Il numero degli italiani che consumano alcol rimane all’incirca stabile nel corso degli ultimi tre anni, oscillando intorno ai 35 milioni: in media, circa il 65% degli italiani consuma bevande alcoliche. Tra questi si contano 8,6 milioni di consumatori a rischio, di cui circa 1,7 milioni sono giovanissimi tra 11 e 25 anni – con un picco di bevitori tra i 16 e i 17 anni - e 2,7 milioni ultrasessantacinquenni. E’ in questi gruppi, in particolare, che si consolidano, di anno in anno, nuovi modelli di consumo che da tradizionale, mediterraneo, diventa sempre più fuori pasto, occasionale e/o eccedente sia su base quotidiana che su base ricorrente come dimostrato dalla tendenza, trainata dai giovani, al binge drinking, il bere per ubriacarsi, che in Italia conta oltre 40.000 accessi annuali al Pronto Soccorso per intossicazione.
Non diminuiscono neanche i consumatori ad alto rischio, 650 mila (420 mila maschi pari al 23,2% e 230 mila femmine pari all’8,4%), definiti “dannosi”, in necessità di trattamento, che superano i 40 e 60 grammi rispettivamente di alcol (1 drink in media contiene 12 grammi di alcol) e combinano tale eccedenza quotidiana all’abitudine al binge drinking. Consumatori che andrebbero precocemente identificati e sensibilizzati e che invece restano ‘nascosti’, costituendo parte di quel 90% di alcoldipendenti che non fruisce di alcun trattamento, perché non richiesto dalla persona, né offerto da un professionista della salute che dovrebbe identificare l’individuo a rischio.
E’ questo lo scenario epidemiologico tracciato, anche quest’anno anno, dai dati ISTAT e dall’analisi che ne fa l’Osservatorio Nazionale Alcol (ONA) dell’ISS, presentati oggi in occasione dell’Alcohol Prevention Day.
“L’86% delle malattie cronico-degenerative di cui soffrono gli italiani è causata da un comportamento a rischio, quindi da fattori modificabili, tra cui il consumo eccessivo di alcol – afferma
Walter Ricciardi, Presidente dell’Iss – un problema ancor più preoccupante se si pensa che colpisce anche i giovanissimi. E’ necessario impegnarsi ancora di più in strategie di prevenzione e riorganizzazione dei sistemi sanitari per la prevenzione delle patologie alcol correlate con un risparmio enorme in termini di costi anche per il Servizio Sanitario Nazionale, la prevenzione, conclude – ne garantisce la sostenibilità”.
“Nonostante la prevenzione e la sensibilizzazione – dichiara
Emanuele Scafato, direttore dell’Ona - i giovani restano ancora un obiettivo negletto della prevenzione vera e multidimensionale, tanto che l’alcol rappresenta in Italia ancora la prima causa di morte e disabilità tra i giovani fino a 24 anni. Ma non è questione che riguarda solo i giovani. L’analisi del trend mostra che, a fronte della diminuzione registrata rispetto agli anni 2007-2011, dal 2012 il consumo a rischio non mostra l’auspicata battuta d’arresto e attesa diminuzione rimanendo pressoché invariato sia per gli uomini che per le donne. Va perciò ribadita l’urgenza di rinnovati sforzi di iniziative coordinate di prevenzione, comunicazione, informazione rivolte all’intera popolazione e formazione per gli operatori sanitari”.
L’Ona ha inoltre coordinato, per conto della Joint Action europea Rarha (Reducing Alchol Related Harm), finanziata nell’ambito del Secondo Programma di Azione Comunitaria in materia di salute, un’indagine sui modelli di consumo nei diversi Stati membri UE. In Italia, in particolare, su un campione di 1500 persone tra i 18 e i 65 anni, è emerso che:
- circa l’80% degli intervistati è molto d’accordo o abbastanza d’accordo sul fatto che le autorità pubbliche hanno la responsabilità di proteggere le persone dai danni causati dall’alcol;
- quasi il 70% degli intervistati è favorevole a politiche di riduzione dell’offerta di alcol nei luoghi dove vengono servite bevande alcoliche;
- il 95% degli intervistati è convinto che l’educazione e l’informazione sull’alcol dovrebbero essere le misure più importanti per ridurre i danni alcol-correlati;
- il 63% degli intervistati approva la politica dell’aumento dei prezzi;
- il 63% degli intervistati è a favore del divieto di pubblicizzare bevande alcoliche e il 71% ritiene che dovrebbe essere legalmente vietata la sponsorizzazione di atleti, delle squadre sportive o degli eventi sportivi da parte dell’industria dell’alcol.