiva è cruciale pianificare un ‘robusto tagliando’ del Ssn che affronti strutturalmente i temi del finanziamento, della qualità e dell’accessibilità delle cure per recuperare le quote di universalismo perdute in questi anni e ripristinare la capacità redistributiva del sistema”.
 
Secondo i numeri forniti da Vecchietti su dati della Ragioneria generale dello Stato - Corte dei Conti “più di 7 italiani su 10 (73%) ogni anno pagano di tasca propria almeno una prestazione sanitaria con una spesa sanitaria privata complessiva che sfiora i 40 miliardi di euro. Un fenomeno, in costante espansione (+9,9% tra il 2013 ed il 2018), che riguarda 2 italiani su 3 (quasi 44 milioni di persone) con un esborso medio di circa 655 euro per cittadino. Nel 2018 sono state oltre 150 milioni le prestazioni sanitarie erogate”.
 
Vecchietti è quindi entrato nello specifico spiegando che: “A partire dal 2025 il fabbisogno assistenziale della popolazione richiederà un incremento della spesa sanitaria di almeno ulteriori 20 miliardi di euro (Fonte Rgs). Per non incrementare ulteriormente l’ammontare medio procapite della spesa sanitaria finanziata di tasca propria bisognerebbe ridurre di circa 1/3 gli attuali Lea o per mantenerli inalterati bisognerebbe aumentare il contributo pagato di tasca propria dagli italiani per le cure private di 580 euro a testa e 1.074 euro procapite”.
 
Diversi gli spunti e le aree di intervento evidenziati dall’Ad di Rbm Salute nel volume. In primis secondo l’autore “occorre ridefinire gli ambiti prioritari di tutela del Ssn, superando il sistema dei Lea ‘onnicomprensivi’ per passare a un sistema di Livelli effettivi di assistenza. Quindi innovare gli strumenti attuativi del Ssn diversificandone le fonti di finanziamento sulla base delle migliori esperienze di welfare a livello europeo (multi-pilastro) per mantenere intatti i principi fondanti e rideterminare il perimetro di azione dell’attuale sanità integrativa con un allineamento sull’attuale perimetro della spesa sanitaria privata”.
 
E ancora, “istituzionalizzare la sanità integrativa per assicurare nell’ambito di un sistema a governance pubblica e gestione privata una gestione collettiva della spesa delle famiglie attraverso un’intermediazione strutturata da parte di un Secondo pilastro sanitario complementare, da affiancare al Ssn, in continuità con l’impostazione da seguire nel settore previdenziale con riferimento a Fondi pensione”.
 
Non solo, per Vecchietti, occorre alimentare un “Reddito di Salute, con un prelievo di scopo a valere sui versamenti complessivi destinati alla sanità integrativa per sviluppare un sistema di Assicurazione Sociale diffusa per le categorie non in grado di accedere autonomamente al secondo pilastro sanitario.
 
Occorre poi “sviluppare i Fondi sanitari territoriali, per un regionalismo differenziato ‘non diseguale’ al fine di dare attuazione a politiche sanitarie integrate pubblico-privato
in una prospettiva di riavvicinamento dei gap assistenziali tra i diversi Servizi sanitari regionali, anche mediante investimenti mirati in ciascun territorio.
 
Infine, ha suggerito Vecchietti “sarà essenziale sviluppare politiche sanitarie integrate pubblico -privato a livello territoriale che garantiscano una funzionalizzazione delle risorse gestite dalla sanità Integrativa alla promozione ed alla tutela della Salute pubblica attraverso l’integrazione degli erogatori privati (strutture sanitarie) e dei terzi paganti (Fondi e Compagnie Assicurative) in una prospettiva di secondo pilastro sanitario complementare per tutti i cittadini anche in un’ottica di gestione sinergica con il Ssn, di circolarità delle informazioni sanitarie (Fascicolo sanitario elettronico Integrato) e di supporto agli Investimenti sanitari in ciascun territorio. Sarebbe opportuno pianificare una transizione da un ‘welfare occupazionale’ ad un ‘welfare di cittadinanza, attraverso l’evoluzione del welfare integrativo da strumento contrattuale a strumento di tutela sociale in una prospettiva di presa in carico dell’intero progetto di vita”.
 
“I bisogni di cura dei cittadini – conclude Vecchietti –  sono cambiati. Bisogna chiedersi, a questo punto, se lasciare i cittadini di fronte alla scelta di pagarsi da soli (quando il proprio reddito glielo consente) le prestazioni sanitarie aggiuntive di cui hanno bisogno o creare un secondo pilastri sanitario complementare che garantisca a tutti nel rispetto dei medesimi valori fondanti del Ssn uguali condizioni di accesso ai nuovi bisogno di cura. Continuare a non prendere una posizione su questo tema vuol dire rimanere coerenti in teoria con un’impostazione, ormai superata dai fatti, che vede nel Ssn l’unico interlocutore per la salute dei cittadini accettando, tuttavia, nella pratica un’inesorabile erosione di quel diritto alla salute dei cittadini”.
8 maggio 2019
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