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QS Edizioni - sabato 27 luglio 2024

Studi e Analisi

La storia dei Patti per la Salute. La via italiana all’intergovernmental method (Prima parte)

di Filippo Palumbo
immagine 16 dicembre - In vista della stipula del nuovo Patto per la Salute, che la manovra economica in discussione al Senato prevede sia contratto entro il 31 marzo 2019, ecco un’analisi che ripercorre la genesi e la storia di quella che potremmo definire la "via italiana" all'intergovernmental method tra i diversi livelli di governoper richiamare il percorso che, incidendo sul quadro istituzionale, normativo e programmatico del settore sanitario, ne ha configurato una gestione su base pattizia tra Governo centrale e Governi locali
1.Premessa
In questo dicembre 2018 è in corso di approvazione il disegno di legge di bilancio 2019, che in materia sanitaria prevede la stipula - entro ­il 31 marzo  2019 - di una specifica Intesa in Conferenza Stato Regioni per il Patto per la salute 2019-2021 che contempli misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento sul versante dei costi.
 
Si è ritenuto utile, in questa fase, predisporre un contributo per richiamare il percorso che, incidendo sul quadro istituzionale, normativo e programmatico del settore sanitario, ne ha configurato una gestione su base pattizia tra i diversi livelli di governo coinvolti. Tale gestione pattizia si è affermata basandosi su patti e intese tra Governo e Regioni, che, per le parti in cui assumevano una dimensione normativa, sono stati poi recepiti dal Parlamento, inserendo le correlate disposizioni legislative nelle leggi annuali di bilancioo in altri leggi.
 
Si è configurata così una via italiana all’adozione in campo sanitario del metodo di regolazione e governance definito intergovernmental method, metodo basato sulle “relazioni intergovernative” tra livello di governo nazionale e livello di governo subnazionale (COLASANTE e IACOVIELLO 2017). Osservato da un’altra prospettiva, il tema può essere visto come una via “sanitaria” all’applicazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni.

Per non appesantire questo scritto, si preferisce rinviare a un successivo articolo il posizionamento del nostro SSN rispetto a quanto è riscontrabile, nell’ambito europeo, in materia di tipologia dei sistemi sanitari nazionali, nonché delle relative esperienze di relazioni intergovernative per il loro governo e la loro programmazione.
 
2. In Italia il nuovo Patto per la salute come ulteriore tappa della concertazione tra lo Stato e le Regioni per la programmazione e regolazione del sistema sanitario

2.1 Ancora un Patto per la salute
In premessa, si è già ricordato l’impegno previsto nel disegno di legge di bilancio 2019 per un Patto per la salute 2019-2021, che preveda misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento sul versante dei costi. In evidente analogia con quanto a suo tempo disposto per l’Intesa che fu poi sottoscritta il 23 marzo 2005, la stipula della nuova Intesa 2019-2021, nel testo approvato dalla Camera parzialmente modificativo del disegno di legge, viene configurata come una condizione da conseguire entro il 31 marzo 2019, senza la quale per gli anni 2020 e 2021 non potrà essere erogata alle Regioni la quota annuale di maggior finanziamento rispetto al finanziamento 2019.

Per fornire elementi utili ad affrontare tale impegno, sembra opportuno richiamare il percorso che, in Italia, ha inciso sul quadro istituzionale, normativo e programmatico del settore sanitario, ne ha configurato una gestione su base pattizia tra il livello di governo centrale e quello regionale, ha fatto ricorso a patti e intese tra Governo e Regioni. La sostanza normativa di tali intese è stata recepita dal Parlamento, che le ha dotate del carattere di disposizioni di legge a valenza nazionale.
 
2.2 Un anno particolare: il 2001
Nel precedente contributo al dibattito sulle prospettive del nostro Servizio sanitario nazionale, in occasione dei 40 anni dall’approvazione della legge 180/1978 e 833/1978, si è proposto di considerare il processo di nascita, consolidamento e evoluzione del SSN come articolato in sette fasi;
Fase 1 - Prima applicazione L. 833/1978;
Fase 2 - D.Lvo 502/1992;
Fase 3 - PSN 1994/1996;
Fase 4 - D.Lvo 229/1999;
Fase 5 - Modifica Titolo V 2001;
Fase 6 - Misure connesse alla crisi 2011;
Fase 7 - Attuale.
 
