In un recente articolo sulle prospettive della formazione dei medici negli Stati Uniti, Barzansky ed Etzel puntano il dito su una diffusa scarsa capacità di sviluppare un'adeguata forza lavoro in moltissimi sistemi sanitari. Le ragioni sono da ricercare, nella maggior parte dei casi, in un’errata definizione delle priorità, nella mancanza di una politica coerente, nell’assenza di pianificazione e in una scarsa gestione delle risorse umane.
Se proviamo a focalizzare queste riflessioni sul personale medico, la prassi e la letteratura scientifica identificano, fra i principali fattori che influenzano la carenza di medici a livello internazionale, una formazione lunga e costosa, il fenomeno della migrazione dei medici, l’evoluzione dei modelli di lavoro, il prepensionamento, la non linearità dei percorsi di sviluppo di carriera, l’innovazione tecnologica e la questione del genere.
Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, se da un lato, il cambiamento del rapporto tra uomini e donne nella professione medica è sempre più menzionato nei documenti di pianificazione delle risorse umane, vengono ignorati i problemi più complessi delle relazioni di genere. È dunque importante avere consapevolezza di genere nella pianificazione e gestione delle risorse umane con profilo sanitario per almeno tre ordini di motivi:
(i) il genere influenza le scelte occupazionali, i modelli di carriera e le modalità lavorative. Occorre dunque considerare come le diverse strategie, le condizioni di lavoro e le tipologie di contratti di assunzione influenzino la composizione di genere della forza lavoro sanitaria e l’efficacia delle risorse umane con profilo sanitario;
(ii) la considerazione del genere nel posizionamento delle persone nella forza lavoro del settore sanitario non è neutra, soprattutto in alcuni ambiti di specialità;
(iii) permangono bassi livelli di rappresentanza delle donne nei processi decisionali in sanità, dovuti al basso numero di donne di livello senior sia nelle professioni sia nei ruoli gestionali e politici.
Per quanto riguarda la pianificazione delle risorse umane in sanità, vi è un interesse emergente nei metodi e nelle tecniche di pianificazione della forza lavoro, che va oltre l'estrapolazione delle tendenze del personale del passato ma piuttosto tiene conto delle mutevoli esigenze e necessità della forza lavoro del settore sanitario del futuro. Tra le sfide emergenti della pianificazione delle risorse umane nel settore sanitario vi è proprio quella di migliorare le opportunità del mercato del lavoro per la compagine femminile, di perseguire l'uguaglianza all'interno e tra gruppi professionali e nell’organizzazione del lavoro, al fine di ridurre la gerarchia di genere e la stratificazione dello status professionale in base al genere.
Per quanto riguarda la composizione di genere dei medici in Italia, possiamo osservare come dal 2010 al 2016 la percentuale media di medici di genere femminile dipendente a tempo determinato nelle strutture sanitarie pubbliche del Paese sia passata dal 38,35% del 2010 al 42,95% del 2016. Uno dei motivi di attrazione della componente femminile nella sanità pubblica può essere il fatto che il settore pubblico sembra presentare divari di genere nei salari molto più bassi rispetto al settore privato. Se però entriamo nello specifico delle diverse realtà regionali, è possibile osservare ambiti di variabilità significativa, con regioni che nel 2016 presentavano un tasso di medici di genere femminile del 29% (Regione Campania) e regioni che presentavano un tasso di medici di genere femminile intorno al 55% (Regione Sardegna). Il tema da affrontare è però quello di come questo agisca sulle organizzazioni pubbliche e private, specialmente in termini di performance e azioni aziendali.
Accanto ad altre tipologie di reportistica aziendale che sempre più sono predisposte e vengono richieste dai portatori di interesse (bilancio sociale, bilancio ambientale etc..) fa la sua comparsa anche il bilancio di genere. È uno strumento di rendicontazione che, accanto alle altre dimensioni aziendali che vengono monitorate e sono oggetto di misurazione, aggiunge la prospettiva del genere, per raccogliere evidenze e porre le basi per la valutazione della performance su questa area. Con il bilancio di genere si intende incentivare le aziende nel riflettere su come le differenze di genere impattino sul funzionamento organizzativo e su come queste vengano valorizzare e tutelate.
Obiettivo del bilancio è quello di misurare il fenomeno e il suo impatto per l’organizzazione ma anche (e soprattutto) misurare, valutare e orientare le azioni aziendali che ne sono conseguite. Nell’ordinamento italiano si parla di bilancio di genere dal 2007 quando una direttiva nazionale ha recepito le indicazioni europee derivanti dal trattato di Lisbona per le pari opportunità di uomini e donne. Due momenti fondamentali sono arrivati poi nel 2009 e nel 2017: prima si è specificato (D.lgs 150/2009 - L15/2009) che il bilancio di genere dovesse essere presentato insieme alla relazione sulla performance delle Amministrazioni Pubbliche; poi è stata avviata una sperimentazione per introdurre il bilancio di genere nell’ordinamento di riferimento, con la riforma della struttura del bilancio dello Stato.
È stato introdotto l’obbligo di uno specifico adempimento amministrativo ma qual è oggi lo stato dell’arte della realizzazione del bilancio di genere nella PA italiana? Si registrano ad oggi alcuni casi significativi ed interessanti tra i quali quelli di alcune Regioni che prima di altre si sono attivate per supportarne la diffusione: Emilia Romagna, Marche, Piemonte, Toscana. Le aziende sanitarie, per tutti i motivi già presentati sopra, sono tra le aziende pubbliche che più possono beneficiare del bilancio di genere come strumento per indirizzarne le attività utili a valorizzare la femminilizzazione delle professioni sanitarie.
Nell’ambito dell’Executive Master in Management delle Aziende Sanitarie e Socio-Assistenziali (EMMAS) della SDA Bocconi, Concetta Liberatore di ANAAO Toscana ha sviluppato un modello di bilancio di genere che le aziende sanitarie potrebbero implementare, individuando le tematiche più rilevanti da monitorare. Prima area di analisi proposta è quella della situazione lavorativa attuale dei medici in termini di posizione lavorativa, condizione contrattuale e ricorso a modalità di lavoro flessibile.
Una seconda area è quella delle competenze, performance e meriti di carriera raggiunti. Una terza area è quella degli strumenti aziendali attivati per presidiare le necessità di genere e gli effetti ottenuti. Una quarta area è quella del bilancio e dell’analisi delle risorse dedicate in azienda a queste tematiche.
Un’impostazione di questo tipo è funzionale a una logica di creazione di valore in sanità: il bilancio di genere, se esce da una logica di reportistica e adempimento, può diventare uno strumento di misura e di governo del valore delle aziende, anche ma non solo attraverso l’analisi del personale. Il bilancio di genere costituisce solo il primo passo nella direzione di costruire modelli sanitari organizzati secondo logiche value-based.
A tendere bisognerà delineare un modello di gestione del personale che sia sensibile alla questione di genere al fine di migliorare la "work-life balance" e aumentare l’attrattività (staff experience) e la ritenzione dei medici. Per giungere a questi risultati, però, è necessario superare le tradizionali contrapposizioni e decidere di giocare tutti nella stessa squadra: policy-maker, aziende, manager, medici, organizzazioni di rappresentanza e finanche pazienti. Anche da questi temi passa il futuro del nostro sistema.
Francesca Lecci
(SDA Bocconi Associate Professor e Direttore EMMAS)
Elisabetta Notarnicola
(SDA Bocconi Associate Professor)
Elisabetta Trinchero
(SDA Bocconi Associate Professor)