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QS Edizioni - domenica 22 dicembre 2024

Studi e Analisi

Anche la sanità in stand by per le Europee? Forse no, ma le cose in ballo sono molte e prima o poi si dovranno prendere delle decisioni

di Cesare Fassari
immagine 1 maggio - Sono tantissimi i soggetti e i settori interessati (dai medici alle imprese del settore) a capire come si muoverà il Governo dopo il lungo ponte elettorale che ha di fatto rallentato, se non bloccato, intese e accordi su molte questioni importanti (sanità compresa). Ecco cosa potrebbe accadere e i nodi da sciogliere per Grillo & C.
Sta per finire questo lungo ponte che ha visto moltissimi italiani impegnati in turni di vacanze a singhiozzo a cavallo di Pasqua, 25 aprile e 1 maggio.
 
Non è invece finito il lungo ponte virtuale che da qualche mese sovrasta ogni discussione e decisione politiche impedendone di fatto la loro definizione: è il ponte temporale sul quale stiamo lentamente ma inesorabilmente transitando verso il 26 maggio, quando voteremo per il rinnovo del Parlamento europeo.
 
Una scadenza alla quale tutti guardano con un misto di paura e speranza (ovviamente non in tutti presenti in pari misura) perché quel voto sancirà l’inizio di un nuovo round anche per la legislatura nazionale.
 
Di ipotesi sul dopo ne sono state fatte e se ne faranno ancora parecchie da qui al 26 maggio e sono al momento così riassumibili:
- rimpasto o comunque ridefinizione degli equilibri reali nel Governo;
- apertura di una crisi che potrebbe portare ad elezioni anticipate;
- oppure nulla di tutto questo, con l’Esecutivo Conte che assorbe senza troppi traumi il voto e va avanti con l’inedito stile di un Governo “contrattualizzato” e quindi costantemente impegnato a negoziare e rinegoziare accordi e obiettivi.
 
In questi scenari anche la sanità attende di capire cosa accadrà perché sono tante le cose da fare e da rivedere un po’ in tutti i settori:
- dai medici e dirigenti ancora senza rinnovo contrattuale e alle prese con una crisi di ruolo e status senza precedenti e con la paura di dover subire una progressiva “proletarizzazione” economica e professionale;
 
- al management di Asl e Ospedali, ancora una volta nel mirino per il sospetto che si tratti di una categoria di yes man della politica e quindi da spazzare via per essere sostituita da tecnici “indipendenti”;
 
- alle tante professioni sanitarie che dopo lo sballo del riconoscimento dei nuovi Ordini devono fare i conti con la dura realtà delle cose che li vede inchiodati agli stessi ruoli e alle stesse carriere;
 
- alle industrie del settore, corteggiate per il loro ruolo di traino all’economia ma allo stesso tempo viste sempre con sospetto perché “fanno soldi sulle malattie”;
 
- alla sanità integrativa e più in generale alla sanità privata, due realtà utilizzate da milioni di cittadini ma ancora oggi vissute spesso come “aliene” rispetto al Ssn.
 
Su tutto poi l’ormai annosa questione della sostenibilità della sanità pubblica che anche questo Governo non riesce a inquadrare in una prospettiva compiuta: un mero fattore di spesa o anche un fattore di sviluppo e quindi da maneggiare con cura?
 
A parole tutti sposano la seconda tesi, ma nei fatti? Il barile dei conti pubblici è a livello di raschiamento e quando si è in queste condizioni la tentazione di aggredire un comparto da quasi 120 miliardi di spesa può diventare irresistibile…
 
E in ultimo un’altra grande questione che vede anche la sanità come protagonista: quella delle autonomie (o regionalismo) differenziate (o).
 

Si è scritto e detto molto ma alla fine nella sede primaria che dovrebbe poter dire la sua in modo chiaro ed esaustivo, trattandosi di materia destinata a incidere sulla vita delle persone in tantissimi aspetti, mi riferisco ovviamente al Parlamento, non se n’è ancora parlato.
 
Anche per “colpa” di una norma costituzionale (terzo comma dell’articolo 116, retaggio dimenticato, fino all’anno scorso, della riforma del 2001) così poco definita e così diversamente interpretabile da far sì che secondo alcuni Camera e Senato non avrebbero altro ruolo che quello notarile di validare o bocciare, senza possibilità di emendarla, l’intesa tra Governo nazionale e Governi regionali.
 
Anche questa partita è ferma e rinviata al dopo 26 maggio ma, salvo terremoti politici, stiamo certi che tornerà in primo piano, non solo per volontà della Lega ma anche per la spinta a questa nuova forma di Devolution proveniente da moltissime regioni, pure di centro sinistra, Emilia Romagna in testa.
 
Su tutti questi aspetti come si muoverà il Governo (ovviamente nell’ipotesi di continuità anche dopo il voto europeo)?
Come risponderà ai medici esasperati e preoccupati del loro futuro?
Come risolverà l’annosa (e pelosa) questione del rapporto tra sanità e politica?
Come affronterà il tema delle nuove competenze e dei nuovi ruoli professionali rivendicati da centinaia di migliaia di professionisti sanitari (vecchi e nuovi)?
Come si porrà davanti alla sfida dell’innovazione tecnologica e scientifica che porta indubbi benefici e farmaci e tecnologie “miracolosi” ma con costi altissimi?
Come tratterà la questione della sanità integrativa e come si rapporterà alle istanze della sanità privata?
Come affronterà il nodo delle risorse e in che misura l’atteso (e anch’esso rinviato) Patto per la salute “Grillo-Bonaccini” farà testo, senza diventare carta straccia come avvenne con il Patto precedente “Lorenzin-Errani” del 2014?
E infine, Cinque Stelle e Lega come tratteranno la partita delle autonomia in sanità?
 
Sette domande (e ovviamente ce ne sarebbero molte altre su altrettante questioni) alle quali dopo questo lungo ponte elettorale qualcuno dovrà per forza rispondere.
 
Cesare Fassari
1 maggio 2019
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