Qui si propone di considerare le 7 fasi sopra richiamate come attribuibili a due cicli: prima e dopo il 2001. Ciò perché l’anno 2001 resta segnato da tre avvenimenti di portata straordinaria per il SSN: ci riferiamo a: 1. la stipula dell’Accordo Stato-Regioni del 8 agosto 2001; 2. l’entrata in vigore della riforma costituzionale (modifica del Titolo V) a seguito dell’approvazione della legge costituzionale n. 3/2001 e dell’esito favorevole del relativo Referendum confermativo del 7 ottobre 2001; 3. l’emanazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001 di definizione dei livelli essenziali di assistenza (LEA), a seguito di quanto convenuto al punto 15 del citato Accordo dell’8 agosto 2001.

L’anno 2001 ha, dunque, rappresentato per il Servizio sanitario nazionale un anno di passaggio:
- da un primo ciclo di suo avvio e consolidamento come sistema sanitario di tipo universalistico nonché di progressivo configurarsi di una teoria (e pratica de facto) dei livelli di assistenza da garantire, coincidente con quella fase dei rapporti tra Stato e Regioni che i costituzionalisti hanno definito come “primo regionalismo” (COLASANTE e IACOVIELLO 2017)
 
- ad un secondo ciclo basato su una diversa dislocazione delle competenze tra lo Stato e le Regioni in materia di governo e gestione in materia sanitaria e su una puntuale definizione delle prestazioni, delle attività e dei servizi configuranti i LEA (livelli uniformi ed essenziali di assistenza) che il SSN è impegnato ad erogare, in coerenza con le risorse assegnate su scala nazionale e regionale. Il D.P.C.M. 29 novembre 2001 chiude il lavoro di prima definizione concettuale e operativa dei LEA e ne consente l’applicazione.  Questo ciclo coincide con quella fase dei rapporti tra Stato e Regioni che i costituzionalisti hanno definito come “secondo regionalismo”
 
2.3 La Sanità nel primo e nel secondo regionalismo
Tralasciando, per brevità, gli aspetti relativi alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome, la vicenda istituzionale che chiamiamo regionalismo si dipana attraverso due fasi: dal 1970 al 2001 (primo federalismo) e dal 2001 in poi (secondo federalismo) avendo come evento separatore la modifica della Costituzione nel 2001.

Entrambe le fasi sono ampiamente caratterizzate dal principio della leale collaborazione, la cui applicazione configura il quadro delle relazioni intergovernative tra Stato (livello di governo nazionale) e Regioni (livello dei governi regionali). Ma con le differenze qui di seguito evidenziate.
 
Nel primo regionalismo italiano, caratterizzato (per le Regioni ordinarie) da un solo tipo di competenza legislativa, quella concorrente, e dal parallelismo delle funzioni amministrative, il fatto che i due livelli di governo andavano ad incidere sulle medesime materie comportava intrecci e possibili conflitti di competenza. In questa situazione il principio della leale collaborazione, favorito anche dagli orientamenti della Corte Costituzionale, costituì l’elemento base di un quadro di relazioni tra i diversi livelli di governo in grado di favorire soluzioni concordate evitando il sistematico e problematico conflitto su ogni questione affrontata (è stata/non è stata puntualmente rispettata la linea di demarcazione delle rispettive competenze?).
 
Va detto che la pagina del primo federalismo si chiude “in crescendo” con una fase intermedia conosciuta come federalismo a costituzione invariata per effetto della legge n. 59 del 1997 e del  decreto legislativo n. 112 del 1998, quando, pur in assenza di una compiuta modifica costituzionale, si registra una nuova modulazione del confine tra le competenze legislative e le funzioni amministrative con i relativi principi di attribuzione, per cui le funzioni amministrative aumentano e hanno maggior forza normativa. Con il che si enfatizza il ruolo dell’intesa e dell’accordo tra lo Stato e le Regioni. 

Il “secondo” regionalismo italiano innescato dalla riforma costituzionale del 2001 è stato caratterizzato da una profonda modifica sia sul piano della competenza legislativa che della competenza di tipo regolamentare. Per la competenza legislativa, laddove il previgente art. 117 Cost. enumerava le competenze regionali e affidava allo Stato la competenza generale; il riformato art. 117 affida la competenza generale alle Regioni e affida allo Stato le competenze enumerate (tra cui la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni).
 
