Nel 2016 la spesa dei Comuni per i servizi sociali è stata di circa 7,56 miliardi, lo 0,4% del Pil. Rispetto all’anno precedente si registra un incremento del 2 per cento.
Secondo il Rapporto Istat sulla “Spesa dei Comuni per i servizi sociali”, prosegue la ripresa iniziata nel 2014 che, dopo il calo registrato nel triennio 2011-2013, ha riportato gradualmente la spesa sociale quasi ai livelli precedenti la crisi economica e finanziaria.
Per ciascun residente i Comuni hanno speso in media 116 euro nel 2016, contro i 114 del 2015. A livello territoriale le disparità sono sempre elevatissime: si passa dai 22 euro della Calabria ai 517 della Provincia Autonoma di Bolzano.
Al Sud, in cui risiede il 23% della popolazione, si spende solo il 10% delle risorse destinate ai servizi socio-assistenziali.
La principale fonte finanziaria dei servizi sociali proviene da risorse proprie dei Comuni e dalle varie forme associative tra comuni limitrofi (61,8%). Al secondo posto vi sono i fondi regionali per le politiche sociali, che coprono un ulteriore 17,8% della spesa complessiva.
Il 16,4% della spesa è finanziata da fondi statali o dell’Unione europea. Tra questi il fondo indistinto per le politiche sociali, la cui incidenza è in progressiva flessione sulla copertura della spesa (dal 13% del 2006 al 9% nel 2016).
Diminuiscono gradualmente le risorse dedicate ai servizi per gli anziani, sia in valore assoluto che come quota sul totale della spesa sociale dei Comuni (dal 25% nel 2003 al 17% nel 2016). Nello stesso periodo di tempo l’incremento delle persone anziane residenti accentua la diminuzione della spesa pro-capite: da 119 euro nel 2003 si passa a 92 euro annui nel 2016.
La quota per gli anziani sul totale della spesa sociale dei Comuni è in diminuzione già dagli anni precedenti, per una crescita meno sostenuta rispetto alle altre aree che ha portato la quota per gli anziani dal 25% del 2003 al 17% nel 2016.
Le principali voci di spesa per l’area anziani sono le strutture residenziali, comunali o private convenzionate, che assorbono circa il 38% delle risorse.
A risiedere nelle strutture comunali o finanziate dai Comuni è lo 0,8% degli anziani, valore stabile nel tempo ma con forti differenze territoriali: dal 2,1% del Nord-Est scende allo 0,1% nel Sud, dove i Comuni che offrono questo tipo di assistenza sono solo il 16,9%, contro il 56,9% al Nord-Est e il 33,3% a livello nazionale.
I Comuni destinano il 37% della spesa sociale per gli anziani all’assistenza domiciliare, soprattutto socio-assistenziale, che consiste nella cura e igiene della persona e nel supporto nella gestione dell’abitazione. Dal 2010 al 2016 per questa assistenza si registra un calo del 25% sia per la spesa che per il numero degli anziani assistiti, che passano da quasi 176mila nel 2010 a meno di 132mila nel 2016 (dall’1,4% all’1% degli anziani residenti).
A questi si aggiungono quasi 76mila persone (lo 0,6% degli anziani residenti) che ricevono Assistenza Domiciliare Integrata, cioè con l’integrazione di prestazioni di tipo sanitario a carico del Sistema sanitario nazionale.
Anche l’assistenza domiciliare Integrata ha subito un calo rispetto al 2010, quando gli anziani assistiti erano oltre 86mila, pari allo 0,7% dei residenti. Come per le altre aree, si registrano squilibri a sfavore delle Regioni del Sud, dove la spesa annua è di 48 euro pro-capite contro 80 euro nelle Isole, 78 al Centro, 91 al Nord-Ovest e 159 al Nord-Est.
Mentre al Nord-est la spesa sociale pro-capite per gli anziani è diminuita dell’8% dal 2010 al 2016, nelle altre zone il calo è più accentuato: -19% al Sud, -24% nelle Isole, -34% al Centro e -35% al Nord-Ovest.
La spesa rivolta ai disabili è invece aumentata sia in valore assoluto che in rapporto alla popolazione di riferimento: da 1.478 euro annui pro-capite nel 2003 (19,7% l’incidenza sulla spesa sociale dei Comuni) a 2.854 nel 2016 (25,5%). Per le persone con disabilità le principali voci di spesa sono riconducibili ai centri diurni (strutture che offrono assistenza ai disabili e supporto alle famiglie durante il giorno) e alle strutture residenziali. Sono oltre 26mila le persone disabili che utilizzano i centri diurni mentre altre 17mila circa beneficiano di contributi comunali per centri privati convenzionati.
Rispetto alla media dei paesi europei l’Italia destina alla protezione sociale una quota elevata del prodotto interno lordo (il 30% contro il 27% della media Ue). Tuttavia, mentre è alta la quota di spesa per trasferimenti monetari e in particolare per le pensioni di anzianità e vecchiaia, per i servizi sociali siamo tra i paesi con i livelli più bassi.
Contenute sono le spese per i servizi rivolti agli immigrati, che si mantengono sempre al di sotto del 5% della spesa sociale dei Comuni. Negli anni più recenti, tuttavia, si rileva un aumento della spesa e delle attività realizzate dai Comuni grazie all’impiego dei fondi del sistema “Sprar” (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) che favorisce la realizzazione di progetti di accoglienza e supporto per gli stranieri in difficoltà.
I servizi con il maggior numero di utenti sono il servizio sociale professionale, che ogni anno prende in carico oltre 240mila persone per valutare le problematiche e indirizzarle ai vari tipi di servizi; il sostegno socio-educativo scolastico, che fornisce assistenza a oltre 65.800 persone l’anno, l’assistenza domiciliare socio-assistenziale, che offre assistenza a più di 43mila persone l’anno. Anche per l’assistenza rivolta ai disabili le differenze territoriali sono rilevanti: mediamente un disabile residente al Nord-est usufruisce di servizi e interventi per una spesa annua di oltre 5.150 euro mentre al Sud il costo dei servizi ricevuti è di quasi 865 euro pro-capite.