Si prevede poi una competenza concorrente per una serie di ambiti tra cui quello della tutela della salute. Per le materie afferenti alla competenza concorrente lo Stato perde la potestà regolamentare. In questa fase il principio della leale collaborazione, mentre continua a dare i suoi frutti sulle questioni di prevalente natura amministrativa e tecnico istruttoria, si attenua sulle questioni intercettanti le rispettive competenze legislative di Stato e Regioni.

Rispetto a questo schema va detto che il settore sanitario ha mantenuto alcune peculiarità:
- nel primo regionalismo ha rilevato molto una situazione ben evidenziata da chi (TARONI, 2015) ha sottolineato lo speciale legame che ha connesso il settore delle attività sanitarie alla nascita e all’avvio delle Regioni ordinarie a partire dal 1970, configurando un “regionalismo sanitario” ovvero “le politiche sanitarie come laboratorio di federalismo”. Ciò, come già evidenziato, anche da chi scrive, su Quotidiano Sanità, porta a individuare nell’effetto Regioni l’elemento che fortemente contribuì - sia sul piano della propria attività legislativa e amministrativa che su quello della pressione politico istituzionale - a sbloccare la situazione di stallo per la Riforma sanitaria fino ad ottenerne l’approvazione nel dicembre 1978. Senza dimenticare l’azione anticipatrice che le Regioni avevano svolto, avvalendosi delle nuove funzioni attribuite ad esse dalle disposizioni della legge 382/1975 recante Norme sull’ordinamento regionale e sulla organizzazione della pubblica amministrazione e il suo decreto delegato (DPR 616/1977).
 
Successivamente al 1978 si susseguono fasi diverse nelle quali il livello di collaborazione mentre continua a mantenersi e a crescere sul piano tecnico istruttorio, sul piano legislativo segna un sostanziale rallentamento in occasione del varo del decreto legislativo 502/1992 per riacquistare spessore in coincidenza con la preparazione e l’adozione del decreto legislativo 229/1999. Al riguardo è anche da evidenziare come con tale decreto si opera una non irrilevante innovazione laddove modificando la prima formulazione dell’articolo 1 del decreto legislativo 502/1992 si dice “La tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività è garantita, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana, attraverso il Servizio sanitario nazionale, quale complesso delle funzioni e delle attività assistenziali dei Servizi sanitari regionali e delle altre funzioni e attività svolte dagli enti e istituzioni di rilievo nazionale...”. Cioè si formalizza un impianto per il SSN che, quasi anticipando la riforma costituzionale, è da considerarsi unico solo in quanto unitario cioè direttamente concepito come una entità risultante dall’aggregazione dei Sistemi sanitari regionali. Si vede in ciò il riflesso di un più generale rafforzamento delle Regioni in conseguenza della legge Bassanini n. 59/1997 e del decreto legislativo n. 112/1998;
 
- nel secondo regionalismo la leale collaborazione in campo sanitario, quale base delle relazioni Stato Regioni, in ambito legislativo ha prevalentemente riguardato gli aspetti toccati dai Patti e dalle Intese (tranne l’Intesa 23 marzo 2005), ma è stata meno rilevante per altre iniziative legislative. Invece, sul piano delle questioni amministrative e tecnico istruttorie, la collaborazione Stato Regioni è stata di primario rilievo. Si pensi al Progetto Mattoni le cui risultanze hanno alimentato svariate iniziative di carattere tecnico programmatorio e soprattutto hanno fornito elaborazioni poi confluite nei materiali su cui si sono definiti i nuovi LEA 2017. Si pensi anche alla collaborazione per l’avvio dei Piani di rientro con l’impegno di dirigenti e tecnici regionali in tutte le fasi di questo filone di attività, per condividere con gli esponenti ministeriali l’attività di affiancamento, supporto e controllo.
 
2.4 La Conferenza Stato Regioni

A partire dal 1983 la sede formale per lo svolgimento delle attività connesse all’applicazione del principio della leale collaborazione alla base delle relazioni tra  i livelli di governo, nazionale e regionale, anche in riferimento alla materia sanitaria,  è la Conferenza Stato Regioni che nel tempo subentra anche nelle funzioni che erano state proprie del Consiglio Sanitario Nazionale  Con l’art. 12 delle legge n.400/1988 e con il decreto legislativo n. 281 del 1997, ormai in fase di  federalismo a costituzione invariata, e poi ancora con la modifica costituzionale del 2001 , si registra la definitiva stabilizzazione della Conferenza Stato Regioni e la sua evoluzione nel cosiddetto sistema delle Conferenze (Conferenza Stato Regioni - Conferenza Stato Città – Conferenza Unificata), per il quale si è definisce una tipologia di atti configuranti : a) Pareri (funzione consultiva); b) Accordi e Intese (funzione di concertazione) (CARPANI 2006 ).
 
Tra le Intese rientrano quelle con cui  vengono approvati i Patti per la salute: si tratta delle Intese previste dall’l’art. 8, comma 6, della legge n. 131 del 2003 :“il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata….”. Tali intese mirano a favorire l’armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni
 
2.5 Patti, intese e accordi di carattere sistemico in materia sanitaria concertati tra lo Stato e le Regioni: la cosiddetta via “pattizia” per il governo e la regolazione del SSN
Preceduto dal cosiddetto Accordo Giarda del 3 agosto 2000 e in sostanza ricollegandosi ad esso, è l’Accordo dell’8 agosto 2001 che segna l’inizio della via pattizia per la governance del SSN.
 
2.5.1 Breve storia dei patti e delle intese a carattere generale in campo sanitario
Accordi e intese erano già stati sottoscritti ma essi erano stati prevalentemente di carattere settoriale e in genere di carattere procedimentale quale sede per raccogliere un parere più o meno vincolante delle Regioni, configurando quelle che i sono definibili “relazioni intergovernative” o “relazioni interistituzionali” di rango amministrativo. L’Accordo dell’8 agosto 2001, da ricollegarsi all’Accordo del 3 agosto 2000, ha invece avuto un carattere generale e sistemico, direttamente propositivo e , in alcune parti, anticipatore di disposizioni che il Parlamento ha poi ritenuto di condividere trasferendone il contenuto in norme di legge.

Le condizioni per la sua sottoscrizione erano maturate, dopo una lunga trattativa tra Governo e Regioni, conclusasi quando, con una iniziativa a sorpresa, l’allora Ministro dell’economia e delle finanze, Giulio Tremonti, fece visita alla sede della Conferenza della Regioni, portando nuove proposte e la disponibilità di risorse aggiuntive. Tali proposte resero possibile procedere alla stipula del primo patto istituzionale per il governo del settore sanitario in coerenza “anticipata” con gli assetti istituzionali che andranno poi in vigore con l’applicazione del nuovo Titolo V della Costituzione.
 
Da allora la via pattizia - versione italiana dell’intergovernmental managment presente anche nei sistemi sanitari di altri Paesi-nel secondo regionalismo, si caratterizza per aver fortemente contribuito a un processo che si sviluppa e si consolida attraverso le seguenti intese:
1) Accordo Stato-Regioni dell’8 agosto 2001 recepito dal decreto legge n. 347/2001 e dalla legge finanziaria per l’anno 2002 (legge n. 448/2001)
 
2) Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005 sottoscritta in attuazione della legge finanziaria per l’anno 2005 (legge n. 311/2004)
 
3) Patto per la salute del 5 ottobre 2006, relativo al triennio 2007-2009 recepito nella legge finanziaria per l’anno 2007 (legge n. 296/2006)
 
4) Patto per la salute del 3 dicembre 2009 per il triennio 2010-2012 recepito nella legge di stabilità per l’anno 2010 (legge n. 191/2009)
 
5) Patto per la salute del 10 luglio 2014 per il triennio 2014-2016 recepito nella legge di stabilità per l’anno 2015 (legge 190/2014).
 
Non è questa la sede in cui riesaminare nel dettaglio il contenuto dei singoli patti o intese sopra elencati. Si ritiene più opportuno richiamarne gli assi fondamentali e l’impatto che singolarmente presi o nel loro insieme essi hanno avuto sul SSN.
 
Una prima schematica distinzione va fatta tra patti e intese che hanno avuto un carattere più strutturale e sistemico e altri patti e intese che hanno avuto invece un carattere più programmatico.
 
Al primo gruppo appartengono l’Accordo dell’8 agosto 2001 e l’Intesa Stato Regioni del 23 marzo 2005. Al secondo gruppo gli altri atti concertativi sopra elencati, nei quali non mancano aspetti regolativi, comunque, più settoriali.
 
Per quanto riguarda l’Accordo dell’8 agosto 2001 può dirsi che il suo carattere strutturale è connesso a due elementi:
- apre la strada alla definizione dei Livelli essenziali di assistenza
- completa il processo di piena responsabilizzazione di ciascun livello istituzionale sotto il profilo economico finanziario, già avviato con l’Accordo Giarda del 2000.
 
Per quanto riguarda l’Intesa del 23 marzo 2005, va richiamato il fatto che essa è legata al contenuto di una riflessione sulla politica sanitaria nazionale apertasi dopo le fondamentali innovazioni dell’anno 2001, che qui di seguito viene ricordata.
 
2.5.2 La dichiarazione di Cernobbio e le prime idee su nuove regole
 In considerazione del carattere straordinario della fase apertasi nel 2001, da parte del Ministro della salute e degli Assessori regionali alla Sanità fu sentita l’esigenza di condividere in una dichiarazione congiunta un quadro di riferimento e alcune priorità. Tale dichiarazione fu sottoscritta a Cernobbio il 6 aprile 2004 e fu portata all’attenzione dei Presidenti in sede di Conferenza delle Regioni (CONFERENZA REGIONI). Il senso di tale documento fu quello di favorire una razionalizzazione ed un adeguamento del SSN sulla base di iniziative concordate così schematizzabili: promuovere due azioni trasversali e agire in tre direzioni.
 
Le due azioni trasversali consistevano nel:
- mettere ordine nei “fondamentali” del SSN (sarà una delle finalità del Progetto Mattoni)
- promuovere la ricerca e l’innovazione
 
Le tre direzioni da seguire erano
1.rilancio operativo ed una organica pianificazione degli interventi di prevenzione
2.ridefinizione del ruolo e delle modalità organizzative delle cure primarie
3.riqualificazione dei percorsi diagnostici e terapeutici in particolare per le cure ospedaliere.
 
L’ulteriore indicazione derivabile dallo spirito della dichiarazione di Cernobbio era relativa all’integrazione delle tre direzioni di lavoro sopra richiamate, in modo da valorizzare le potenzialità di un Servizio sanitario unitario quale è quello previsto dalla legge 833/1978.
 
Contestualmente veniva avanti l’idea che, accanto alle priorità affermate nella citata Dichiarazione congiunta di Cernobbio, era importante:
- intervenire sul continuo accrescersi del disavanzo nazionale annuo del SSN;
 
- prendere atto che le misure annualmente disposte a livello nazionale in materia sanitaria restavano inattuate, in assenza di azioni di verifica della loro attuazione in sede regionale e aziendale
 
- porre attenzione alla circostanza per cui il disavanzo nazionale era prevalentemente concentrato in un gruppo di Regioni
 
- registrare come nelle medesime Regioni si registravano forti difficoltà a garantire i LEA, sotto il profilo quantitativo e qualitativo
assumere, in base alle informazioni e ai dati disponibili, che, in un sistema complesso quale quello del settore sanitario, una insufficiente capacità di gestione a livello regionale e aziendale costituiva il fattore comune all’origine sia del mancato controllo dell’equilibrio di bilancio che delle insufficienze registrabili nell’erogazione dei LEA
 
Pesava anche la considerazione che la modifica del quadro costituzionale aveva prodotto rilevanti cambiamenti dell’assetto istituzionale del settore sanitario, per cui era opportuno riorientare il sistema di governance del SSN, sempre più verso un approccio di concertazione tra Stato e Regioni che poteva concretizzarsi principalmente attraverso l’utilizzo dello strumento "pattizio". (Fine prima parte)
 
Filippo Palumbo
Già Direttore generale e Capo Dipartimento della Programmazione sanitaria del Ministero della Salute dal 2003 al 2013
16 dicembre 2018
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